Sono finiti i Bootcamp più noiosi della storia di questo talent. Talmente noiosi che finisce per spiccare Francesco Gabbani. Tris di regine, ma è Pierci che ci strappa il cuore. Abbiamo pure capito che a prevalere è la categoria preferita da Achille Lauro: i giovani vecchi. Gli unici giovani che piacciono a questo paese gerontofilo.

Al piano, Lady Gaga. Lo guardi arrivare e ti sembra il parente buffo e un po’ scemo della tombola di Natale, il cugino strano. Comincia a suonare e a emettere musica dalla bocca e ti inchioda. E probabilmente non era neanche il pezzo giusto per lui. Prima. Dopo che le canta lui, sono giuste pure le filastrocche della buona notte. Se non lo fate arrivare in finale, il buon Fagioli, vi denuncio. E comunque Gabbani, ridammi la bruschetta che hai trovato nel mio occhio. E anche io vi voglio bene.

Ok, prima Cocciante e ora Barbarossa. Canta benissimo e tira fuori un’intensità, un dolore di vita e d’amore, una esperienza emotiva che non può avere a 16 anni. Eppure là dentro c’è un 60enne geniale che ha sofferto tantissimo e canta da dio. Lo sentirei rifare ogni cantautore italiano e pure qualcuno francese, ma in un programma come X Factor dovrà riuscire almeno ad arrivare a Cesare Cremonini. Se rimane lì, nella Villa Arzilla della musica italiana, appassirà. Oppure sarà il più giovane vincitore di The Voice Senior, chissà. Piccola nota: o ha la voce nasale più marcata dai tempi di Ramazzotti, o ha un problema ai turbinati o deve concludere lo sviluppo. In ogni caso, vi prego, portatelo a ballare.

Alice Mascritti, Amanda Bottini, Layana Oriot

VOTO
8

La prima ci stupisce. Margherita Vicario alle audition e se c’era un difetto era l’aderenza forse eccessiva, persino nel look, al modello. E quando te lo scegli così originale, dai tanti toni ma anche dalla capacità di costruirsi una cifra precisa che su altre e altri starebbe male, è un rischio. E la vedevamo così, cantautrice non calva e calda, ma con qualche limite nel spiccare il volo verso cieli meno conosciuti. Sbagliavamo: prende Lizzo e sembra un’altra. E non solo nella voce, nel timing che diventa esatto, certosino, ma anche nello stare sul palco, nei movimenti, nella sensualità, nello sguardo. Di Amanda cosa dire? Sorride, e ti innamori. Parla, emozionata, e ti innamori. Canti, e ti inchioda, tra pelle d’oca e stupore per quella giovane donna che appare fragile se parla e matura e sicura se canta. E ti innamori, ovvio. Quella voce che è un dono la modula con una precisione sconcertante, parole e note si fondono in un suono nitido, armonico, che è qualcosa più della canzone. Come quel sorriso, che ha dentro la dolcezza e il sollievo della prova finita. Se si toglie di dosso un po’ di paura, di strada ne farà molta. Layana sembra fatta di cristallo, ma la paura dagli occhi se ne va quando comincia a seguire la musica con quelle corde vocali che tirano fuori armonie nitide, limpide. Non sono solo tutte e tre brave, sono anche le tre figlie che ognuno di noi vorrebbe.

Il suo è l’unico inedito ascoltato in questo secondo Bootcamp che risentirei. Chiamatelo pure Diego Sette-e-mezzo. La sua canzone è una stilettata al cuore, ha tre quattro passaggi molto belli, alcune frasi mature e laceranti, speriamo non sia solo frutto di un grande sentimento e di un momento di ispirazione, che non sia solo l’ultimo regalo di una nonna molto speciale. E sì Diego, sta sorridendo, parecchio. Sicuramente è orgogliosa di te.

Francesca Carbonelli

VOTO
7

Vale il contrario di Nina Duschek. Fa la miglior performance possibile sulla canzone più scivolosa, Voce di Madame, fatta senza l’Auto-Tune, in cui lo diventa lei. Ha una voce allenata e perfetta, Francesca, e la valorizza con la sua scelta quanto la sudtirolese invece si è data la zappa sui piedi. Ma anche in quella scelta originale paga un’inesorabile e anche non del tutto comprensibile (e spiegabile) incapacità di prendere il volo. Come se quella perfezione, alla fine, le desse una freddezza che non sa scuoterti.

Nelav, Giorgio Campagnoli

VOTO
6,5

A me la Personal Jesus dei Nelav non ha fatto impazzire. Un elettropunk che sulla canzone non andava a pennello. Ma suonano alla grande, il cantante contiene più note che chili e a un loro concerto passerei il tempo a pogare. Quindi meritano le Last Call ma possono fare (ancora) di più. Telly piange un po’ meno, canta più leggero, non riesce ad andare molto più in là di quanto già fatto vedere, ma ha uno stile preciso e piacevole. E alla fine la porta a casa.

Quattro cartellini rossi sono stati una punizione che non meritavano. Dopo una hit anni ’70 dei King Harvest già coverizzata alla grande dai Toploader nel 2000 – Dancing in the Moonlight – che avevano eseguito con diligente banalità, ascoltano Lauro, lavorano e fanno un medley tra Togni e Mango. E ci vogliono gli attributi per fare questo. Achille li accusa di mancanza d’identità e forse invece andavano premiati per il coraggio. La voce c’è, il suono pure e di band più leggere di loro ne abbiamo viste persino ai Live in altre edizioni. I ragazzi si faranno, anche se han le spalle strette.

Abat-Jour, Tommaso Vulpio

VOTO
5,5

Bella fortuna per la band troppo colorata. Per una scelta sbagliata la Dusheck il giovedì si vedrà le coppe europee di calcio, loro non azzeccano neanche le risposte a Gabbani eppure rimangono dentro. La prova d’appello, però, ora devono meritarsela, perché fin qua sono stati più belli che bravi. Su Vulpio che dire: bravo, ma i due 5,5 sono accomunati dall’aver maltrattato Ghali. A dimostrazione di che artista sia quest’ultimo, che ai suoi pezzi da un’anima di cui ti rendi conto solo quando li svuoti di lui. Poi un giorno mi spiegate perché la seconda possibilità solo alla Duschek non l’hanno data. Discriminazione contro i sudtirolesi? Scusate, lo so, non riesco a farmene una ragione.

Un altro giovane vecchio. E uno tra lui e Tomasi è di troppo. Quel dolore che attirano e restituiscono non può essere contenuto in un solo X Factor. E Giuseppe sa dare un senso profondo alle parole (il suo è quasi un teatro canzone seduto), sa toccare il piano come pochi, ma. Ma alla seconda canzone che tratta con il filtro del suo “progetto” ci credi un po’ meno, e quando canta ha una sola, ottima, apertura vocale. Eccellente, ma una sola. E per avere una sola espressione nell’arte, devi essere almeno Clint Eastwood.

Foto: Virginia Bettoja

Mare mare puoi rispettarla rimanendo te stesso. Riarrangiarla con la musica di un ascensore di un hotel di Ibiza è una scelta per lo meno improbabile. Cantarla senza mai cambiare registro e tonalità la rende noiosa. Ed è un miracolo al contrario. Era difficile fare male con un pezzo così, ma lui ci è riuscito.

Non ha fatto cagare come dice Jake La Furia – che quest’anno ha la volubilità di Mika innestata sul mood di Fedez – ma è talmente abituata a essere figa e a sentirsi dire sì che dopo aver fatto i Garbage facendo una grottesca voce quasi baritonale e contando sul fatto che avremmo premiato quel vestitino, quelle calze stracciate, quegli occhi, quelle labbra, poi si vanta pure di non aver mai preso lezioni di canto. Certo, una che è così sfrontata e a suo agio alla sua seconda apparizione sul palco forse ha solo sbagliato mestiere. Quando dice «che cazzo ho fatto» senti qualcosa della prima Claudia Gerini, una Micaela Ramazzotti in erba. Carlo Verdone, se ci sei guarda da queste parti. Ma non farle fare il remake di Iris Blond, purtroppo non sa cantare.

Foto: Virginia Bettoja

Lo so che sembra bullismo, ma lui stesso si è raccontato come un artista che non abbiamo visto in queste due performance. Ci ha detto che è un polistrumentista, il buon Androgynus, ma possiamo dirlo che ha suonato il piano in modo sufficiente e nulla più? Così come il suo inedito è sicuramente migliore della precedente prova imbarazzante, ma è pretenzioso e bruttino. Bisogna solo capire se quel modo di fare, un po’ strafottente radical, è timidezza, un blocco da telecamera, oppure è solo una che se la crede fortissimo e senza molti motivi. Ti lascia sempre con il dubbio: genio o pirla? Magari è entrambe le cose. Di sicuro lo è la fan che mi ha stalkerizzato in dm per ore per il voto precedente.

Il 2 è tutto e solo per la scelta suicida della performance e per la rabbia che provoca a noi che non la vedremo più, che non la sentiremo più (almeno a X Factor). Va detto che anche per questo sono follemente innamorato della Janis Joplin del Südtirol, perché dopo aver conquistato tutti, se la sente caldissima e urla una Hey Joe senza chitarra quasi per dimostrare che può passare pure cantando Whisky il ragnetto con il flauto. Ma esagera, scimmiotta, si piace e la puniscono (con miopia) giudici che a quella voce, a quel carattere, a quella rocker dovevano consentire un errore più degli altri. Assurdo non discuterne, però lei si è autosabotata. E forse non c’è niente di più rock. Sposiamoci. PS: perché Vittoria Sofia Tonda che ha fatto peggio (ma con meno faccette, questo è vero) è andata ai Last Call? Ok la smetto.

Kindergarten, The Vice

VOTO
1

Sting ed io, sentendo questa Message in a Bottle (ma che caricatura è la voce del cantante sul ritornello?) abbiamo sentito la struggente mancanza di Every Breath You Take rifatta da José Feliciano (sì, proprio quello di Feliz Navidad). Sui Vice che fanno Raffaella Carrà ho sentito una struggente nostalgia per il piano bar dello stabilimento Mogambo a capodanno. E anche di “pippetta e a nanna!”.

Black Cats, Orazio Damiata

VOTO
0

Gli spari sopra sono per loro, ci sono ancora evidentemente “grossi problemi” per loro. Suonano mediocremente, il cantante prende il trend di puntate “facciamo le voci imbarazzanti come se fossimo a un karaoke ubriachi”, sembrano una parodia di una cover band, fin dal look. E poi quando Achille Lauro ti dice che hai carisma, puoi anche rifare le valigie. Orazio sceglie Slow Dancing in the Dark, dopo Mina, e brilla per inconsapevolezza. La sbaglia tutto dall’inizio alla fine, ma il voto feroce è per quel «ho cantato benissimo, mi trovavo benissimo su quella tonalità» mentre stonava come alla Corrida di Corrado. Peccato, perché alla prima tornata era stato bravissimo. Sembrava un altro, anche con quel «peggio per loro» così arrogante.

Michelle Lufo, Francesco Di Fiore

VOTO
s.v.

Lo ammetto, è un genere che non capisco, che non so giudicare. Libellule è un pezzo brutto e per metà cantato imitando Madame. Però anche io l’avrei voluta rivedere. Quindi o ci ha ipnotizzato o è brava. Per Francesco, che è bravo e lo avevamo visto alle Audition, c’è da dire che è difficilissimo giudicarlo. Perché ha imitato Damiano David un po’ troppo, sbagliando alcune note quando ha provato a essere altro, anche di poco. Però evidentemente non era letteralmente in sé. Per fortuna avrà un altro giro di giostra.