«Quando fotografo non scelgo le persone che voglio ritrarre; i miei scatti scaturiscono dalla mia vita. Nascono dalle relazioni, non dall’osservazione». La categoria visiva di Nan Goldin si può facilmente sintetizzare da questa sua singola affermazione. Come invece delineare la sua arte in maniera pressoché esaustiva? Impossibile. Una personalità incontenibile che esce (sempre) fuori dagli schemi.

Nan Goldin Ritratto

Nan Goldin, Ritratto, (Courtesy Thea Traff)

Thea Traff for The New York Times

L’anticonformismo, quello vero, il non cedere a mai a compromessi, il coraggio di scavare fino in fondo alla ferita dell’anima. Questi sono parte dei punti cardine, che impregnano la potenza espressiva di cui è dotata Goldin.

This Will Not End Well è la prima retrospettiva dedicata all’operato della fotografa americana come filmmaker, visibile a Milano al Pirelli HangarBicocca. È doveroso chiarire il titolo che, tradotto in italiano vuol dire «Non andrà a finire bene», in verità vuole esprimere la «caratteristica, incrollabile joie de vivre» dell’artista.

Otto slideshow presenti, di cui due aggiuntive in occasione di questa mostra, che dialogano in stretto contatto dentro dei padiglioni progettati dall’architetta Hala Wardé. Conico, cilindrico, rettangolare. Fatto di un tessuto grigio scuro che ricorda il feltro, ogni padiglione, riprende una forma geometrica e racchiude dentro un ingresso labirintico, un corpo tematico specifico. Le opere sono immerse dentro uno spazio sonoro, che avvolge indissolubilmente l’intera esposizione.

Il capolavoro: The Ballad of Sexual Dependency

Il primo padiglione, contornato da un’installazione a luci rosse, racchiude l’opera seminale di Nan Goldin: The Ballad of Sexual Dependency. Realizzata durante un arco temporale che inizia negli anni ’70 e ‘80 arrivando fino ai giorni nostri, il capolavoro cattura i momenti di vita a New York, Provincetown, Londra e Berlino. In queste immagini i protagonisti sono il suo gruppo di amici e amanti. Una proiezione di quasi 700 scatti, continuamente aggiornata e rieditata, dove emerge la cruda tenerezza, dove vengono svelati istanti d’intimità e sessualità, dove le feste sfrenate sono all’ordine del quotidiano. Goldin ha vissuto un momento storico dove ha potuto sperimentare la libertà e gli stili di vita prima dell’AIDS. Qui il denominatore comune è dato da una continua lotta tra autonomia e indipendenza.

Nan Goldin Amanda at the sauna Hotel Savoy Berlin 1993. © Nan Goldin

Nan Goldin, Amanda at the sauna, Hotel Savoy, Berlin, 1993. © Nan Goldin (Courtesy Gagosian)

L’omaggio alle amiche e amici trans

Un altro tema caro a Goldin riguarda gli amici e le amiche trans, con cui abitava, che rivive nell’opera tributo The Other Side, titolo che si riferisce ad un locale queer degli anni ’70 a Boston. A quei tempi la disapprovazione della società verso questa comunità era alta, ma lei attraverso il suo gruppo ha fatto da apripista alla visibilità che le persone trans hanno oggi. «Mi sono innamorata delle drag queen e, dopo pochi mesi mi sono trasferita da loro. Ero completamente devota a loro, sono diventate tutte il mio mondo».

Nan Goldin C performing as Madonna Bangkok 1992. © Nan Goldin

Nan Goldin, C performing as Madonna, Bangkok, 1992. © Nan Goldin (Courtesy Gagosian)

Il tema del suicidio

Con Sister, Saints, Sibyls ci offre uno sguardo profondamente personale sulla vita familiare. Nata a Washington nel 1953, da una famiglia ebraica, Nan Goldin è la più piccola di quattro figli. Questa installazione è un’ode alla sorella Barbara, ricoverata in un ospedale psichiatrico durante l’adolescenza e morta suicida a 18 anni, quando Nan aveva appena 11 anni. Un’evento traumatico che contrassegnerà tutta la sua vita. Successivamente viene allontanata dai genitori e data in affidamento.

Nan Goldin Selfportrait with eyes turned inward Boston 1989. © Nan Goldin

Nan Goldin, Self-portrait with eyes turned inward, Boston, 1989. © Nan Goldin (Courtesy Gagosian)

L’innocenza dei bambini

C’è poi Fire Leap, incursione nel mondo dell’infanzia, dove mette in risalto la libertà e l’innocenza di quando si è piccoli: «I bambini nascono sapendo tutto e, a mano a mano che sviluppano rapporti sociali, dimenticano», racconta. Quanta saggezza e lucidità di visione racchiusa in questa piccola frase.

Nan Goldin Nikki in a box. © Nan Goldin

Nan Goldin, Nikki in a box. © Nan Goldin (Courtesy Gagosian)

La dipendenza dalle sostanze stupefacenti

Altro capolavoro è senz’altro Memory Lost, una narrazione commovente sull’astinenza da sostanze stupefacenti. Lei stessa è stata testimone, per un periodo, dalla dipendenza dagli oppioidi. Il messaggio che tratteggia quest’opera riguarda anche la reticenza che hanno molte persone sul tema. Nan Goldin è anche un’attivista, nel 2017 ha fondato P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), con lo scopo di denunciare l’avidità delle case farmaceutiche a cui sono state imputate le responsabilità per la crisi di dipendenza da farmaci.

Nan Goldin Falling buildings Rome 2004. © Nan Goldin

Nan Goldin, Falling buildings, Rome, 2004. © Nan Goldin (Courtesy Gagosian)

Sirens dialoga dal punto di vista semantico con Memory Lost poiché documenta i piaceri che le droghe possono indurre. Il titolo si rifà alla figura mitologica della sirena, che con il suo canto ammaliante, attira i marinai trascinandoli fino alla morte: da qui il monito ai rischi legati all’utilizzo di queste sostanze. Racchiusa dentro una struttura a forma di cubo, Sirens è un omaggio alla prima supermodel nera della storia, Donyale Luna, morta nel 1979 per overdose di eroina.

Nan Goldin Sirens 20192021 Veduta dellinstallazione Marian Goodman Gallery New York 2021

Nan Goldin, Sirens, 2019–2021, Veduta dell’installazione, Marian Goodman Gallery, New York, 2021

Il primo lavoro astratto di Goldin

Realizzato nel 2024, You Never Did Anything Wrong è uno degli slideshow aggiuntivi. È il primo lavoro astratto di Nan Goldin, ispirato ad un antico mito secondo cui il fenomeno dell’eclissi è causato da animali che rubano il Sole. Nella proiezione si vede un lento svelarsi dell’eclissi per poi trovarsi in un modo interamente abitato da specie animali, lasciandoli così liberi dalla visione domestica, imposta dallo sguardo umano. Un’opera che ci spinge a riflettere sulla coscienza di tutte le specie differenti dalla nostra. «Un mondo senza persone abitato solo da altre specie viventi che è quello che mi auguro per il futuro», ha detto l’artista. L’opera è anche una riflessione poetica sulla vita e la morte, che si spinge fino alla costante esplorazione di Goldin sul tema della reincarnazione.

Nan Goldin The paw eclipse 2024. © Nan Goldin

Nan Goldin, The paw, eclipse 2024. © Nan Goldin (Courtesy Gagosian)

L’arte salverà il mondo?

L’altra opera aggiuntiva è un intreccio visivo tra i capolavori del Rinascimento e i ritratti di amici, parenti e amanti di Nan Goldin: Stendhal Syndrome, eseguita nel 2024, si ispira ai sei miti narrati ne Le metamorfosi di Ovidio. Qui l’artista attribuisce i ruoli che più si addicono alle persone che conosce.

Nan Goldin Young Love 2024. © Nan Goldin

Nan Goldin, Young Love, 2024. © Nan Goldin (Courtesy Gagosian)

Nan Goldin, durante la conferenza stampa, ha proiettato un filmato con le immagini di Gaza, che ha definito il suo ultimo lavoro, invitando i presenti a riflettere sul difficile tema della guerra. «Tutto questo non sarebbe mai dovuto succedere», ha poi aggiunto.

Nan Goldin a Milano mentre firma l'opera This Will Not End Well

La mostra è visitabile fino al 15 febbraio a Milano al Pirelli HangarBicocca

La copertina del libro This Will Not End Well