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Redazione Economia
I fondamentali macroeconomici non reggono. E persino l’incertezza, che storicamente penalizza i mercati, sembra diventata un valore aggiunto. Eppure la Fed ventila il rischio bolla
Tutto e il contrario di tutto. I fondamentali macro-economico reggono poco. E anche la tanto decantata incertezza, che storicamente penalizza i mercati, sembra diventata un valore aggiunto. In Francia ad esempio, gli investitori valutano con le pinze la crisi politica che continua a regnare dopo le dimissioni lampo del primo ministro Sebastien Lecornu e la passeggiata in solitaria di Emmanuel Macron all’Eliseo indeciso sul da farsi. Eppure, la Borsa di Parigi non va affatto male, anzi. Il sentiment degli investitori è rimasto moderato anche dopo il calo dei mercati statunitensi, a causa del forte calo di Oracle ha riacceso i timori sulla sostenibilità del rally dell’intelligenza artificiale.
La corsa dei listini e i timori di «bolla»
Insomma, al momento la situazione è questa: corrono le Borse (anche Piazza Affari che ha ritoccato i primati storici), corre l’oro (che ha superato la soglia dei 4 mila dollari l’oncia) e corre anche il bitcoin (oltre quota 125 dollari). Forse un po’ troppo ottimismo visti i fondamentali economici poco incoraggianti, le crisi geopolitiche in corso e il terremoto provocato dai dazi di Trump (che non ha ancora smesso di sussultare). Per questo c’è più di qualcuno – Federal Reserve in primis – che è tornato a parlare di «bolla» delle valutazioni pronta ad esplodere.
Conta o no lo shutdown negli Usa?
Eppure, i mercati potrebbero essere certamente influenzati dallo shutdown, il blocco delle attività amministrative negli Stati Uniti a causa del forte debito, e invece non è così. Nonostante sia entrato nella sua seconda settimana senza una soluzione chiara, offuscando le prospettive, ritardando la pubblicazione di dati chiave e aumentando la pressione sul Congresso e la Casa Bianca affinché raggiungano un accordo gli investitori sembrano sereni. Ma sul fronte monetario, è ampiamente previsto che la Federal Reserve proceda a un taglio dei tassi di un quarto di punto questo mese, con un’altra riduzione probabile a dicembre.
L’attesa per i verbali Fed
Certo i mercati attendono i verbali del Fomc della banca centrale e i commenti del presidente Jerome Powell per avere indicazioni sulla politica monetaria. Sul fronte macroeconomico, la produzione industriale tedesca è diminuita del 4,3% su base mensile ad agosto, invertendo l’aumento dell’1,3% registrato a luglio e attestandosi ben al di sotto delle aspettative di mercato, che prevedevano un calo dell’1%. Si è trattato del calo mensile più marcato della produzione industriale dal marzo 2022, determinato principalmente dalla forte contrazione dei settori automobilistico (-18,5%), manifatturiero di macchinari e attrezzature (-6,2%), farmaceutico (-10,3%) e dei prodotti informatici, elettronici e ottici (-6,1%).
Il record storico dell’oro
Quel che è evidente è che l’oro ha raggiunto per la prima volta la soglia dei 4.000 dollari l’oncia, ennesimo record storico. Sembra un segnale di scarsa fiducia verso gli altri asset di investimento, secondo la tesi di David Chao di Invesco («gli investitori si preparano a shock futuri»), del Ceo di Citadel Ken Griffin («cercano protezione fuori dal dollaro») e di Nicky Shiels di Mks Pamp (secondo cui gli acquisti sull’oro sono spinti da shutdown e crisi francese), ripresi da Morya Longo sul Sole 24 Ore. Ma non è così semplice.
La «Fomo» dell’oro e i rendimenti francesi
Non è solo un’ottica di bene rifugio costi quel che costi, altrimenti non si capirebbe il perché degli ennesimi record storici di Wall Street e Francoforte. Anche i rendimenti dei titoli di Stato Usa dal 30 settembre a martedì sono immutati: da 4,15% a 4,12%. Solo i titoli di Stato francesi hanno reagito negativamente, ma neppure così tanto: dal 3,50% di venerdì pre-crisi di Governo, i rendimenti sono saliti al 3,56%. Semmai il più grande rally dell’oro dagli anni ’70 è alimentato dalla «Fomo», «Fear Of Missing Out» (ne abbiamo scritto qui). Il prezzo è schizzato di oltre il 50% nel 2025, al massimo storico sopra i 4 mila. Una forma di ansia sociale caratterizzata dal timore persistente di essere esclusi da esperienze gratificanti che altri stanno vivendo. Applicandola al risparmio per traslazione potremmo dire che gli investitori, timorosi di perdere rendimenti e preoccupati per l’inflazione, aggiungono il metallo prezioso ai loro portafogli.
Le riserve valutarie delle banche centrali
Questo rally è stato guidato anche dagli acquisti delle banche centrali: martedì quella cinese ha aumentato gli acquisti di metallo giallo per l’undicesimo mese di fila. Calcola Goldman Sachs che le banche centrali continueranno a farlo, comprando in media ulteriori 70/80 tonnellate tra il 2025 e il 2026. Da quando sono state congelate le riserve valutarie della Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina, tante banche centrali stanno riducendo le riserve valutarie (soprattutto in dollari) per aumentare quelle in oro.
La promessa dell’intelligenza artificiale
In Borsa è la promessa dell’intelligenza artificiale a spingere Wall Street, che ha toccato i massimi storici. Ma anche in Europa le Borse sono toniche. Il governatore della Federal Reserve Jerome Powell ha appena definito gli attuali corsi di Borsa «abbastanza altamente valutati», ovvero «valutazioni piuttosto alte». Un messaggio che evoca, le parole dell’allora governatore Alan Greenspan che nel 1996, riferendosi al mercato azionario, parlò di «esuberanza irrazionale». Dunque, siamo in presenza di una bolla o meno? Anche l’incertezza dell’attuale contesto geopolitico non sembra al momento intaccare i corsi azionari.
Il multiplo tra azioni ed utili aziendali
Un parametro per valutare se un mercato è caro o uno sconto è quella del multiplo tra prezzo di Borsa e utili attesi nei successivi 12 mesi. Tra le grandi Microsoft tratta a 28,8 volte gli utiliti stimati, Apple supera quota 32, Nvidia è a 29,3, Broadcom vola oltre 36. Numeri già elevati, che in passato sarebbero bastati a suggerire prudenza. Alcuni titoli simbolo della speculazione recente, come Tesla e Palantir, «viaggiano su molteplici che hanno perso ogni rapporto con la realtà. La prima sfiora le 180 volte gli utili futuri, la seconda supera le 200, livelli che presuppongono una crescita perpetua e illimitata», registra Longo sul Sole 24 Ore.
Le fibrillazioni americane
Neanche le incertezze americane contano. La Casa Bianca sta aumentando la pressione sui dipendenti federali nel tentativo di convincere i democratici ad aderire al piano di spesa a breve termine dei repubblicani. In un nuovo promemoria dell’Office of Management and Budget si suggerisce che l’amministrazione Trump non è obbligata a fornire gli arretrati ai dipendenti federali in congedo. Questa minaccia, che evoca quella di trasformare i congedi temporanei legati allo shutdown in licenziamenti di massa, arriva mentre le chiusure delle attività del governo Usa entrano nel loro settimo giorno e lo scontro tra repubblicani e dem non accenna a diminuire, mentre entrambe le parti si accusano reciprocamente sulle conseguenze dello shutdown. I leader del Gop prevedono che la resistenza democratica si incrinerà quando i lavoratori non riceveranno lo stipendio più avanti questo mese, mentre i democratici sostengono di aver colto segnali che l’unità repubblicana sta iniziando a rompersi di fronte alla prospettiva che milioni di americani dovranno affrontare ingenti spese sanitarie l’anno prossimo.
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11 ottobre 2025 ( modifica il 11 ottobre 2025 | 11:58)
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