Ospite del Festival dello Sport per l’evento “Dieci colpi di tacco”, Roberto Mancini ha parlato della sua carriera da calciatore e da allenatore:
Ospite del Festival dello Sport per l’evento “Dieci colpi di tacco”, Roberto Mancini ha parlato della sua carriera da calciatore e da allenatore:
TACCO – “Più difficile col Parma col Genoa? Per quello col Parma il merito è tutto di Sinisa che metteva dei calci d’angolo non male, io ho solo messo il piede. Il colpo di tacco si pensa solo in alcuni casi, ma sotto porta arriva e lo fai”.
JESI – “Sono andato via a 13 anni di casa, nel 1978 spostarsi da Jesi a Bologna era come andare a New York. Non è stato facile. Ho la fortuna di avere ancora i genitori, quindi ci torno volentieri, all’inizio ho sofferto la mancanza della famiglia. Ci torno sempre volentieri”.
SAMP – “Il fatto di aver vinto quasi tutto per i tifosi sampdoriani è stata una gioia immensa. Difficilmente si può ripetere. Oggi più che le bandiere il problema è avere qualche italiano in squadra. Più difficile rimanere tanti anni nella stessa squadra.
PAGLIUCA – Chiamata da Gianluca Pagliuca: “Roberto era un grande giocatore e aveva occhio da allenatore. Si vedeva che era predisposto per fare l’allenatore. Ogni tanto mi arrabbiavo quando mi faceva gli “scavini” sui rigori. Sono state tutte esperienze belle”. Mancini: “Impossibile vedere una chimica come quella che avevamo noi alla Samp”.
ITALIA (da giocatore) – “Essere con Bearzot in Nazionale era un sogno. Ultima notte a New York a 19 anni… Eravamo in tanti, non solo io. Siamo usciti e siamo tornati tardi e Bearzot si è arrabbiato, siamo tornati alle 6.30 e partivamo alle 9. Lui ha fatto bene a rimproverarmi, la responsabilità era sua: senza far nomi Tardelli, Scirea, Cabrini… Ma Bearzot era preoccupato. Sono stato influenzato da tutti gli allenatori, anche da Sacchi. Avere grandi allenatori ti aiuta a crescere, è stata una cosa molto positiva”. Arbitri? Rapporto buono, sono stato espulso pochissimo. Coi giornalisti sì, meglio con gli arbitri che coi giornalisti. Non colpa solo dei giornalisti. La colpa è sempre a metà, quando si è giovani si va dietro all’istinto”.
ITALIA ’90 – “Giannini era un mio compagni di camera e di tre sette e non giocava nel mio ruolo. In quegli anni in Italia c’erano tanti campioni. Nel 1990 c’ero io, Luca, Serena, Baggio, Schillaci… Non era semplice scegliere per un allenatore. Ulivieri diceva che dovevo lavorare per fare la prima punta? Poi lo sono diventato, lo facevo ero capace di fare tutti i ruoli in attacco. Lui me lo disse quando arrivai alla Samp, ero un giocatore libero come diceva Boskov. Ero troppo giovane all’epoca per fare la prima punta”.
PRIMA INTER – “Dove ti portò Moratti per convincerti? Genova-Milano a Tortona fuori dal casello. Era a metà strada. La prima volta ci incontrammo perché mi voleva portare da giocatore. Poi da allenatore ero alla Lazio e ci sentimmo tramite Oriali. Cosa pensavi di aver messo per la squadra del Triplete? Il merito era di Moratti che ha investito tanto, senza giocatori bravi difficile vincere. Abbiamo messo su una grande squadra e siamo tornati a vincere. Terminata l’avventura dopo quella partita di Liverpool? Secondo me si poteva tornare indietro, era stata la prima sconfitta, venivamo da sole vittorie, c’erano altre motivazioni. Perché quella sera? C’era un motivo, riguardava qualche giocatore che aveva problemi fisici, pensavamo di recuperarlo e non ce l’abbiamo fatta. C’era dei problemi interni”.
SCUDETTO CALCIOPOLI – “Basta non ne parliamo più, siamo nel 2025”.
ESTERO – “Eriksson trovò l’accordo come ct dell’Inghilterra. Mi chiamò e mi disse c’è il mio assistente che c’era il suo assistente che allenava anche il Leicester. Ho giocato 5 partite, mi stavo ambientando e mi chiamò la Fiorentina. Problemini di patentino non 2ce n’erano. Il problema era che non si può avere il doppio tesseramento nella stessa stagione calcistica”.
CITY – “Più brividi la rimonta col City o quella di Inter-Sampdoria? Lì la palla non voleva entrare e poi entra all’improvviso. Sotto di 2-0 dopo aver avuto 20 palle gol. Quella del City era diversa, lotta testa a testa con lo United. Nella rimonta di Manchester stavo quasi per morire. Dopo aver dominato la stagione, sotto 8 punti allo United, recuperiamo tutto e all’ultima giornata assurdo trovarsi in quella situazione”.
ZENIT – “Tutte le esperienze ti danno qualcosa, non è stata semplice. Esperienza importante proprio a livello personale, qualcosa mi ha cambiato”.
TURCHIA – “Posto meraviglioso, Istanbul sembra Napoli, sembra di vivere in Italia. Gente fantastica. Andavamo a giocare in Norvegia e c’erano 20mila turchi. Attaccatissimi alla squadra”.
NAZIONALE – “Difficile ma facile accettarla. Ripagato come ct? L’esperienza più bella e più importante, quella che ho sentito di più, sono riuscito a dare il massimo. Abbiamo fatto qualcosa di impensabile, con merito. Ci sentivamo invincibili, quando continui a vincere poi ti senti imbattibile. Chiudemmo il record a San Siro con la Sapgna perché Bonucci si fece espellere. Quando inizi a fare bene subentra qualcosa di diverso”.
ORIALI – Chiamata di Lele Oriali: “Ho contribuito un pochino, come anche Vialli e tutto il gruppo. La gente era un po’ disamorata, lui fin da subito ha cambiato le cose, ha creato un gruppo vero. Per quello lo ringrazio, ha unito un paese intero. Ha ridato orgoglio a una nazione intera. Ogni fine partita si rientrava si cantava, è riuscito a farci piangere. La prima chiamata l’ho fatta io per farlo venire in Nazionale, Roberto fu magistrale per l’empatia e la leadership silenziosa”. Mancini: “Io lo chiamai per farlo venire alla Samp, ma aveva già firmato con la Fiorentina. Un grande dirigente, straordinario”.
INTUIZIONI – “Vedevo un sacco di partite, sapevo riconoscere il talento. Zaniolo aveva giocato solo in C. Grido d’allarme? Mancavano giovani, vidi le partite dell’U19, c’erano Scamacca, Tonali, ma Zaniolo era il più giovane e pensavo potesse diventare un grande calciatore. Pafundi? Un altro mistero. Un giocatore talentuoso, come faceva a non giocare in Serie A? Retegui in area di rigore aveva intuizioni, aveva movimenti da attaccante vero. lo abbiamo seguito con attenzione e abbiamo deciso di convocarlo. È migliorato tantissimo, se lo merita. Kean? Aveva qualità già molti anni fa, poi i giovani rallentano. Per me era un grande esterno, adesso ora può fare il centravanti”.
ADDIO NAZIONALE – “Decido di rimanere nonostante il Mondiale saltato. C’erano delle incomprensioni, non era un brutto momento a livello di risultati, stavamo inserendo giocatori giovani. Ci sono state un po’ di parole, incomprensioni, in quei momenti era meglio chiarirle da parte mia in primis e ripartire da zero. Poi si fanno delle scelte anche sbagliate. Tornare? Speravo di poter vincere anche un Mondiale… La Nazionale sta migliorando, i giocatori stanno facendo esperienze, è una buona Nazionale. Rino mi è simpaticissimo, sono felice che sia nel posto più bello per un allenatore. Spero che faccia bene, anche se ora la situazione è un po’ ingarbugliata, ma nel calcio tutto può accadere. Al Mondiale ci andiamo”.
DESTINO – “Hai perso Vialli, Mihajlovic, Eriksson, un amico… Rimpianti di non aver detto loro qualcosa? Pensi sempre che non sia successo nulla. Sono persone che sono sempre con te in qualsiasi momento, ci pensi sempre. Ricordi particolari? Sono cose nostre. Io non ho neanche la metà della forza che hanno avuto loro. Quando iniziano ad accadere queste a persone che pensi che siano immortali… Vialli e Sinisa sembravano due immortali. Questi ultimi due anni e mezzo però non hanno messo alla prova la mia fede, ce l’ho sempre”.
FOLGORAZIONE – “Mai pensato di fare il prete eh. Sono cresciuto in oratorio… Per tre o quattro anni, un momento di gioventù e pensi che certe cose siano meno importanti. Poi la fede è una cosa forte, siamo cresciuti così. Medugorje? Era un luogo che conoscevo, chiamai un amico e ci sono andato nel 2012. Poi ci sono tornato altre due volte”.
BALOTELLI – “Mario è un bravo ragazzo, poteva sicuramente fare di più. Ha vinto tanto, per le qualità che aveva sarebbe potuto essere uno dei più grandi attaccanti di questi anni. Ha avuto una bella carriera, ma poteva sicuramente fare di più. È un mistero, ma capita a tanti giocatori con qualità pazzesche”.
FUTURO – “Ci sono state delle cose, ci sono. Ma non si possono fare scelte così. Ci deve essere l’obiettivo di vincere, ci deve essere qualcosa che ti fa scattare. Mi manca il campo, la panchina, quando sei sul campo coi giocatori è un’altra storia. Ci sono delle cose, non facile subentrare devi essere veloce a trovare delle soluzioni”.
SAMP – “C’erano Attilio, Gregucci, volevo stare vicino alla Samp in una situazione difficile. 15 anni non si cancellano, è la mia squadra, vederla così mi fa dispiacere. Finire la carriera alla Samp è sicuramente una mia idea, sicuro”.
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