di
Alessia Conzonato
Trump ha minacciato dazi più alti alla Cina dopo la nuova stretta sull’export di terre rare. Ma Pechino già da aprile impone licenze speciali per estrazione, raffinazione e produzione
L’ira del presidente americano Donald Trump nei confronti della Cina, manifestata nel suo ultimo post su Truth, deriva dalla recente mossa di Pechino di ulteriore inasprimento delle regole sulle esportazioni di terre rare e tecnologie correlate. Dallo scorso 4 aprile su una lista di sette minerali è imposto l’obbligo di licenza e permessi per consentire l’estrazione, la raffinazione, il riciclaggio e la produzione. Il ministero del Commercio cinese ha aggiunto cinque elementi all’elenco (tra cui olmio ed erbio, impiegati per le tecnologie laser), per cui l’imposizione entrerà in vigore dall’8 novembre. Il motivo di tanta fretta, si legge nella nota, è per «salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali».
Dal piano tecnologico a quello commerciale
La stretta include «l’estrazione, la fusione e la separazione, la produzione di materiali magnetici e il riciclaggio delle risorse secondarie, in conformità con leggi e regolamenti pertinenti», ma anche tecnologie fondamentali per «l’assemblaggio, la regolazione, la manutenzione, la riparazione e l’ammodernamento delle linee di produzione». A distanza di poche settimane dal vertice a fine mese in Corea del Sud tra Xi Jinping e Donald Trump, il tycoon ha interpretato l’iniziativa cinese come un affronto su un terreno – quello delle terre rare – dove da tempo le due potenze sono in conflitto. Così, ancora di più, lo scontro avviato sul piano tecnologico si fonde a quello commerciale: Trump minaccia «un massiccio aumento dei dazi sui prodotti in arrivo da Pechino negli Stati Uniti» e di saltare l’appuntamento con il presidente cinese, a margine del forum Apec.
Il conflitto tra due potenze tecnologiche
La Cina è il maggiore produttore al mondo di minerali essenziali per chip, smartphone, batterie, turbine eoliche, laser, veicoli elettrici e armamenti. Nel 2024, secondo i dati più recenti di Statista, ha totalizzato una produzione di terre rare pari a 270 mila tonnellate, circa due terzi del dato mondiale, tant’è che Usa e Ue (quest’ultima ne è fortemente dipendente) da tempo sono impegnati ad ampliare la propria produzione e a migliorare sul riciclo dei materiali per tentare di staccarsi da Pechino. Negli ultimi 20 anni, la potenza cinese ha accelerato su settori come manifattura, 5G, intelligenza artificiale e semiconduttori e, nonostante ciò, Washington detiene il titolo di potenza tecnologica mondiale, ma teme che la Cina stia attuando una serie di colpi strategici – come il possibile rallentamento delle autorizzazioni all’export dei minerali – per scalzare gli Stati Uniti dal controllo tecnologico, che significa anche dall’economia digitale e militare con settori chiave come l’auto, l’elettronica e la difesa.
Nuove restrizioni dal primo dicembre
Altro campo di battaglia della stessa guerra è quello dei semiconduttori. In un altro annuncio, il ministero del Commercio cinese ha dichiarato che dal primo dicembre saranno imposte ulteriori restrizioni per l’esportazione di prodotti fabbricati all’estero ma contenenti elementi o tecnologie di origine cinese. Inoltre, non saranno consentite spedizioni verso entità straniere presenti nelle liste di sorveglianza nazionale. Uno stop che riguarda soprattutto chip da 14 nanometri o più avanzati, memorie a 256 strati e apparecchiature per la produzione di semiconduttori. «Per un certo periodo, alcune organizzazioni e individui stranieri hanno trasferito o fornito, direttamente o dopo la lavorazione, prodotti di terre rare controllate originari della Cina per uso diretto o indiretto in aree sensibili come le operazioni militari», si legge nella nota. Una pratica che, secondo il governo, ha causato «danni significativi o potenziali minacce alla sicurezza e agli interessi nazionali della Cina e ha avuto un impatto negativo sulla pace e la stabilità internazionale».
L’impatto sull’Ue
In un mondo dove tutta l’economia è interconnessa, anche l’Unione europea potrebbe subire danni collaterali da questa guerra tecnologica. Dopo la prima stretta di aprile, molte imprese europee hanno presentato le richieste in anticipo per ottenere le autorizzazioni senza accusare eventuali ritardi nelle spedizioni. Anche in questo secondo “round” la Commissione Ue ha espresso preoccupazione per l’impatto che avranno le nuove regole. «La Cina deve agire come un partner affidabile e garantire un accesso stabile e prevedibile alle materie prime critiche», ha dichiarato Olof Gill, portavoce dell’esecutivo Ue per il Commercio.
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11 ottobre 2025 ( modifica il 11 ottobre 2025 | 13:12)
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