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    Redazione Economia
Robot prodotti a Pechino, a un prezzo irrisorio che aiutano fabbriche locali cinesi a realizzare più beni a prezzi più bassi. Il piano di Xi Jinping per aumentare l’export nonostante l’aumento dei salari degli operai
Una provocazione o la realtà? La domanda che in molti si pongono è questa: lo sviluppo e le fortune della manifattura passano dall’utilizzo massiccio dei robot? Una volta questo quesito sarebbe stato paradossale. I robot, anche per le caratteristiche antropomorfe, sono stati sempre considerati come il principale fattore di sostituzione di forza lavoro. Questa sensazione è stata poi nel tempo convalidata da approfondimenti accademici che si sono occupati di mettere nero su bianco i numeri della sostituzione. È il caso dello studio di Carl Benedikt Frey e Michael Osborne uscito nel 2013, secondo il quale l’automazione avrebbe messo a repentaglio il 47% dei posti di lavoro statunitensi. Si sarebbero salvati solamente i lavori rientranti nel cosiddetto «collo di bottiglia tecnologico» composto da mansioni (task) basate sulla creatività e sull’interazione tra umani.
L’evoluzione dei robot collaborativi
I robot nelle fabbriche non sono d’altronde una novità come mostra la relazione con le catene di montaggio delle automobili: dal fordismo al toyotismo siamo passati velocemente nel Novecento al “robotismo”(ne ha scritto di recente Franco Balistri sul mensile Business People). Ma i vecchi esemplari erano imprigionati in gabbie di protezione, non certo per loro, ma per gli operai. Ora siamo nell’era della specie nuova, quella “collaborativa”. Si tratta di macchine più evolute che possono condividere il piano di lavoro con l’essere umano, ma che per farlo, seppure con un’intelligenza e una tecnologia più elevata, hanno dovuto sacrificare la velocità. Non un fatto secondario. Ma questa nuova ramificazione potrebbe essere un ulteriore slancio per i Paesi come l’Italia a vocazione robotica.    
Il piano di Xi Jinping
Quello che sta avvenendo in Cina però racconta molto delle trasformazioni tecnologiche nell’industria. Robot prodotti in casa, a un prezzo irrisorio che aiutano fabbriche locali cinesi a produrre più beni a prezzi più bassi. Ciò consente alla Cina di aumentare la propria quota di esportazioni, anche per quanto riguarda i prodotti ad alta intensità di manodopera, rileva il Financial Times. Il piano Made in China 2025 del presidente Xi Jinping e altre iniziative governative hanno spinto a rafforzare i produttori nazionali di robot «autoctoni» e a immettere investimenti e credito nel settore manifatturiero.
L’esercito degli autoctoni
Secondo la Federazione Internazionale di Robotica, le fabbriche cinesi installano ogni anno circa 280.000 robot industriali, ovvero la metà del totale mondiale, portando la densità di robot per lavoratore a superare quella della Germania e avvicinandosi al leader di mercato, la Corea del Sud, osserva Ft.
Chi li sta producendo
I dati del gruppo di ricerca cinese Mir Databank mostrano che circa la metà di questi robot sono realizzati da gruppi nazionali come la Chengdu Crp Robot Technology, che ha conquistato clienti locali riducendo i prezzi rispetto ai rivali globali. «Non tutti hanno bisogno di un’Audi A8. In molti scenari, la nostra funzionalità e stabilità saranno sufficienti», ha affermato Li Liangjun, responsabile di Crp. I suoi robot di saldatura costano circa il 60% in meno rispetto ai concorrenti giapponesi Yaskawa e Fanuc, e a quelli di Abb e Kuka.
La correlazione con i salari
Gli economisti ritengono che l’automazione aggressiva possa contribuire a spiegare perché la Cina abbia sfidato il tipico percorso di sviluppo che vede la perdita della produzione manifatturiera di fascia bassa a fronte dell’aumento dei salari, spiega il quotidiano economico.
L’export di scope e penne
I dati commerciali raccolti dal Growth Lab di Harvard mostrano che la Cina ha aumentato la sua quota di esportazioni globali in una serie di settori ad alta intensità di manodopera dal 2019 al 2023. La quota di esportazione globale di piccoli prodotti manifatturieri, come scope, mocio e penne, è aumentata di 9 punti percentuali, raggiungendo il 52,3% nel quadriennio. Le esportazioni di mobili hanno guadagnato circa 1,5 punti percentuali di quota di mercato, mentre la quota della Cina nelle esportazioni mondiali di giocattoli è aumentata dal 54,3% al 56,9%.
La vocazione italiana
Anche l’Italia è (fortunatamente) un Paese dei robot. Escludendo il settore automobilistico, l’industria manifatturiera italiana è la più automatizzata e la sua evoluzione nel tempo risulta simile a quella tedesca e migliore di Francia e Spagna. Le produzioni di apparecchi elettrici e di prodotti in metallo sono in Italia tradizionalmente le più intensive nell’uso dei robot e a questi settori si sono aggiunti il metallurgico, l’alimentare e il farmaceutico, nei quali il numero dei robot installati è cresciuto nell’ultimo decennio a un ritmo più sostenuto rispetto agli altri Paesi.
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11 ottobre 2025 ( modifica il 11 ottobre 2025 | 14:59)
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