di
Chiara Maffioletti

L’attore ha scritto con una moglie un libro, «Dislessico famigliare. Cronache (s)connesse di una famiglia straordinariamente normale» sulla diversità sua e dei due loro figli

«Più che solo, io mi sono sentito stupido». Giampaolo Morelli racconta con franchezza quello che ha significato scoprire, quando ormai era già un adulto, di essere dislessico. «Da bambino vedevo che non avevo le stesse capacità degli altri. Inoltre venivo additato, anche in famiglia, come il pigro, lo svogliato, quello che non voleva studiare o che aveva sempre bisogno di un aiuto per fare i compiti. È ovvio che tutto questo mina la propria sicurezza». Per evitare a più persone possibili questa sofferenza, l’attore e sua moglie, l’attrice (ed ex Miss Italia, si sono conosciuti sul set de L’ispettore Coliandro di cui Morelli è stato protagonista) Gloria Bellicchi, hanno scritto un libro: Dislessico famigliare. Cronache (s)connesse di una famiglia straordinariamente normale (edito da Sperling&Kupfer). Lo hanno firmato assieme perché anche i loro due figli sono dislessici

Riprende Morelli: «Con Gianmarco, il più grande, l’abbiamo capito mentre faceva la didattica a distanza, durante il Covid: osservarlo mentre era “in classe” ci ha fatto vedere delle difficoltà che erano molto simili alle mie di quando ero piccolo: nel mantenere l’attenzione ma anche, banalmente, nel trovare le pagine del libro che indicava la maestra». Come spiega anche il libro, che per metà è racconto intimo, per metà divulgativo, «ogni dislessico lo è a modo suo — interviene Bellicchi —. Con Pier, il nostro secondo figlio, le cose sono andate diversamente e abbiamo scoperto la sua dislessia solo in seconda elementare, quando si è incagliato di fronte a un esercizio specifico di matematica. Ci siamo rovinati una vacanza: lui si innervosiva tantissimo perché non riusciva proprio a comprendere il significato di quella operazione. Era stremato e frustrato dalle mie spiegazioni oltre che dal sentirsi incapace, ma la realtà è che i ragazzi dislessici comprendono le stesse cose degli altri, solo bisogna arrivarci in maniera diversa, attraverso percorsi differenti». 



















































Il rischio, viceversa, è sentirsi soli, come è successo anche a Morelli: «Sentirsi sempre inadeguati e incapaci crea dei vuoti che ti porti dietro nel tempo. In alcuni casi, come nel mio, possono sfociare anche nella depressione, con cui ormai convivo. I miei figli per fortuna almeno hanno una famiglia che li ha supportati e anche molto rapidamente. Spero che questo possa farli sentire meno soli». Ad attraversare questo genere di difficoltà sono molte famiglie, a cui il libro è virtualmente dedicato: «Nella nostra, su quattro persone, tre sono neuro-divergenti e solo io sono neuro-tipica, quindi provo stessa frustrazione di un qualsiasi dislessico nel mondo, in cui di solito la minoranza è lui». E così Bellicchio nelle discussioni si trova spesso all’angolo: «Il mio modo di pensare e riflettere per loro è lento e farraginoso. Io espongo un concetto dopo l’altro mentre il loro modo di riflettere funziona per immagini: con pochi indizi si fanno rapidamente una visione generale. Sono problem solver molto più veloci di me». 

Per dei genitori, scoprire che i propri figli possono avere questa caratteristica non è facile: «Il problema sono le aspettative. Ma quando le superi, prima realizzi che la perfezione non esiste e poi che tutte le cose positive che avevamo sempre visto nei nostri figli prima della diagnosi, non sono state certo cancellate dalla dislessia. Bisogna solo imparare a dare un nome alle cose». Il messaggio è indagare senza paura, consci che «la diagnosi tardiva è devastante. Noi abbiamo voluto fare luce su questa diversità che diventa disturbo solo nel momento in cui i metodi di insegnamento sono uguali per tutti». Ma per un attore — Morelli che è al momento impegnato sul set del suo nuovo film, mentre è in uscita la commedia corale L’amore sta bene su tutto — come è convivere con questa diversità? «Non ho mai accettato di nascondere questa cosa perché non è né un difetto né un pregio ma, appunto, una diversità. E non mi ha mai creato problemi nel mio lavoro, anzi. Come tutte le difficoltà, se le affronti nel modo giusto possono diventare delle risorse».

11 ottobre 2025 ( modifica il 11 ottobre 2025 | 18:35)