Nell’apparente ingenuità volatile delle opere più note di Marc Chagall, si cela in realtà l’aura di un artista profondamente colto e dolente, costretto nella sua vita a soffrire e fuggire. Sembra infatti quasi liberatorio, e quindi autobiografico, il gesto biblico della colomba protagonista dell’opera La Paix, La Pace (vedi foto di prima pagina): tra le zampe esibisce un libello con le scritte ‘La Vie’, la vita, e La Paix, la pace. Altri elementi, per noi difficili da decifrare, concorrono al significato complessivo: una coppia in basso a sinistra danza nell’intimità domestica ormai violata. In alto, un Icaro spogliato delle ali si stupefà dell’assenza del sole crudele e della possibilità di tornare indisturbato a casa. Quale casa? Quella di Chagall.

L’opera è del 1949, quando il pittore torna dall’esilio americano, dopo anni di guerra e sradicamento. Per questo, l’espressione del giovane in volo – oggetti volanti, un elemento tipico dell’artista – è anche un segno di speranza. Per Chagall, certo, ma anche per noi che oggi osserviamo. In definitiva, è un’opera attualissima (inutile citare la cronaca), emanante un senso di pace – appunto – offrendo a chi la vede la possibilità di uscire dall’eccesso ansiogeno e assillante di (dis)informazione e social network che distinguono il nostro quotidiano. Pertanto, la scelta dei curatori di isolarla, rendendola l’unica inquilina e abitante dell’ultima sala dell’esposizione, presentata ieri a palazzo Diamanti, è azzeccata e intimamente strategica: permette un ultimo atto di non-riflessione, di respiro, prima di reimmergersi nel book shop e quindi nel mondo reale. La mostra ‘Marc Chagall. Testimone del suo tempo’ inaugura oggi e si può visitare fino all’8 febbraio. È prodotta e organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e Arthemisia, in collaborazione con il Servizio Cultura, Turismo e rapporti con l’Unesco del Comune di Ferrara, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, da una idea di Paul Schneiter e a cura di Francesca Villanti con Paul Schneiter. La mostra vede come special partner Ricola, mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale e conta sul supporto di Copma. La rassegna evidenzia la profonda umanità di un artista plurale, visionario e testimone del suo tempo, cantore della bellezza e custode della memoria. Volti scissi, profili che si moltiplicano, ritratti che si specchiano: attraverso il tema del doppio egli rivela la sua straordinaria capacità di cogliere la dualità dell’esistenza umana. E ancora amanti volanti, animali parlanti, bouquet esplosivi, diventano, trascendendo il visibile, metafore universali. Come ha spiegato Villanti, “Chagall non è soprannaturale, ‘surnaturel’, come l’ha definito Apollinaire: non è sopra la natura, ma è oltre la natura. È leggermente diverso”. Un elemento soprannaturale lo si individua con facilità, mentre un elemento oltre-naturale, invece, ha come unica vera chiave interpretativa l’intuizione, la sensazione. Così si spiegano le scelte allestitive della mostra, tutte orientate a far immergere il visitatore in una dimensione metafisica e rievocativa degli ambienti di Chagall.

Sono scelte, queste, che a volte fanno storcere il naso al pubblico specialista, il quale tuttavia a palazzo dei Diamanti si dovrà ricredere: l’allestimento non influisce in nessun modo con la piena fruizione dei pezzi, in gran parte provenienti da collezioni private. Si tratta di oltre 200 opere – dipinti, disegni, incisioni –, alcune presenti per la prima volta in Italia. Colpiscono, in particolare, la sala dedicata alle acqueforti con le Favole di La Fontaine, quella che ripropone il soffitto dell’Opéra di Parigi e quella con le 12 vetrate per la sinagoga dell’ospedale di Hadassah. Nell’insieme, un’offerta caleidoscopica su uno degli artisti più eterei, evasivi e umani della storia dell’arte.

f. f.