di
Davide Frattini
Nella «piazza degli ostaggi», l’abbraccio trionfale agli inviati Usa da parte di 400mila israeliani. Molti fischi invece per Netanyahu
DAL NOSTRO INVIATO
TEL AVIV – Dal dodicesimo piano della Kirya, la piazza degli ostaggi è visibile senza i dettagli del dolore accumulati in questi due anni: le foto dei rapiti, le bambole di pezza che i bambini trascinati via hanno lasciato indietro, la tavolata apparecchiata ogni sabato per chi ancora è tenuto a Gaza, gli abbracci tra sconosciuti in lacrime. Nessuno sa se Benjamin Netanyahu abbia guardato in basso dalla stanza nel Pentagono israeliano dove nei 735 giorni di conflitto ha riunito il consiglio di guerra. Tutti sanno che in questo quadrato di pietre bianche non ha mai messo piede.
Dopo il tramonto arrivano invece due americani, due stranieri, che hanno scelto di immergersi nell’angoscia dei familiari, di stringerli per non lasciar andare la loro speranza. Steve Witkoff e Jared Kushner vengono accolti come eroi, sarebbe quella che chiamano una «standing ovation» se tutti non fossero già in piedi con le bandiere a stelle e strisce assieme a quelle israeliane, almeno 400 mila persone secondo gli organizzatori.
Qualcuno innalza la medaglia del premio Nobel per la Pace con il volto di Donald Trump, è di cartone ma qui sono convinti che avrebbe dovuto riceverlo. Altri sventolano il grugno del presidente sicuri che abbia spaventato Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, e lo abbia costretto ad accettare l’intesa che riporta a casa i venti sequestrati in vita.
Witkoff, inviato per il Medio Oriente, e Kushner — il genero del presidente, accompagnato dalla moglie Ivanka Trump — incontrano in privato i parenti che li aspettano per ringraziarli. Tocca a Witkoff aprire la cerimonia di ogni sabato sera, questa volta è accompagnata dal sollievo almeno per alcuni. «Ho sognato a lungo questo momento, è stato un lungo viaggio», esordisce. «È meraviglioso vedervi tutti insieme, i nostri cuori che battono come uno solo. In questo spazio sacro la pace è nata non dalla politica ma dal coraggio. Celebriamo qualcosa di straordinario, qualcosa che ritenevamo impossibile. La pace non è debolezza, è la forma più alta di forza». Si rivolge a chi ha perso una figlia o un figlio pensando al loro dolore: all’ex ostaggio Edan Alexander aveva donato la collana del figlio Andrew, morto per overdose da oppioidi a 22 anni.
Esalta il ruolo di Trump (applausi e urla di approvazione), prova a includere il lavoro compiuto da Netanyahu: fischi e buuuu che lo costringono a interrompersi. Kushner racconta come in questi mesi i mediatori non abbiano mai rinunciato: «Ogni volta che ci siamo scontrati con un muro, abbiamo tirato fuori un nuovo piano». Scherza su quanto sia stato complicato: «Steve non ha usato l’insulto di quattro lettere in questo discorso, perché gli è venuto fuori troppe volte durante le trattative», sorride e guarda Witkoff. È Kushner a ricordare «la sofferenza della popolazione di Gaza, colpevole solo di essere nata in una situazione terribile».
Al mattino Witkoff — senza Kushner che non ha un ruolo ufficiale alla Casa Bianca — ha visitato il Nord di Gaza assieme a Eyal Zamir, il capo di stato maggiore israeliano, e al generale Brad Cooper, a capo del comando centrale americano responsabile per la regione. Indossa una polo a maniche corte con i disegni mimetici, i colori sembrano più adatti alla spiaggia di Miami dove Witkoff vive, a venti minuti d’auto dalla villa di Kushner. Ed è sotto il sole della Florida — scrive il New York Times — che i due immobiliaristi-negoziatori avrebbero deciso venerdì scorso di dare una spinta decisiva alle trattative, «di ottenere prima un sì e poi discutere i dettagli», come tante volte hanno fatto per chiudere un contratto milionario.
L’afa che tappa in questi giorni Gaza è così umida che la polvere alzata dalle migliaia di palestinesi in marcia, verso quelle case che non hanno più, resta nell’aria come nebbiolina sporca. Queste sono le zone da dove l’invasione israeliana è iniziata alla fine di ottobre del 2023, venti giorni dopo i massacri perpetrati dai terroristi di Hamas. Il generale Cooper è nel Paese per coordinare l’allestimento della base con 200 militari americani che dovranno monitorare la seconda fase del piano Trump, quella con i punti (su 20) più complessi. Ha ribadito che i soldati statunitensi non entreranno nella Striscia.
11 ottobre 2025
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