Torna un nuovo episodio della rubrica su Toro News di Alessandro Costantino, Il Granata della Porta Accanto: “Continuo a guardare il Toro con l’ottimismo di chi però non chiude gli occhi di fronte alla realtà”

Ogni editorialista di ToroNews ha una piccola bio al fondo di ogni suo pezzo, poche righe in cui l’autore prova a rendere l’idea di chi è e di quale legame abbia con il Toro. Alcune di queste bio sono brillanti proprio come gli scritti dei rispettivi autori. Sulla mia c’è la dicitura ” ottimista ad oltranza, motto: non è finita finché non è finita”. Sorrido perché ultimamente qualcuno, leggendo i miei scritti, mi dice che non sono così ottimista come sostengo di essere. La prima reazione, quella di pancia, mi porterebbe a rispondere che sulla bio ho scritto “ottimista” e non “con le fette di prosciutto sugli occhi”! Analizzare la situazione del Torino di oggi, esprimere un pensiero critico su quello che secondo me (e mi pare secondo anche molti di voi) non funziona in questa gestione o, più semplicemente, non è in linea con lo spirito che da sempre caratterizza il “Toro” , non significa essere pessimisti o aver abdicato alla propria natura di inguaribile ottimista. Al contrario, in quello che scrivo, in quello che sostengo con forza e coerenza da più di dieci anni su questa testata, c’è tanta speranza e tanto incrollabile e ostinato ottimismo. Dopo tutto quello che abbiamo passato in questi ultimi venti/trent’anni se non avessimo tutti una fede inossidabile ed una scorta infinita di pazienza e resilienza avremmo già gettato la spugna e rinunciato a lottare per avere di nuovo un Torino che sia più “Toro”.

Ottimista è chi crede fortemente che domani sarà meglio di ieri e che non si arrende all’idea che non possa esserci un futuro migliore del presente. Il Torino FC è una società di calcio che è legalmente di proprietà di Urbano Cairo, ma che di fatto appartiene al popolo granata, ai suoi tifosi. Senza i tifosi le società di calcio non esisterebbero e, soprattutto, non genererebbero i ricavi che le sostengono. Sebbene siamo lontani, purtroppo, dalla possibilità di avere un azionariato popolare che permetta alla componente tifosi di sedere nella stanza dei bottoni dove si prendono le decisioni sulla vita del club, per chi gestisce la societa non è possibile prescindere dalla pressione della massa dei suoi tifosi. A Torino questa massa ha detto in mille modi e in mille maniere, anche con marce e pesanti e continue contestazioni, che non è per niente contenta di come Urbano Cairo ha gestito il progetto sportivo in questi due decenni. Gli si sono concessi un paio di lustri per fare “apprendistato”, cioè un tempo enorme se rapportato a quanto fatto da De Laurentis e i Della Valle nelle loro esperienze post fallimento con Napoli e Fiorentina, ma poi la pazienza è finita perché si è sempre al punto di partenza. Non è questione di ottimismo se tutti gli anni la campagna acquisti è carente in questo o in quel reparto o se tutti gli anni la squadra viene smontata e mai “rimontata” per essere migliore di quella precedente. E non è questione di ottimismo se si alternano i mister, si alternano le figure dirigenziali, i team manager, i ds, i medici sociali, i preparatori, ma i risultati sono sempre mediocri. Al contrario è tutta questione di ottimismo sperare che arrivi un’offerta convincente per liquidare Cairo ed iniziare una nuova era. Ed è da ottimista quale sono immaginare che chi verrà offrirà qualcosa di migliore di quanto visto nel ventennio cairota o perlomeno più aderente ai nostri valori, quelli su cui poggia l’architrave della storia granata. Perché alla fine è questo che deve fare come prima cosa una ipotetica nuova proprietà: riportare la chiesa al centro del villaggio, cioè ritrovare quello spirito guida che da sempre fa del Torino il Toro. Poi, certo, arrivassero dei novelli Hartono come a Como ed investissero quasi 400 milioni come hanno fatto i fratelli indonesiani sul club lariano penso che saremmo tutti più felici, ma non ne farei una mera questione di soldi.