Non c’è bisogno di molte presentazioni, Sandra Petrignani è decisamente una delle voci più importanti del panorama letterario italiano. Autrice di lungo corso, ha al suo attivo molte opere, dal saggio alla narrativa. Ricordiamo almeno Care presenze, La scrittrice abita qui, Addio Roma, Marguerite e La Corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg (finalista al Premio Strega 2018) e Autobiografia dei miei cani.

Ora, con Carissimo dottor Jung l’autrice scrive un romanzo nel quale ci restituisce, in modo fedele e infedele (il modo perfetto), la figura del famoso psicoterapeuta antagonista di Freud, Carl Gustav Jung. E lo fa su vari piani. Dal punto di vista di Egle, la donna che scrive il romanzo al presente, e l’americana Christiana Morgan, vera paziente del passato che dopo una trentina d’anni torna a trovarlo a Küsnacht, sul Lago di Zurigo.
Uomo dal fisico possente e l’animo turbato, Jung colleziona allieve che poi diventavano psicoterapeute e spesso sue amanti. Dominatore e malinconico, è un taciturno che a volte cade nella disperazione e solo dalle donne (dai loro corpi) sa farsi curare.
Sandra Petrignani è nata a Piacenza. Vive a Roma e nella campagna umbra. È autrice premiatissima di molti libri, saggi e radiodrammi. © 2024 Giliola Chisté
Si ha la sensazione che Egle sia un po’ la reincarnazione di Christiana. Era sua intenzione o è capitato?
Se è davvero così, non è accaduto consapevolmente. Ma certo Lady Morgana, come la chiamava Jung, ha esercitato su di me una grande fascinazione e, siccome è naturale che io abbia prestato a Egle cose mie, si spiega bene la proiezione che lei, Romana, vi ha colto.
Il suo Jung appare fascinoso ma anche molto dominante. Viene addirittura definito da una donna “impostore”. Era così?
Quella donna, Ruth Bailey, amica-badante del vecchio Jung, era molto spiritosa e sapeva tenergli testa. L’epiteto era uno scherzo fra loro, ma pieno di una verità che il grande svizzero non negava… Ridevano molto insieme, anche di se stessi.
La giovinezza di Jung corrisponde agli anni della liberazione sessuale, ma tutta al maschile. Le donne sottostanno alla volontà di chi vuole avere moglie e amante, spesso pretendendo che tra di loro vi sia amicizia.
Ecco, quando mi sono imbattuta in queste caratteristiche da maschio Alfa, Jung mi è diventato antipatico. Soprattutto per la nonchalance con cui gestiva il suo rapporto con le donne in generale, con la moglie Emma e l’amante fissa Toni in particolare. Poi ha prevalso la curiosità, e la possibilità da scrittrice – di entrare nella testa e nei sentimenti di un uomo di quel tipo, considerato un Maestro, una specie di sciamano adorato da femmine e maschi. E così ne ho scoperto anche la tenerezza, la fragilità. Sono tornata ad amarlo e ho potuto farne il personaggio principale del romanzo.
Carissimo dottor Jung di Sandra Petrignani, Neri Pozza, 240 pagg, 19 €
Come psicoterapeuta Jung parla di una cura che non porta alla guarigione ma a sapere chi siamo.
È il percorso più fertile per chi si affida alla psicoterapia. Si è quel che si è, ma non si sa di esserlo. Avere il coraggio di riconoscersi e accettarsi può portare, pur dolorosamente, a una relazione autentica con noi stessi e con gli altri. Vuol dire fare la pace con un mucchio di falsi problemi che ci angosciano. Ammetto che scrivere questo romanzo è stato un po’ come tornare in analisi.
Jung aveva un nonno che parlava con la moglie morta e una nipote medium di professione. Credeva nel paranormale e nei sogni. Si torna sempre al passato. I sogni premonitori erano importanti tanto per i romani come per i greci.
Jung era sempre alla ricerca dell’uomo primitivo e dei suoi comportamenti. Nei suoi viaggi in Africa si spinse fra tribù non civilizzate imparando lo swahili per comunicare con loro pur correndo seri rischi. Amava il pensiero antico e studiò a fondo l’alchimia. Il rapporto che aveva coi sogni era molto diverso da quello di Freud, col quale ruppe sanguinosamente. Freud non poteva accettare il paranormale, come fece invece Jung anche per esperienza personale. Freud era troppo preoccupato di far accettare la psicoanalisi dal mondo scientifico e temeva la visionarietà del collega-discepolo sul quale, in un primo momento, aveva puntato.
Colpisce molto la consapevolezza di “un sapere anteriore”. È affascinante.
Anche questo mi piace di Jung: la consapevolezza che il senso della vita venga da tante vite anteriori e da altre che seguiranno, fino alla completezza. È qualcosa che per me si riaggancia ai miei rapporti giovanili con il buddismo, con i miei viaggi in India in cerca della spiritualità. Ho sempre avvertito che la realtà non è soltanto materiale, non credo che le nostre vicende finiscano con la morte. È un’illusione che può far comodo a chi non vuole misurarsi con l’immoralità e l’ingiustizia dei propri comportamenti. E che, come ha predetto lo stesso Jung, è responsabile di guerre e distruzioni mondiali. La cosa che mi ha colpita di più, raccontandolo, è il pessimismo con cui guardava al futuro sulla terra per colpa di esseri umani che non conoscono se stessi e il proprio feroce inconscio.