di
Marco Bonarrigo
Tadej Pogacar ha dominato per la quinta volta il Lombardia, aveva simulato l’attacco decisivo con gli smartphone staccati: «Dati scioccanti, dovevamo soltanto ripeterli in corsa»
Prima di un match importante, ogni squadra di calcio che si rispetti prova tattiche di gioco e rigori a porte chiuse. Sulle strade del ciclismo non ci sono cancelli e quindi venerdì scorso, nell’ultima ricognizione del percorso prima del Lombardia, Tadej Pogacar ha chiesto ai compagni di spegnere i telefonini per evitare che i computer di bordo sversassero subito sugli affamati utenti dei social i dati di allenamento. «Abbiamo simulato l’attacco sul Ganda — ha spiegato il Marziano — e i numeri (di potenza, ndr) erano così buoni, così alti che siamo rimasti scioccati. Non c’erano molte cose da dire: bastava fare la stessa cosa in gara».
Quello scoccato da Pogacar ieri a 37 chilometri dal traguardo per vincere il quinto Lombardia, sulle rampe del Ganda, appunto, non è stato un attacco ma un calcio di rigore. Pogi ha ringraziato i compagni che avevano tirato fino a quel momento (con una plateale pacca sulla spalla Rafal Majka, l’amico del cuore all’ultima corsa) e in un attimo è sparito all’orizzonte. Impossibile star dietro a chi in 21’ di ascesa ha divorato 1.880 metri/ora di dislivello: un jet contro bimotori a elica. Nella salita finale a Bergamo Alta, folla da concerto rock e assolo memorabile: in un budello dove la sua bici stava in equilibrio a stento, Pogi è riuscito nell’ennesimo passaggio al volo di borraccia a bambino in estasi.
Il povero Remco Evenepoel, campione immenso già bastonato ai Mondiali, agli Europei, non ha nemmeno accennato una reazione e ha incassato il terzo secondo posto in 15 giorni. Gli altri si sono subito e dignitosamente sfilati. Terzo l’australiano Storer, quarto il cowboy americano Simmons in fuga per tutto il giorno.
«Sapete che i record e i paragoni con i grandi del passato non mi interessano, sono solo felice di aver vinto e di potermi riposare». I record non gli interessano ma Pogacar è il primo ad aver vinto cinque Giri di Lombardia consecutivi (non c’era riuscito nemmeno Fausto Coppi) e nessuno in realtà aveva mai vinto un «monumento» (oltre al Lombardia, Sanremo, Fiandre, Roubaix e Liegi) cinque volte di fila, nessuno aveva mai fatto due volte di seguito la doppietta con il Mondiale e solo Merckx nel 1971 si era preso tre «monumenti», Tour e Mondiale. Aggiungiamo (e poi la chiudiamo, per non far innervosire il Marziano) che Pogi quest’anno è salito sul podio di tutti i «monumenti» e anche qui zero precedenti.
Sul podio della premiazione lo sloveno ha incontrato uno degli uomini che ammira di più, il signore di 92 anni che sei anni fa gli ha cucito su misura la prima bicicletta da professionista, Ernesto Colnago. «Ernesto mi ha abbracciato e poi mi ha passato il suo telefonino: era Eddy Merckx. Odio i paragoni con il passato e con i campioni del passato, ma sentire la sua voce mi ha fatto grandissimo piacere».
Dopo una stagione senza precedenti, Pogi stacca e va in vacanza con la fidanzata Urska. «Il casino (sic) riprende a febbraio, ora voglio dimenticare la bici». Che sogni possa fare Tadej è difficile immaginarlo: più del quinto Tour come Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain, vorrebbe colmare i due vuoti che mancano nella sua collezione di figurine sul podio. La Roubaix che ha perso contro un Van Der Poel mostruoso per uno scivolone in curva e la Sanremo, l’amatissima Sanremo che ha solo sfiorato in volata. Per conquistare il «monumento» meno adatto alle sue caratteristiche, serviranno una forma stellare e un colpo di genio tattico. Poi potrà anche salutare il gruppo.
12 ottobre 2025
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