di
Marco Castelnuovo

La freddezza del sindaco Beppe Sala con l’ormai ex assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, segnale del «guardare oltre». Dall’ex titolare dell’urbanistica stoccata ai dem. Ora c’è il tema delle concessioni alla maggioranza

Beppe Sala entra puntuale nella sala consiliare di Palazzo Marino. Fuori poche decine di persone stanno manifestando contro di lui, dentro i suoi assessori stanno finendo di abbracciare, in una lunga processione, il collega alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi. Già sanno che si sta per dimettere.

Prende la parola in un’Aula al completo sia negli scranni dei consiglieri, sia nella tribuna riservata alla stampa, sia nel pubblico. Vicino a sé la vicesindaca Anna Scavuzzo e alla sua sinistra Emmanuel Conte, delfino del sindaco, assessore dalle plurime deleghe e che altre ancora potrebbe averne.
Sereno, serio, senza enfasi, difende il suo operato andando dritto per la sua strada. Non è il momento dell’autocritica, ma della rivendicazione del modello di sviluppo di Milano («Penso sia sbagliato aver paura della verticalizzazione della città») e del miliardo speso per il Welfare negli ultimi quattro anni.



















































Ma l’occasione è troppo ghiotta per non togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Soprattutto con il consigliere Enrico Marcora (nessuna parentela con lo storico politico dc Giovanni Marcora), già candidato nella Lista Sala, ora in Fratelli d’Italia e colpevole di aver pubblicato sui propri social una vignetta raffigurante lo stesso sindaco con la tuta da carcerato. «Al consigliere Marcora, che ha ritenuto di poter avere un momento di fama postando una mia foto in versione da galeotto, voglio dire che per contribuire ad amplificare la sua fama ho segnalato il suo gesto ai vertici del suo partito, nella fattispecie alla presidente del Consiglio e al presidente del Senato (non si preoccupi, non c’è bisogno che mi ringrazi). Quello che mi hanno risposto lo tengo per me», dice facendo dunque sapere a tutti che ha parlato con la premier Meloni.

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Il tentativo di Marcora che cerca di interromperlo, replica, urla senza microfono, è il solo fuoriprogramma di un intervento che scorre sorprendentemente liscio. Sala elenca quelli che per lui sono i successi, l’opposizione ribatterà poi con i capigruppo di Fratelli d’Italia, Riccardo Truppo («Sindaco, speravo che lei evitasse di fare il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro») e la vicesegretaria della Lega Silvia Sardone («Cosa rimarrà dell’esperienza Sala? Qualche pista ciclabile, le orrende piazze tattiche, il divieto di fumo, qualche regalo ai centri sociali»). Insomma, niente di nuovo sotto il sole di Milano.

Sala ha fretta di aprire la fase due, ascolta la sua maggioranza che gli chiede cautela. Sa che deve spostare l’asse un po’ più a sinistra, con le incognite che ne derivano soprattutto sui vari cantieri bloccati. Lo slittamento del dossier San Siro a settembre è una concessione alla maggioranza e un primo test di questa nuova fase.

Non guarda indietro al punto che non cita mai il suo assessore Tancredi, cui riserva solo un’amichevole pacca, una volta terminato il suo intervento. E nemmeno Tancredi cita mai Sala, nel suo discorso d’addio. «La mia coscienza è pulita — dice l’assessore uscente con la voce rotta —, spero che questo mio gesto sia di aiuto per una maggiore serenità». Poi, e qui sì c’è un po’ di sorpresa, abbandona il suo essere mite per puntare il dito proprio contro la «sua» maggioranza. «Sono sconfortato e molto deluso per quella che in questi giorni è stata la posizione espressa da alcune forze di maggioranza di questa città. Sarà interessante vedere, tolto di mezzo l’assessore caduto in disgrazia, e ancora in assenza di quella legge nazionale di cui ho sempre auspicato la definizione, come cambierà «l’urbanistica di Milano».

Il Pd non raccoglie, anche se per bocca della capogruppo Beatrice Uguccioni parla in modo esplicito di «fase nuova», «mandato politico chiaro», «rilancio», come se l’inchiesta della settimana scorsa l’avesse risvegliato da un torpore nel quale era finito senza accorgersene.
In piazza della Scala, una cinquantina di persone, militanti di Cambiare Rotta, Rifondazione comunista e Potere al Popolo, spingono per entrare a Palazzo Marino, respinte dalla polizia. Dentro si consuma una giornata che, nata drammatica, finisce stanca. Hanno tutti voglia di ripartire e di lasciarsi alle spalle questi ultimi giorni. Il nome del nuovo assessore tiene banco. Mancano 18 mesi o poco più al termine del mandato. Per il successore di Tancredi rischia di essere pochissimo tempo, ma per l’attuale Giunta è grasso che cola.


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22 luglio 2025 ( modifica il 22 luglio 2025 | 10:20)