di
Ruggiero Corcella

I dati dello studio Gobal Burden of Disease 2023, pubblicato su The Lancet. L’aspettativa di vita mondiale ha raggiunto 76,3 anni per le donne e 71,5 per gli uomini. Ma nei Paesi più svantaggiati dell’Africa subsahariana non supera i 62 anni. Tasso di mortalità in calo del 67% ovunque, ma i giovani muoiono di più. Le principali cause di morte restano cardiopatia ischemica, ictus e diabete

L’umanità non è mai stata così longeva, ma le disuguaglianze nella salute globale si stanno ampliando. È quanto emerge dal nuovo studio Global Burden of Disease (GBD) 2023, pubblicato su The Lancet e presentato al World Health Summit di Berlino. Realizzato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington, lo studio — il più vasto e dettagliato mai condotto: analizza oltre 375 malattie e 88 fattori di rischio in 204 Paesi e territori. 

Un ritratto in chiaroscuro

Il risultato è un ritratto complesso e in chiaroscuro: da un lato, l’aspettativa di vita globale è aumentata di oltre 20 anni dal 1950, arrivando a 76,3 anni per le donne e 71,5 per gli uomini; dall’altro, emergononuove crisi tra adolescenti e giovani adulti, colpiti da tassi crescenti di mortalità per suicidio, abuso di sostanze e malattie croniche. Inoltre, le malattie non trasmissibili (NCD) rappresentano ora quasi i due terzi della mortalità e della morbilità totali del mondo, con cardiopatia ischemica, ictus e diabete in testa al mondo. I ricercatori stimano inoltre che quasi la metà di tutte le morti e disabilità potrebbero essere prevenute modificando alcuni dei principali fattori di rischio, come la riduzione degli alti livelli di zucchero nel sangue e l’alto indice di massa corporea (BMI). 



















































Quanto viviamo in media? Vent'anni di più. Ma aumentano i decessi tra i giovani e cresce la disuguaglianza sanitaria globale

Un campanello d’allarme

«La rapida crescita dell’invecchiamento della popolazione mondiale e l’evoluzione dei fattori di rischio hanno inaugurato una nuova era di sfide per la salute globale», sottolinea Christopher Murray, direttore dell’ Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) presso la University of Washington School of Medicine. «Le prove presentate nello studio Global Burden of Disease sono un campanello d’allarme, che esorta i governi e i leader sanitari a rispondere rapidamente e strategicamente alle tendenze inquietanti che stanno rimodellando le esigenze di salute pubblica».

Un patrimonio prezioso per interventi di prevenzione

Come interpretare i nuovi dati sulla «salute globale»?  «È un mondo che cambia, e globalmente migliora, se ci si basa su indicatori quali tasso di mortalità e anni vissuti in disabilità – risponde Gianni Rezza, professore di Igiene e Sanità Pubblica, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano -. Le malattie non comunicabili prendono il sopravvento sulle tradizionali malattie della povertà (quali le malattie infettive e le cause materno-neonatali), favorite dalla presenza di fattori di rischio spesso legati ai comportamenti. Da sottolineare a questo proposito come, anche all’interno di società opulente, tali fattori di rischio siano di più comune riscontro in strati poveri o marginali della popolazione. Infine, da non sottovalutare l’aumento dei disordini mentali».
«Bisogna tenere bene a mente i cambiamenti che caratterizzano questa fase di transizione epidemiologica nelle cause di mortalità e disabilità se si vogliono programmare a livello globale adeguati interventi di prevenzione, per raggiungere gli obiettivi prefissati nell’ambito dei Sustainable Development Goals», aggiunge.

Al lavoro 16.500 scienziati e ricercatori

Il team del dottor Murray presso l’IHME e la sua rete di collaboratori GBD di 16.500 scienziati e ricercatori hanno raccolto e analizzato dati e prodotto stime per 375 malattie e lesioni e 88 fattori di rischio per età e sesso a livello globale, regionale e nazionale per 204 paesi e territori e 660 località subnazionali dal 1990 al 2023, rendendo il GBD la ricerca più completa che quantifica la perdita di salute. Per l’ultimo aggiornamento sono state utilizzate oltre 310mila fonti di dati totali, il 30% delle quali nuove per lo studio di quest’anno. Include 1.211 anni-posizione di dati provvisori di registrazione anagrafica di tutte le età, che non erano stati utilizzati in precedenza e che forniscono informazioni più tempestive. Le valutazioni della salute globale delineate in tre capstones peer-reviewed coprono aree critiche del GBD: un’analisi demografica, le cause di morte e il peso di malattie, lesioni e fattori di rischio

global burden of disease

Meno morti nel mondo, ma più decessi tra i giovani

Dal 1950 a oggi, il tasso di mortalità standardizzato per età è diminuito del 67% a livello globale. Tutti i Paesi, senza eccezione, hanno registrato cali e l’aspettativa di vita globale è tornata ai livelli pre-pandemia a 76,3 anni per le femmine e 71,5 anni per gli uomini, che è più di 20 anni in più rispetto al 1950. Nonostante questi progressi, permangono forti differenze geografiche, con un’aspettativa di vita che va da un massimo di 83 anni nelle regioni ad alto reddito a un minimo di 62 anni nell’Africa subsahariana

Eppure, il rapporto dell’IHME evidenzia una tendenza allarmante: negli ultimi dodici anni (2011-2023), i decessi tra i giovani di 20-39 anni sono aumentati in Nord America e America Latina — soprattutto a causa di suicidio, overdose di droga e alcol. Nello stesso periodo, i decessi nella fascia di età 5-19 anni sono aumentati nell’Europa orientale, nel Nord America ad alto reddito e nei Caraibi. Durante l’intero periodo di studio, il numero di morti infantili è diminuito più che per qualsiasi altra fascia di età. Dal 2011 al 2023, l’Asia orientale ha registrato la maggiore diminuzione del 68% del tasso di mortalità per la fascia di età inferiore ai 5 anni grazie a una migliore alimentazione, ai vaccini e a sistemi sanitari più forti. 

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In Africa subsahariana, invece, le principali cause restano malattie infettive, tubercolosi e lesioni accidentali. Le giovani donne africane (15-29 anni) hanno registrato una mortalità del 61% superiore alle stime precedenti, in gran parte legata a mortalità materna, incidenti stradali e meningite.

La classifica delle malattie croniche più «mortali»

Le cause di morte si stanno spostando dalle malattie infettive a quelle non trasmissibili (NCD), creando nuove sfide per la salute globale, in particolare per i paesi a basso reddito. Dopo essere stata la principale causa di morte nel 2021, il COVID-19  – che, ricordiamolo, ha causato 18milioni di morti dal 2019 al 2023 – è precipitato al 20° posto nel 2023.
Le prime posizioni sono tornate a essere occupate da malattie croniche:
1. Cardiopatia ischemica
2. Ictus
3. Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
4. Infezioni delle basse vie respiratorie
5. Disturbi neonatali
Nel complesso, le malattie non trasmissibili — cardiopatie, ictus, diabete, cancro, Alzheimer — rappresentano quasi due terzi dei decessi globali.
Dal 1990, i tassi di mortalità per diabete e malattie renali croniche sono in costante crescita, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito.

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GBD (The Lancet-IHME)

Disuguaglianze profonde tra Nord e Sud del mondo

Nel 2023, l’età media alla morte è di 62,9 anni, ma la forbice geografica resta enorme: 80,5 anni per le donne nei Paesi ad alto reddito contro 34,8 anni per gli uomini nell’Africa subsahariana.
La probabilità di morire prima dei 70 anni è diminuita ovunque, ma resta elevata nei Paesi poveri per malattie croniche non trattate, e in crescita nei Paesi ricchi per disturbi legati a droghe e salute mentale.

Quasi metà dei decessi è prevenibile

Un dato colpisce più di tutti: quasi il 50% delle morti e delle disabilità nel mondo è prevenibile. Lo studio individua 88 fattori di rischio modificabili, tra cui i primi 10 sono: ipertensione arteriosa, inquinamento atmosferico da particolato, fumo, glicemia elevata, basso peso alla nascita e gravidanza anticipata,  indice di massa corporea alto, colesterolo LDL alto, disfunzione renale, ritardo della crescita infantile ed esposizione al piombo. 

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GBD (The Lancet-IHME)

Tra il 2010 e il 2023, i tassi DALY di BMI  (Indice di massa corelevato sono aumentati di quasi l’11%, l’uso di droghe di quasi il 9% e la glicemia alta del 6%.
Il piombo, in particolare, è tornato sotto i riflettori: nuovi modelli di analisi lo collegano direttamente a malattie cardiovascolari. Nonostante sia stato eliminato dai carburanti, resta presente in vernici, acqua contaminata, spezie e utensili da cucina.

Clima, inquinamento e nuove vulnerabilità

I rischi ambientali si confermano tra i principali determinanti di salute.
L’inquinamento da particolato è il secondo fattore di rischio globale, con tassi più elevati in Asia meridionale, Africa subsahariana e Medio Oriente.
Le alte temperature aggravano la situazione in regioni già fragili come il Sahel, dove la crisi climatica alimenta insicurezza alimentare e migrazioni forzate.

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GBD (The Lancet-IHME)

Emergenza mentale globale: ansia e depressione in aumento

I problemi legati alla salute mentale sono aumentati vertiginosamente, con i disturbi d’ansia in aumento del 63% e i disturbi depressivi del 26%. Inoltre, l’abuso sessuale e la violenza da parte del partner sono stati identificati come fattori prevenibili che contribuiscono alla depressione, all’ansia e ad altre conseguenze sulla salute.

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GBD (The Lancet-IHME)

Bambini e adolescenti: i rischi cambiano con l’età

Nel 2023, i principali rischi per la salute dei bambini sotto i 5 anni restano la malnutrizione infantile e materna, l’inquinamento atmosferico e l’acqua e igiene non sicure.
Per i bambini e adolescenti (5-14 anni), domina la carenza di ferro.
Per i giovani adulti (15-49 anni), i rischi principali sono rapporti sessuali non protetti, infortuni sul lavoro, obesità e fumo.
Dai 50 anni in su, torna protagonista l’ipertensione.

Un invito all’azione globale

Il Global Burden of Disease 2023 non è solo un esercizio statistico. È un manifesto per la salute globale del XXI secolo che invita governi, organizzazioni e istituzioni a rivedere le priorità sanitarie, spostando l’attenzione non solo sui bambini, ma anche su adolescenti e giovani adulti, troppo spesso dimenticati dalle politiche di salute pubblica. «Decenni di lavoro per colmare il divario nelle regioni a basso reddito con persistenti disuguaglianze sanitarie rischiano di sgretolarsi a causa dei recenti tagli agli aiuti internazionali»,  conclude Emmanuela Gakidou, autrice senior e professoressa presso l’IHME. «Questi Paesi fanno affidamento sui finanziamenti sanitari globali per le cure primarie, i farmaci e i vaccini salvavita. Senza di esso, il divario si allargherà sicuramente».

12 ottobre 2025