La notizia della morte di Diane Keaton, scomparsa all’improvviso a 79 anni, ha scosso Hollywood come poche altre. Non solo per la grandezza dell’attrice – un’icona capace di attraversare cinque decenni di cinema senza mai ripetersi – ma per ciò che rappresentava: una forma rara di autenticità, di libertà intellettuale e di ironia che non cercava consenso.
Tra le prime a ricordarla, Jane Fonda, sua amica e compagna di set in più di un’occasione, che in un messaggio pubblicato sui social ha scritto parole semplici e vere, senza giri di parole, proprio come era Diane: «È difficile da credere… o da accettare… che Diane se ne sia andata. È sempre stata una scintilla di vita e di luce, sempre pronta a ridere delle proprie debolezze, infinitamente creativa, nella recitazione, nel modo di vestire, nei libri, nelle amicizie, nelle case, nella sua biblioteca, nella sua visione del mondo. Unica, è questo che era. E, anche se non lo sapeva o non lo avrebbe mai ammesso, accidenti se era una grande attrice».
Una dichiarazione che restituisce, più di qualsiasi necrologio, la complessità e l’intensità di una donna che ha fatto del disordine una forma d’arte e dell’indipendenza un manifesto.
Diane Keaton non era solo Annie Hall o la straordinaria attrice di molti grandi film di Woody Allen. Era una mente curiosa, un’esteta, una collezionista di mondi. Amava l’architettura, la fotografia, i cappelli a tesa larga e quella distanza ironica con cui guardava sé stessa.
Hollywood, oggi, le deve molto: l’idea che una donna possa essere protagonista senza doversi piegare, che l’eccentricità sia una forza, e che la vulnerabilità – come la risata – resti il modo più vero di stare al mondo.
Come scrive Jane Fonda, Diane era davvero «una scintilla di vita e di luce». E la sua luce continuerà, inevitabilmente, a brillare.