Giulio Rapetti, conosciuto semplicemente come Mogol, è uno dei più grandi autori della musica italiana, con una carriera lunga oltre sessant’anni e migliaia di canzoni al suo attivo. In un’intervista pubblicata anche su «7» e sul sito del Corriere della Sera, Mogol ha raccontato la sua vita, le paure di bambino, la sua infanzia milanese, la nascita di capolavori come I giardini di marzo, e il rapporto con Lucio Battisti, una delle coppie più geniali della musica italiana.

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Non sono un «paroliere»

Mogol ha ribadito con forza di non voler essere definito “paroliere”. «Paroliere è un termine un po’ circense e riduttivo — dice —, per me è un po’ un’offesa, non è il termine giusto. Io sono un autore, uno che scrive testi, uno che fa i testi delle canzoni. Mi piace dire “lyrics writer”, come dicono gli inglesi, o artigiano della prosodia. Perché la scrittura di una canzone non è poesia, non è letteratura, è una cosa molto tecnica, si lavora molto sulla metrica, sulla scansione degli accenti, sulla struttura. La parola nella canzone deve essere detta, portata dalla musica, deve arrivare dritta al cuore».