Cena a tema, menù fisso. La Manovra si scrive – per ora a matita – a casa Meloni. Otto di sera, quartiere Eur, Roma. La premier apre le porte ai leader del centrodestra. Arrivano alla spicciolata. Matteo Salvini, Antonio Tajani, Maurizio Lupi. E poi chi ha in mano i cordoni della borsa: Giancarlo Giorgetti, seguito dal viceministro con delega al Fisco Maurizio Leo. Tutti accolti con un cordiale avviso ai naviganti: «Le risorse non sono infinite, dobbiamo chiudere in fretta».

LA QUADRA

Tocca trovare una quadra politica prima che la finanziaria, insieme al Documento programmatico di bilancio, atterri domani in Cdm. Taglio dell’Irpef, rottamazione delle cartelle esattoriali, assegno unico per le famiglie fino alla possibilità prima . E ancora: un contributo dalle banche, volontario sulla carta, nei fatti un po’ meno, per dare ossigeno alla legge di bilancio. Vaste programme. Ammesso che si possa fare tutto. Ancora una volta, dopo il vertice di mercoledì scorso, i leader arrivano al tavolo imbracciando le bandierine di partito. Salvini ne agita due. La Lega vuole una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali – pardon, “pace fiscale” – e la vuole estesa il più possibile. Ovvero, senza una “fee” da far pagare a chi decide di venire a patti col Fisco italiano. L’ha proposta Fratelli d’Italia: un acconto del 5 per cento da pagare subito per chi ha un debito con lo Stato. E sempre la premier e il partito di via della Scrofa, per non “sbracare” sui conti, chiedono di restringere la platea dei beneficiari della rottamazione. Tenendo fuori, per esempio, i “recidivi”, chi ha aderito alle scorse tornate e poi non ha versato quanto dovuto. Prevale la linea prudente, targata Meloni. La rottamazione si farà ma sarà formato mini: servono paletti stringenti, altrimenti le coperture saltano. La stessa cautela è imposta sulla battaglia leghista per le pensioni. Salvini ha studiato la proposta con il fedelissimo Claudio Durigon. L’idea è restringere il più possibile l’aumento dei requisiti per andare in pensione che scatterà in automatico dal primo gennaio del 2027, tenendo fuori dallo scatto in avanti di tre mesi categorie come i lavoratori precoci o chi svolge lavori usuranti. Ma anche su questo arriva nei fatti una frenata dal tandem Giorgetti-Meloni. Tajani porta al tavolo la battaglia di Forza Italia per il taglio dell’Irpef. Questione sensibile per la premier che sul sostegno al ceto medio vuole imperniare l’agenda economica del governo in vista delle prossime politiche. Di nuovo, c’è il nodo coperture. Probabile che lo sgravio fiscale si fermi ai redditi fino a 50mila euro. Portarlo fino a 60mila, come chiedono gli azzurri, costa troppo: più di due miliardi di euro extra. Prende forma insomma un’altra Manovra prudente. Complice, come ha ricordato ieri Meloni ai suoi ospiti, il contesto in cui ci si muove. Da un lato la cautela obbligata dai vincoli europei, dall’altro la zavorra dell’aumento delle spese per la Difesa – richiesto da Trump e dalla Nato – che incombe sui conti pubblici. Una parte del colloquio a casa della premier è dedicata al nodo forse più intricato. La tassa sulle banche. O “contributo”, a seconda delle prospettive. Leo arriva al vertice con una risma di fogli. Con Giorgetti si vagliano più opzioni. Tajani alza il muro di Forza Italia: vietato aumentare le tasse alle banche. Che fare allora? Si andrà verso una soluzione concordata, così ordina Meloni alla vigilia del nuovo confronto fra governo e Abi. Tra le ipotesi al vaglio in queste ore, riferiscono fonti qualificate al Messaggero, è abbassare la tassa – oggi al 40% – che le banche devono pagare se vogliono distribuire agli azionisti le riserve accantonate dal 2023 in poi, quando il governo con la cosiddetta tassa sugli extraprofitti diede agli istituti di credito una doppia opzione: versate la tassa o accantonare le riserve, bloccandone la distribuzione. In altri termini, abbassando la tassa il governo punterebbe a invogliare le banche a distribuire le riserve sotto forma di dividenti e si garantirebbe un gettito extra. Ma restano tante incognite. Il contributo sarebbe, ancora una volta, volontario. E se nei giorni la speranza era di recuperare tre miliardi di euro, nella serata di ieri circolavano voci di un contributo vicino ai 5 miliardi per il settore.

WELFARE

Capitolo famiglia. Cresce in queste ore il desiderio di potenziare gli interventi già previsti. Il pacchetto, già nelle prime stime del Mef, potrebbe sfiorare il miliardo, confermando e rafforzando misure esistenti come il congedo parentale, il bonus per le mamme o le detrazioni fiscali col quoziente familiare. Ma nelle ultime ore si profila un intervento più ambizioso sull’assegno unico, mentre si vuole far uscire dal calcolo dell’Isee la prima casa.


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