«Quando ebbi il ruolo in The Social Network
​avevo 19 anni e già mi mantenevo da sola»

Da adolescente ha compreso che i suoi stavano solo cercando di proteggerla?
«Non ho avuto scelta, il loro è stato un “no” categorico. Certo, da adolescente volevo lavorare, anche perché gli agenti di mia madre cercavano sempre di mandarmi progetti. A sedici anni ho letto la sceneggiatura di Juno e ho pensato “Oh mio Dio, ti prego, posso fare un’audizione?”. Ma non me l’hanno permesso, e va benissimo così, Elliot Page era perfetta per il ruolo. Mi dissero anche che se non fossi andata al college mio padre mi avrebbe “tolta dal libro paga”. Ho risposto “Ok”, e non ci sono andata».

E cosa ha fatto?
«Ho iniziato a lavorare e a mantenermi da sola, ho ottenuto il ruolo in The Social Network a 19 anni, poi lo abbiamo girato quando ne ho compiuti 20».

Finchè non è arrivato il giorno dell’audizione per Cinquanta sfumature di grigio, e il ruolo di una studentessa sedotta da un magnate e dai suoi desideri erotici. Com’è stato il lungo processo di selezione e come si è sentita quando le è arrivata la conferma che il ruolo era suo?
«È stato tutto completamente folle. Ero giovane, avevo 23 anni quando ho fatto l’audizione. All’epoca la sceneggiatura era scritta da Patrick Marber, che è uno dei miei sceneggiatori preferiti. Mi sembrava incredibile! Stavo imparando tantissimo, non avevo mai visto 9 settimane e ½ prima di fare l’audizione: mi avevano dato i film di riferimento per capire il tono di ciò che stavamo per realizzare».

Poi?
«È diventato un progetto molto diverso da come era all’inizio, ma c’era ancora la regia di Sam Taylor-Johnson e mi fidavo molto di lei. Alla fine, fra tutti i nomi annunciati per il coprotagonista, hanno scelto Jamie (Dornan; ndr), e tutto credo sia finito come era stato pensato, ma è stata un’esperienza intensa per una giovane. Quando uscì la notizia c’era il mio nome in sovrimpressione come “breaking news” sulla Cnn».

Più di un miliardo di dollari guadagnati al botteghino, l’intera trilogia l’ha catapultata nel successo mondiale. Forse anche se aveva già visto molto grazie ai suoi genitori, viverlo in prima persona dev’essere stato diverso… Come si riesce a stare con i piedi per terra?
«Essere così immersa in questo settore significa aver visto da vicino tutte le sue falsità, e per questo motivo non ci casco. Non credo di essere superiore a nessuno, non penso che girare film significhi salvare il mondo. Credo però che il cinema possa toccare il cuore delle persone, ed è questo, alla fine, ciò che per me conta davvero».

Sua madre ha detto di lei: “Sembra aver fatto tesoro dei miei errori e anche di quelli di sua nonna, Dakota è molto meglio di noi due”. Come è diventata la donna matura che sembra essere sempre stata?
«Sono stata esposta a tantissime cose diverse, non sono cresciuta in una piccola bolla privilegiata. Ho dovuto affrontare molte questioni familiari private, davvero intense. Troppo, a volte, per una bambina. Mi riferisco alla dipendenza da alcol e droghe, e a tutto ciò che comporta, argomenti da adulti con cui un bambino non dovrebbe avere a che fare. Ma tutto questo mi ha insegnato che la vita è fatta di alti e bassi, e che più riesci a restare fedele a te stessa, più impari a prenderti cura delle persone che ti circondano e a permettere anche agli altri di prendersi cura di te».

Le saranno arrivati molti copioni, dopo il successo internazionale, come ha scelto la sua direzione?
«Stavo girando Cinquanta sfumature quando Scott Cooper mi chiese se potevamo incontrarci per Black Mass – L’ultimo gangtser, e io pensai: “Certo che sì, ovvio che accetterei di interpretare la moglie di Johnny Depp in un film!”, nonostante fossi troppo giovane per quel ruolo. Ma l’ho fatto lo stesso. In quel periodo mi arrivavano anche proposte un po’ strane, ma ho cercato di restare soltanto fedele a me stessa».

È stato più un vantaggio portare il suo cognome, oppure è stato anche difficile perché voleva costruirsi una strada tutta sua?
«È stato difficile, credo ci sia sempre quella sensazione ovvia del tipo “Ah, pensi di poter fare questo lavoro solo perché lo fanno i tuoi genitori?”».

C’è un personaggio particolare, interpretato da sua madre o da suo padre, o da Antonio Banderas, che l’ha sempre ispirata e che vorrebbe interpretare anche lei?
«Da sempre vorrei essere Zorro, ed era una vita che aspettavo mi facessero questa domanda… Antonio ha interpretato ruoli davvero straordinari, non posso mentire. Desperado, per dirne uno. In realtà però non ho mai pensato a nessun altro ruolo della sua carriera. Ma quelli di mia madre… è strano perché è mia madre, quindi se penso a un film, è complicato»