I cibi ultra-processati spesso costituiscono una parte preponderante della nostra alimentazione. E a volte, a furia di concedersi snack, dolciumi, prodotti industriali e simili, si può sviluppare un’autentica dipendenza, senza nemmeno accorgersene. Un problema che nasce dall’esposizione precoce a questi alimenti, e che riguarda principalmente le generazioni cresciute a partire dagli anni ‘70-’80, per le quali questa forma di dipendenza è più diffusa di quella da alcol o da tabacco, come rivela uno studio pubblicato di recente sulla rivista Addiction.
I cibi ultra processati
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Una cambio generazionale
L’America è stato il primo paese ad introdurre massicciamente i cibi ultrapro-cessati nella dieta della popolazione, seguiti a stretto giro dalla maggior parte del mondo occidentale. La conversione agli alimenti industriali, ricchi di additivi, conservanti, sale e grassi, è andata in scena a cavallo tra anni ‘70 e ‘80.
Questo particolare offre una possibilità interessante per studiare l’epidemiologia della dipendenza da cibi ultra-processati: i 50-60enni di oggi sono cresciuti in mezzo a questo periodo di cambiamento, bombardati di pubblicità e circondati di alimenti ultra-processati, mentre i 70-80enni erano già entrati nella vita adulta e realisticamente erano più attrezzati per resistere al richiamo di questi alimenti. L’ipotesi era quindi che la dipendenza da cibi ultra-processati sia più comune tra gli adulti della cosiddetta generazione X e tra i baby boomer più giovani, e molto più rara in età più avanzata. E lo studio, in effetti, lo ha confermato.
La ricerca
Lo studio è stato realizzato raggiungendo con interviste telefoniche oltre duemila over 50 americani, selezionati per essere rappresentativi dell’intera popolazione. Per determinare una diagnosi di dipendenza da cibi ultra-processati, i ricercatori hanno usato uno strumento validato per le diagnosi cliniche, la modified Yale Food Addiction Scale 2.0 (mYFAS 2.0), e hanno poi raccolto informazioni su altri aspetti socioeconomici e biografici dei partecipanti, per identificare potenziali trend che andassero al di là delle semplici differenze anagrafiche.
I risultati dell’analisi hanno concluso che il 21% delle donne e il 10% degli uomini tra i 50 e i 65 anni di età ha una relazione con i cibi ultra-processati compatibile con una diagnosi clinica di dipendenza. Guardando agli over 65, invece, la situazione è ben diversa: solo il 12% delle donne e il 4% degli uomini soddisfa i criteri per una diagnosi di dipendenza.