La Confederazione italiana agricoltori (Cia) ha pubblicato i dati dell’ultimo raccolto delle nocciole, che si è concluso nelle scorse settimane. L’Italia è uno dei grandi produttori mondiali di questo frutto, ma l’intera filiera sta vivendo un periodo di difficoltà dovuto a fattori climatici e ambientali che stanno danneggiando le piante.

La produzione di nocciole a livello nazionale è calata del 40% rispetto alla media storica, passando da 120mila tonnellate a 70mila. Anche nel 2024 e nel 2023 si erano registrati cali simili. A risentirne, dice la Cia, sarà principalmente la l’industria dolciaria, che utilizza le nocciole in molti prodotti.

Il calo della produzione delle nocciole

La produzione italiana di nocciole ha subito un calo in tutto il Paese. Le due grandi aree da cui proviene buona parte del raccolto italiano, il Lazio e il Piemonte, hanno registrato entrambe gravi difficoltà alla fine del raccolto:

  • in Lazio la produzione è calata del 70%, passando da 50mila tonnellate a 20mila tonnellate;
  • in Piemonte la resa è passata dai 20 quintali per ettaro attesi a soli 5 quintali.

I danni stimati sono tra i 150 e 200 milioni di euro di euro solo in Piemonte, concentrati principalmente nel Viterbese. Contrastare le perdite aumentando l’estensione coltivata, oltre che costoso, è anche inefficace nel breve periodo, spiegano gli agricoltori.

Per arrivare a resa, il nocciolo impiega infatti almeno sette anni. Per affrontare la crisi, la Cia ha chiesto un tavolo nazionale per coordinare le moltissime realtà locali presenti nella filiera.

Le ragioni del calo: clima e parassiti

Buona parte degli agricoltori impegnati nella raccolta delle nocciole sono concordi nel dare al clima degli ultimi anni la colpa dei cali della produttività delle loro piante. Andrea Rigoni, presidente e Ad dell’azienda alimentare Rigoni di Asiago, ha dichiarato a La Stampa:

Quello che un tempo era un’eccezione, una gelata o una malattia, sta diventando quasi una regola. Vale per la nocciola, ma non solo. Quest’anno c’è stato un raccolto scarsissimo di frutta in tutta Europa, a partire dalle ciliegie alle albicocche, o alla frutta selvatica.

A danneggiare le piante è però anche la cimice asiatica, sempre più diffusa, e la presenza di una malattia batterica che si sta diffondendo in tutto il Paese.

La ragione del calo però sembra essere prima di tutto il cambiamento climatico, che non sta risparmiando nessun Paese dell’emisfero boreale dove vengono coltivate le nocciole. Anche la Turchia, primo produttore mondiale, ne sta subendo le conseguenze. Sta invece emergendo il Cile, che ha scalzato l’Italia dal secondo posto.

Prezzi verso il raddoppio, gli effetti sui dolci

La diminuzione del numero di nocciole prodotte ha un effetto diretto sui prezzi.

Oggi le quotazioni oscillano tra i 600 e i 650 euro al quintale, ma in futuro, prevedono gli agricoltori, lo scenario più probabile è quello di un raddoppio dei costi. La tendenza è confermata dai dati sul prezzo a punto resa, un parametro che calcola quanto frutto (gariglio) ci sia all’interno di un guscio. Dai 7,60 euro del 2023 si è passati a 14 euro nel 2025.

Secondo Nicoletta Ponchione, responsabile di Piemonte Asprocor, la situazione avrà effetto soprattutto sui prezzi dei dolci, come avvenuto per il cacao:

Per ora i nostri clienti continuano a fare ordini, ma ci sarà un adeguamento dei listini, così come è successo con il cacao. L’appeal sul mercato dei prodotti alla nocciola è molto alto, ma la mandorla sta diventando sempre più competitiva e potrebbe attrarre a sé una parte dei consumi.