di
Rossella Burattino
Milano ritorna sotto i riflettori dell’Esposizione universale. Bronzo per gli Emirati Arabi Uniti, sempre opera di Rimond (che in totale ne ha costruiti 10 in Giappone). Il fondatore Giuseppe Chiarandà: «È come aver vinto l’Oscar»
Milano ritorna sotto i riflettori dell’Esposizione universale. Due tra i padiglioni più spettacolari di Expo Osaka 2025, quello dell’Arabia Saudita e quello degli Emirati Arabi Uniti, portano la firma di Rimond, società italiana di ingegneria e project management con sede a Milano. Sono stati premiati rispettivamente con l’oro e il bronzo nella categoria «Architettura e Paesaggio» alla cerimonia dei «Bie Day awards» dell’Expo 2025 Osaka Kansai.
Dietro questi successi c’è la figura di Giuseppe Chiarandà, fondatore e anima tecnica di Rimond. Dopo aver contribuito a Expo Milano 2015 e a Expo Dubai 2020, l’ingegnere e il suo team (multietnico) hanno affrontato la nuova sfida in Giappone, con dinamiche di lavoro e codici strutturali completamente diversi: «È come se avessimo vinto l’Oscar per il miglior film — dichiara Chiarandà, commentando i premi —. Questa è stata il nostra terza Expo, ma particolarmente sfidante: realizzare sei padiglioni sull’isola artificiale di Yumeshima, rispettando tempi stretti e con collegamenti difficili, in un contesto come quello giapponese, dove le risorse umane sono limitate. Per questo motivo abbiamo deciso di “reclutare” ingegneri giapponesi in pensione, si sono appassionati ai nostri progetti e hanno deciso di supportarci nella realizzazione. Integrare le nostre persone con un team locale, comprendere la supply chain nipponica e rispettare i regolamenti è stato un esercizio di collaborazione internazionale senza precedenti».
Il padiglione saudita rappresenta una fusione raffinata tra identità culturale, architettura contemporanea e pratiche ambientali all’avanguardia. Progettato dall’archistar inglese, Norman Foster, è concepito come un microcosmo urbano, ispirato alle strutture dei villaggi tradizionali. «Le pareti degli edifici sono in lastre di pietra limestone su fogli di alluminio e disposte a nido d’ape per richiamare l’architettura vernacolare saudita — racconta Chiarandà —. Per realizzare la geometria delle facciate abbiamo studiato la formula di Georgij Voronoj, matematico russo di origini ucraine che cercava di “mettere ordine nel caos”. L’ingresso è segnato da un cortile verdeggiante, con vegetazione autoctona, che funge anche da filtro ambientale (protezione dal vento, attenuazione del sole) prima di introdurre lo spazio delle vie strette tipiche, fino al Saudi Courtyard, cuore del padiglione. Di giorno luogo contemplativo, di notte scenario per performance culturali».
Il progetto per il padiglione degli Emirati Arabi Uniti — affidato agli Asa architects & Structural engineers associates per la parte architettonica, con Rimond come partner tecnico per l’ingegneria e l’esecuzione — si inserisce nel distretto tematico «Empowering lives» dell’Expo. Qui tradizione, sostenibilità e ricerca tecnologica si intrecciano concretamente: «Gli elementi distintivi? Le 90 colonne-rachis alte 17 metri e larghe 2. Sono rivestite esternamente con lamelle di legno derivato da palma da dattero. È stato elaborato un sistema ibrido: alla finitura lignea si accompagna un’anima in acciaio per garantire solidità strutturale, durabilità e resistenza agli agenti. Il paesaggio esterno è pensato come zona di interazione tra estetiche ambientali emiratine e tradizione giapponese, con elementi di bosco ispirati ai boschi satoyama giapponesi (rovere, pini rossi), uso del pergolato in cedro, e uso di arredi e superfici che richiamano materiali naturali riciclati o rigenerati».
Con i riconoscimenti ottenuti a Osaka, Rimond (che ha costruito anche i padiglioni di Francia, Portogallo, Principato di Monaco e Paesi nordici) consolida il proprio ruolo tra le realtà italiane più autorevoli nel panorama internazionale dell’architettura e dell’ingegneria: «Ogni Expo è un laboratorio di idee e di collaborazione globale — spiega Chiarandà —. Questi premi sono il risultato di un lavoro collettivo che dimostra come la tecnologia italiana possa dialogare con culture diverse e contribuire a realizzare architetture che lasciano un segno».
rburattino@corriere.it
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14 ottobre 2025
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