Dal 7 agosto moltissime esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti sono soggette a dazi del 39 per cento, cosa che rende la Svizzera il paese europeo più colpito dai dazi decisi dal presidente statunitense Donald Trump. Molte aziende che esportavano negli Stati Uniti si sono trovate ad affrontare diversi problemi, perché i dazi hanno reso i loro prodotti enormemente più costosi per gli acquirenti statunitensi.

Ad agosto le esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti sono diminuite di un quinto rispetto a luglio – una riduzione molto consistente, in un settore in cui anche variazioni di pochi punti percentuali fanno preoccupare gli imprenditori – e secondo varie analisi nel medio-lungo termine i dazi rischiano di causare la perdita di migliaia di posti di lavoro. I dazi al 39 per cento sono «un peso che grava sull’intera economia», ha detto al Corriere del Ticino Damiano Casafina, amministratore delegato di una delle più famose aziende di orologeria svizzera, la ETA.

Tra i settori più colpiti c’è quello dei prodotti alimentari. Alcuni produttori di formaggi, come il groviera, hanno raccontato che la filiera è entrata in crisi dopo i dazi e che la produzione si è molto ridotta. Visto che c’è bisogno di meno latte del solito, al momento in Svizzera ce n’è troppo: per ridurre l’eccesso di produzione si calcola che gli allevamenti potrebbero uccidere fino a 25mila mucche. La stima è dell’associazione di categoria dei produttori di latticini.

Alcune aziende colpite dai dazi come Victorinox, che fabbrica i famosi coltellini svizzeri, stanno valutando se spostare la produzione in altri paesi: per esempio in Unione Europea, le cui esportazioni sono soggette a dazi inferiori, del 15 per cento, dopo una trattativa conclusa in estate da parte della Commissione Europea. A molte però non converrebbe sul piano dell’immagine: spostando la produzione perderebbero la certificazione di prodotto realizzato in Svizzera.

Altre aziende, come quelle che producono macchinari di precisione, non possono spostarsi perché il prodotto finale è il risultato del lavoro integrato di più aziende di un indotto che si trova in Svizzera, e non può essere semplicemente spostato all’estero.

Molte aziende, per ora, hanno semplicemente accettato il fatto che i loro prodotti costino di più sul mercato americano. Va anche detto che una parte di queste vende prodotti di lusso o comunque che erano già piuttosto costosi, e che venivano acquistati da persone per cui il prezzo non era così determinante. Tancrède Amacker, l’amministratore dell’azienda di cosmetici Cellcosmet, che vende l’11 per cento dei propri prodotti negli Stati Uniti, ha spiegato a Le Monde che il suo settore resiste meglio all’aumento dei prezzi, dal momento che i suoi clienti «possono permetterselo».

La presidente svizzera Karin Keller-Sutter durante un incontro con il cancelliere tedesco Frederich Merz a settembre

La presidente svizzera Karin Keller-Sutter durante un incontro con il cancelliere tedesco Friedrich Merz a settembre (Getty/Photo by Sean Gallup)

Gli Stati Uniti sono un mercato molto importante per la Svizzera: le esportazioni in territorio statunitense rappresentano circa l’8,3 per cento del PIL svizzero. Per ora l’aumento dei dazi sulle esportazioni svizzere non ha avuto un grosso impatto sulla disoccupazione, che continua a essere molto bassa (attorno al 2 per cento). Inoltre alcuni importanti prodotti come l’oro e i prodotti farmaceutici non sono stati ancora colpiti. Il governo svizzero, comunque, di recente ha previsto di aumentare la durata massima dell’indennità per lavoro ridotto, una forma di ammortizzatore sociale, portandola da 18 a 24 mesi, prevedendo che molte aziende saranno in difficoltà.

Tuttavia è probabilmente ancora un po’ presto per capire le conseguenze dei dazi statunitensi. Anche perché molte aziende, in previsione della loro entrata in vigore, avevano aumentato le esportazioni negli Stati Uniti nei mesi precedenti: di conseguenza negli Stati Uniti ci sono già scorte di prodotti arrivati prima dei dazi, e non c’è ancora bisogno di alzare i prezzi. Va anche detto poi che in questo momento esportare prodotti svizzeri negli Stati Uniti è difficile anche perché il franco svizzero ha un valore molto elevato rispetto al dollaro. Per gli acquirenti statunitensi, insomma, acquistare prodotti in Svizzera con l’attuale tasso di cambio franco-dollaro è piuttosto svantaggioso.

Il governo federale svizzero era stato colto un po’ alla sprovvista dalla decisione di Trump di approvare dazi così alti, che erano stati calcolati con l’idea di ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti, usando però formule molto discutibili e senza avere molto senso da un punto di vista economico. Un paese relativamente piccolo e che basa la sua economia sulle esportazioni (oltre che sul settore delle banche) esporterà sempre molti più prodotti in un paese enorme come gli Stati Uniti, rispetto a quelli che importerà dalle aziende statunitensi.

Dopo l’entrata in vigore dei dazi, la Svizzera ha cercato di ottenere un accordo commerciale con gli Stati Uniti, sperando di abbassarli: fino a ora, però, non c’è riuscita. Per cercare di sostenere le proprie esportazioni e il proprio commercio internazionale, la Svizzera ha concluso accordi commerciali con i paesi del Mercosur e con l’India: difficile, però, che bilanceranno i guai causati dai dazi decisi da Trump.