di
Giacomo Valtolina
L’archistar inglese Norman Foster : «San Siro icona senza tempo, ma il futuro va ridisegnato. Lo stadio è un po’ come una città, in continuo mutamento e figlio dell’incrocio di tante dinamiche diverse»
Alla domanda se sia mai stato a San Siro, lord Norman Foster stringe gli occhietti vispi. Quasi si schernisce: «Certo!». Poi declina l’esperienza: «Alzando gli occhi dal campo verso gli anelli di questa eroica e stupefacente struttura architettonica, si realizza all’istante come tutto ciò riguardi la performance, lo spettacolo». Qualcosa di totally timeless, senza tempo, antico «quanto la civiltà stessa».
È evocativo — o paradossale — che le prime parole sullo stadio di San Siro dell’archistar britannica, 90 anni e non sentirli, arrivino durante un incontro a tema «longevità», alla Triennale. La sua, quella del Meazza («nato negli anni 20 e poi riaggiornato negli anni 50 e 80/90 al mutare delle esigenze») e in generale quella di qualsiasi progetto architettonico che si rispetti. «Disegnare lo sconosciuto è il compito del progettista: anticipare con spirito ottimista». Il design è «essenza», non «stile, moda e cosmetica». Deve rispondere ai bisogni. «Noi dobbiamo mettere i semi, ma solo il tempo, poi, dirà se un’architettura avrà successo oppure no e sarà capace di diventare davvero classica».
Il processo creativo, «motore di ogni trasformazione», per il futuro di un simbolo tanto importante per i milanesi come San Siro, è infatti ancora agli inizi. Foster+partner se ne occuperà assieme allo studio Manica, specializzato in grandi impianti e con cui ha già lavorato su Wembley e lo stadio di Lusail per i Mondiali in Qatar 2024. Ora bisogna dare continuità alla storia del Meazza, con il suo (ancora misterioso) erede. «Il viaggio è incominciato». Lunedì gli architetti sono stati ricevuti dal sindaco Beppe Sala assieme ai presidenti di Inter e Milan e i rappresentanti dei fondi Oaktree e Redbird. «Stiamo iniziando a disegnare: vediamo cosa verrà fuori, è un momento eccitante e cruciale, una sfida difficile ma affascinante. Sarà un progetto che lascerà a bocca aperta — dice sornione —. Due squadre, due società, una città».
San Siro. Un’«icona straordinaria che esiste già», ma la cui longevità, appunto, è arrivata ormai al capolinea. «Ci sono lacune che rendono inevitabile il percorso verso un nuovo stadio — spiega l’architetto americano —, ma la storia e la memoria dovranno in qualche modo essere mantenute». Una partita delicata e complessa: «È normale visto le tante parti coinvolte, in primis i tifosi, che sono sempre di più e che hanno necessità in costante evoluzione. Lo stadio è un po’ come una città — precisa —, in continuo mutamento e figlio dell’incrocio di tante dinamiche diverse».
E se l’elogio della longevità è il cuore su cui si srotola il programma dell’evento «Next design perspectives» di Altagamma, fondazione che dal 1992 riunisce le imprese dell’eccellenza e del lusso, davanti ai «campioni del Made in Italy», ha senso riportare l’impianto filosofico in cui s’incastra la presenza di Foster sul palco con il presidente della Triennale Stefano Boeri. «Tutti vogliamo vivere a lungo, e meglio. Un mondo più sostenibile rende tutto più facile. Abbiamo i mezzi tecnologici, i dati e le competenze per migliorare l’esistenza». Il progresso, chiave per un mondo più giusto: «Nonostante quanto di orribile leggiamo tutti i giorni, la tecnologia permette a sempre più persone una maggiore qualità di vita». Tutto sulle spalle dei designer? «Serve un approccio multidisciplinare e forti leadership. L’imperativo è disegnare il futuro, consapevoli del passato. E oggi si tratta di creare ambienti flessibili, in sintonia con l’ecosistema e la natura, tanto minacciata quanto fonte di ispirazione. Si pensi a un albero attraverso le diverse stagioni della vita». Che comunque, come nel caso del Meazza, a un certo punto è destinata a finire.
Vai a tutte le notizie di Milano
Iscriviti alla newsletter di Corriere Milano
15 ottobre 2025 ( modifica il 15 ottobre 2025 | 08:57)
© RIPRODUZIONE RISERVATA