di
Cristina Ravanelli

L’opera, la prima sul tema, racconta la vita di chi affronta una patologia del miocardio: in Italia sono 100mila le persone interessate e la diagnosi può arrivare a qualsiasi età

Ha poco più di trent’anni, ma già può vantare un lungo curriculum: film, cortometraggi, spot, videoclip e un premio speciale come attrice emergente conquistato qualche anno fa alla mostra del cinema di Venezia. Ma questo, per Giorgia Fiori, è il ruolo più speciale: il suo. È infatti una delle protagoniste del docu Un cuore grande, scritto e diretto da Donatella Romani e Roberto Amato e proiettato nei giorni scorsi al Giffoni Film Festival,  festival cinematografico internazionale per ragazzi, e ora in streaming su La7. Si tratta del primo docufilm dedicato alle malattie che interessano il muscolo cardiaco (miocardio), alterandone la struttura e la funzione. Tra queste la cardiomiopatia ipertrofica è la forma più comune e può causare sintomi debilitanti e gravi complicazioni. Sono sensazioni ben conosciute dalle oltre 100mila persone che in Italia presentano questa forma di patologia cardiaca. Eppure, molte di loro non si sono fatte fermare da un’aritmia, da un arresto cardiaco rianimato, dall’impianto di un defibrillatore o da un trapianto di cuore.

«È fondamentale relazionarsi quanto prima con i ragazzi – spiega Giorgia Fiori – Gli incontri con le scuole sono importanti. A me è successo a 19 anni di scoprire la malattia, ma se mi fosse successo in classe nessuno sarebbe stato in grado di aiutarmi». Il momento della diagnosi «è molto delicato – evidenzia Samuela Carigi, cardiologa dell’ospedale Infermi di Rimini – perché dobbiamo far comprendere ai pazienti che insieme percorreremo un lungo percorso per gestire al meglio la patologia, un percorso in cui loro dovranno essere protagonisti, imparando a trovare un equilibrio fra i limiti della patologia e la possibilità, grazie anche all’innovazione terapeutica, di vivere una vita piena».



















































Le altre storie 

Un’altra protagonista, Cristina, racconta: «Ho scoperto da bambina la cardiomiopatia ipertrofica, a 12 anni. Non mi rendevo conto di quello che avevo. Con la mia indole ottimista ed entusiasta ho vissuto la mia vita sempre e allegra e felice. Quando mi sono resa conto dei sintomi, mi sono goduta ancora di più le cose che facevo e che vivevo. La malattia mi dà pensiero ma non ha modificato il mio approccio alla vita». Così Antonio: «Quando vieni a sapere che la tua malattia ha una origine di tipo genetica e che la stessa malattia a causa tua può essere stata trasmessa a figli o nipoti, questo crea un senso di colpa. Il referto negativo dell’indagine sui miei due ragazzi per me è stata una liberazione, la cosa più bella che mi è capitata in tanti anni».

A commuovere i ragazzi anche la testimonianza di Benedetta ed Enrica, moglie e figlia di un uomo che della malattia è rimasto vittima. «Già sapevo di voler fare il medico a tre anni. Inizialmente non avevo una chiara idea di quale fosse il problema di mio padre, ma so che a 5 anni non ho più potuto giocare con lui come prima. Quando è venuto a mancare è stato uno schiaffo in faccia, il crollo di tutte le mie certezze. Ho capito che il mio unico interesse era la medicina. Però non sono riuscita a fare quel passo in più per lavorare con persone come lui. Quindi ho scelto una strada un po’ diversa, faccio l’endocrinologa e diabetologa» racconta Enrica.

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Diagnosi a ogni età 

«Le cardiomiopatie sono malattie spesso familiari, ereditarie e possono essere diagnosticate in ogni fascia d’età – illustra Iacopo Olivotto, responsabile Centro Cardiomiopatie Aou Careggi e Meyer di Firenze e professore del Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’Università di Firenze – Vengono diagnosticate soprattutto in adulti tra i 30 e i 50 anni e sono responsabili di buona parte delle morti improvvise giovanili, di aritmie e più raramente, di trapianto di cuore. Soprattutto, sono spesso responsabili di scompenso cardiaco che è, al momento, la terza causa di ricovero ospedaliero in Italia. La più diffusa, la cardiomiopatia ipertrofica, si caratterizza per un ispessimento delle pareti del cuore ed è frequentemente provocata dalla presenza di alcune specifiche mutazioni genetiche che possono essere trasmesse anche ai figli».

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29 luglio 2025 ( modifica il 29 luglio 2025 | 16:28)