di
Andrea Pasqualetto

Il papà di Giulia: «Così denota una distonia interiore. Filippo va seguito»

Qualche secondo di silenzio: «È incredibile sta cosa. Non so cosa pensare…». Poi Gino Cecchettin si ferma, riflette, respira a fondo. Filippo Turetta rinuncia all’appello e accetta l’ergastolo e lui fatica a capire, a reagire ai continui colpi di scena che toccano Giulia. Negli ultimi mesi Cecchettin ha scelto di trasformare la sofferenza in impegno. Ha fondato la Fondazione Giulia Cecchettin, che porta il nome della figlia uccisa l’11 novembre 2023, e gira l’Italia per parlare di rispetto, libertà, amore. 

A Milano, pochi giorni fa, ha raccontato come il silenzio e la riflessione lo abbiano aiutato «a intuire tante cose» e a ritrovare, dentro di sé, uno spazio di pace: «Io sono vivo, amo la vita. Il dolore si può trasformare in amore, e l’amore può diventare vita». Ma ogni volta che il caso di Giulia torna d’attualità, il suo equilibrio viene messo alla prova. 



















































Cosa pensa di questa rinuncia da parte di Turetta?
«Sono perplesso. Sarà frutto di una meditazione personale… Allora, se rinuncia a un suo diritto, è perché vuole espiare la colpa in un certo modo. Posso capire tutto, ma denota anche una distonia interiore». 

Sembra quasi spiazzato. 
«Non me l’aspettavo. È una scelta che mi lascia proprio spiazzato. Non so cosa ci sia dietro, ma immagino che voglia trovare una forma di pace».

 Cambia qualcosa? 
«Dal mio punto di vista cambia ben poco. Non c’è nulla al mondo che possa farmi stare meglio». 

Sollievo o rabbia? 
«Né l’una né l’altra cosa. Io non potrò mai gioire di nulla, perché dietro c’è una tragedia troppo grande. Qualsiasi cosa succeda, io sono condannato a non rivedere Giulia». 

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Lei ha detto che Turetta «va seguito». Che cosa intende?
«Che serve qualcuno che lo accompagni in un percorso vero, dentro se stesso. Penso che vada seguito, che sia necessario stargli vicino». 

Si riferisce al percorso della giustizia riparativa, che finora come famiglia avete rinunciato ad intraprendere?
«Non è il momento. Non ci sono state scuse, né una richiesta di perdono. In queste condizioni mi sembrava strumentale». 

Un giorno disse che si era sentito sconfitto come uomo. Oggi?
«Il mio è un dolore che non passa. Anche in questo caso mi sento sconfitto. La società non dovrebbe arrivare a queste situazioni. È un fallimento collettivo, e io ci sono dentro come tutti gli altri». 

15 ottobre 2025 ( modifica il 15 ottobre 2025 | 11:15)