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Silvia Bonomi

di Monia Orazi

«Siamo soli contro l’epidemia di Blue tongue. Abbiamo il diritto di essere ascoltati, sostenuti, tutelati. Abbiamo il diritto a misure concrete, non solo  annunci fantasma. Abbiamo il diritto di non essere lasciati soli davanti a un disastro sanitario che non abbiamo né voluto né causato» così Silvia Bonomi di Ussita, allevatrice delle pecore di razza sopravissana dei Sibillini, che denuncia l’assenza di sostegno pubblico nella lotta alla bluetongue che colpisce le greggi. Lei le vaccinazioni le ha fatte a spese proprie, nessun piano di prevenzione regionale. Bonomi, ringrazia pubblicamente Paolo Mosca, veterinario che ha vaccinato il suo gregge contro la bluetongue sierotipo 8. La lingua blu o febbre catarrale è una malattia che colpisce prevalentemente gli ovini, non contagiosa per gli esseri umani, provocando alti tassi di mortalità nelle greggi.

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La denuncia dell’allevatrice è chiara: la Regione non ha organizzato alcun piano di prevenzione contro l’epidemia. «Spese su spese, paura di perdere gli animali, i sacrifici di una vita, i legami con la propria terra – dice Bonomi -. E stavolta non per una calamità, ma per una totale disorganizzazione», spiega Bonomi. L’allevatrice elenca una serie di mancanze da parte della Regione: «Nessun piano di prevenzione organizzato, tutto secondo libero arbitrio e soprattutto secondo le possibilità economiche del singolo. Nessun rimborso ufficiale, unica strategia promossa, i vaccini (ammesso che si trovino), e manco a dirlo: a proprie spese. Nessun sostegno per l’acquisto di repellenti, da applicare con cadenza regolare sugli animali. Nessuna disinfestazione pubblica, mirata, periodica, a ridosso delle aziende zootecniche ovine, bersaglio della malattia».

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Mosca aveva intuito la gravità della situazione già dieci mesi fa, creando autonomamente una scorta di vaccino per il sierotipo 8, quello più pericoloso. «Voglio ringraziarlo per essere venuto in azienda prima possibile, ed aver effettuato con estrema professionalità e rapidità la prima dose, che garantirà una concreta immunità ai nostri animali», spiega Bonomi.

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Bonomi ha dedicato la sua vita al recupero e alla conservazione di linee genetiche della razza sopravissana, alcune delle quali erano state dichiarate scomparse. «Qualora dovesse accadere l’irreparabile e questi animali dovessero contagiarsi e poi morire, non ce ne sarebbero altri con cui sostituire la perdita. Perché non sono animali allevati commercialmente e basta».

Nonostante le difficoltà, Bonomi non si arrende e lancia un appello ai colleghi allevatori della regione: se hanno difficoltà a reperire il vaccino, possono contattarla. «Siamo noi, da soli, a fronteggiare un’epidemia che ha già causato danni enormi, a nostre spese, con le nostre mani. Ma una cosa dev’essere chiara: non siamo fantasmi. Prepariamoci alla battaglia e se necessario sono pronta a portare le pecore a palazzo Raffaello. Uniti, si può» conclude l’allevatrice.