La stagione volge al termine e si iniziano a tracciare i primi bilanci. E nel “pianeta cronometro” il dominatore, senza se e senza ma, è stato Remco Evenepoel. Il belga ha conquistato il suo terzo mondiale consecutivo contro il tempo, esattamente come Michael Rogers, primo cronoman a conquistare tre titoli iridati di specialità consecutivi.
Al risuonare di questo nome, ci è venuta in mente una frase che ci disse nel 2022, commentando la delusione di Ganna dopo i mondiali di Wollongong del 2022, che chiuse al secondo posto dopo le due vittorie del 2020 e 2021.
E lui: «E’ proprio la testa il problema. Per preparare un grande evento come una crono ci vuole tanta energia mentale, anche e soprattutto nella fase di allenamento, perché è molto specifico. Non è facile. L’abbiamo visto. Io sono stato il primo, poi è arrivato Fabian Cancellara e poi Tony Martin. Eravamo tutti intorno a quel podio e io ho fatto fatica al quarto mondiale.
«Non avevo più la concentrazione o la grinta per spingermi così tanto nella fase di allenamento, come quando lottavo per vincere. Preparando il quarto, mi accorsi subito che non avevo la fame per fare fatica. Quasi vomitavo dopo ogni ripetuta».


Senza dover fare processi a nessuno, abbiamo ripreso questo discorso con Marco Pinotti. Stavolta il tecnico della Jayco-AlUla lo abbiamo sentito come ex cronoman per commentare questo concetto, in base alle sue esperienze. Davvero il tempo all’apice del cronoman è di 3-4 anni?
Insomma Marco, davvero la cronometro è una specialità così usurante?
Non si può dare una risposta univoca: dipende da come uno li distribuisce, questi anni, e da cosa fa nel mezzo. Secondo me non è detto che uno perda questa verve, anzi, magari può anche aumentare. Certo è che la cronometro impone una capacità di soffrire per un tempo continuo e prolungato che va anche allenata. E qui sta il bello.
Il bello per il cronoman…
Probabilmente quando un atleta fa fatica a soffrire a cronometro, fa fatica a soffrire anche nelle altre gare. Non è una cosa specifica del cronoman. Forse in una prova contro il tempo questi problemi si accentuano.


Perché?
Perché bisogna andare a toccare un livello di profondità, di sforzo e di sofferenza molto elevato. Uno sforzo che dopo un certo punto uno non ce la fa più. E’ quello che succede magari agli inseguitori che fanno i quattro chilometri da soli o a squadre. Sono discipline dure. Però, attenzione: non è solo questione della cronometro in quanto tale, perché se ci pensiamo bene magari il suo sforzo è paragonabile a quello di uno scalatore nella salita finale. Non è una cosa tanto differente come tipo di sforzo… almeno a livello fisico.
Però la gara è il termine di un percorso. Rogers parlava anche di allenamenti al limite del vomito. C’erano esercizi particolarmente stressanti che facevi?
Alcuni allenamenti specifici li facevo in pista, per una questione di sicurezza e di fattibilità in quanto a numeri e dati. Però ci sono allenamenti che venivano più facili in salita. Quando invece devi lavorare in pianura e raggiungere certi livelli, è vero che ci vogliono più convinzione e più grinta. Queste due capacità per me sono fondamentali.
Perché?
Perché se ti vengono a mancare, va bene un giorno o due, ma se è di più forse è il momento di cambiare mestiere o di prendersi una pausa.


Quali sono i lavori del cronoman che più lo svuotano?
Quando devi lavorare a velocità di gara in pianura, o nei lavori intermittenti. Esercizi che non sono specifici per lo sforzo, ma per aumentare l’efficienza sulla bici da crono. Perché ci sono lavori intermittenti che fai anche su strada, però con la bici da cronometro sono ancora più duri.
Come mai sono più duri?
Perché sei sul mezzo che ti deve dare il risultato e soprattutto perché sei in posizione. Sei schiacciato. La bici da cronometro è la bici “scomoda” per eccellenza. Già questo ti porta via altre psicoenergie, mettiamola così. Se devo fare cinque ore in bici è una cosa, se ne faccio tre a cronometro ad una certa intensità è un’altra.
Quando capisci che la concentrazione non è al top?
In gara lo capisci subito. Lo capisci già la mattina prima di partire, secondo me. Magari quelli sono anche i momenti in cui uno cade, sono i momenti in cui non riesci più a stare rilassato e focalizzato nello stesso momento.


Ti è mai capitato di avere un rifiuto della preparazione e di dire: «Basta, questo esercizio non lo voglio fare più»?
Sinceramente no. Può capitarti un periodo in cui fai più fatica ad allenarti, perché magari hai altre cose per la testa. A me è successo quando studiavo, per esempio. Ero ancora dilettante. Senti quella mancanza d’aria, ti senti assillato dagli impegni.
E come te la cavasti?
Mi sarei dovuto prendere una pausa. Adesso ho capito che era inutile provare a far tutto.
Uscendo dalla parte mentale, esiste invece un tempo fisiologico di massima espressione della performance per il cronoman?
Per me sì, ed è di 10 anni. Se ti gestisci bene, e intendo a 360 gradi, puoi essere al top per dieci anni.