La raccolta di racconti di Tony Tulathimutte, uscita in Italia per edizioni e/o nella traduzione di Vincenzo Latronico, è innovativa: ha nobilitato l’idea che Internet non sia più soltanto un tema della narrativa, ma una forma della narrazione stessa

C’è qualcosa di stranamente familiare nei personaggi di Rifiuto, l’acclamata raccolta di racconti di Tony Tulathimutte uscita in Italia per edizioni e/o nella traduzione di Vincenzo Latronico. Non tanto perché ci riconosciamo nei loro gesti, spesso grotteschi e iperbolici, quanto perché ci ricordano la materia invisibile che attraversa la nostra quotidianità: l’assenza di risposta, il messaggio lasciato in sospeso, l’eco di un tentativo di contatto. Il rifiuto, inteso in senso interpersonale, culturale e mediatico, smette di essere un episodio biografico e diventa un motore narrativo. È ciò che resta quando il desiderio non trova riscontro e si trasforma in ossessione, fino a imporsi come trama.

I racconti mettono in scena variazioni di questa stessa dinamica. C’è l’uomo che si proclama femminista e non regge la frustrazione di non essere desiderato. C’è la donna che da una cotta adolescenziale scivola in una spirale di controllo e perdita di sé. C’è il ragazzo che affronta tardi la propria sessualità e la deforma in fantasie sempre più estreme. C’è la voce che rifiuta ogni etichetta e costruisce intorno a sé una teoria del complotto pur di resistere all’incasellamento.

E infine c’è l’espediente meta-narrativo che chiude il libro, una lettera di rifiuto editoriale che mette in discussione l’autore stesso e la possibilità della scrittura. Non ci sono sviluppi lineari: piuttosto una costellazione di vite che girano attorno a un buco narrativo, l’impossibilità di essere accolti.

La struttura narrativa 

Psicosomatismi, auto-sabotaggi, mascolinità fragile, identità problematiche e micronicchie della rete. È da questo materiale che Tulathimutte trae le sue storie. Internet non è un semplice sfondo, ma la vera struttura narrativa. I dialoghi si svolgono nei forum, nei DM, nei thread che si moltiplicano senza chiudersi mai. I personaggi pensano con il ritmo del feed, ritornano sugli stessi messaggi, riscrivono mentalmente le conversazioni che non hanno avuto.

La prosa è magnetica, allo stesso tempo divertente e acuta. La lingua oscilla tra lo slang digitale e la precisione clinica, come se lo scrittore alternasse la voce di un post anonimo a quella di un referto. Deve essere stato un lavoraccio tradurlo e farlo rendere nel migliore dei modi in italiano: Vincenzo Latronico ha dovuto barcamenarsi tra una serie di abomini linguistici mescolando il linguaggio dei meme e quello della psicologia.

Sotto questo flusso di parole c’è sempre il corpo. Per quanto i personaggi cerchino di vivere attraverso lo schermo, è il corpo a ricordare i limiti: l’acne, la goffaggine, il sesso che non funziona, il desiderio che si inceppa. Se online tutto appare fluido e aggiornabile, il corpo resta fermo e ostinato. Le fantasie pornografiche che compaiono in alcuni racconti sono tentativi disperati di annullare il rifiuto, di immaginare scenari in cui il piacere diventa totale e incontestabile. Ma il sollievo dura un attimo.

La trappola

Leggere Rifiuto è un’esperienza ambivalente, perché il ridicolo nasconde sempre qualcosa di tragico. La scrittura di Tulathimutte costringe il lettore a misurarsi con la propria complicità e proprio per questo risulta onesta: ridiamo dei personaggi o con loro? Ci riconosciamo in quel dolore o preferiamo vederlo come una caricatura che non ci riguarda?

La forza del libro sta nell’aver nobilitato l’idea che Internet non sia più soltanto un tema della narrativa, ma una forma della narrazione stessa. Non raccontiamo la rete come elemento esterno: raccontiamo dentro la rete. E proprio per questo Rifiuto può risultare respingente. Perché restituisce la sensazione di scorrere senza fine, di muoversi in un flusso che non ha punti fermi, dove l’isolamento, la paranoia e il risentimento sono emozioni condivise, alimentate dai commenti e dai forum. È un’immagine fedele del presente, in cui identità fragili cercano riconoscimento e finiscono spesso per costruire soltanto nuove maschere.

Il rischio di un’operazione simile è evidente. Internet è diventato un territorio nel quale sperimentare e dal quale estrarre energia narrativa, ma il pericolo è quello di limitarsi a replicare le sue tendenze, i suoi tic, i suoi eccessi, fagocitando la storia dentro un narcisismo che ci riguarda da vicino. Se tutto è rifiuto, se ogni storia gira attorno alla stessa mancanza, la lingua può sembrare monocorde.

A volte lo è, e la variazione di registro non sempre riesce a rompere la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco. Tuttavia, anche questo limite è coerente con il progetto. Internet è un circuito che non si esaurisce mai. Non c’è finale, solo scroll infinito. L’insistenza di Tulathimutte quindi non è un limite, è lo specchio in cui siamo rimasti intrappolati.

Rifiuto (e/o 2025, pp. 288, euro 19,50) è una raccolta di racconti di  Tony Tulathimutte

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