di
Rosarianna Romano

Per il rapper napoletano ex vincitore di X Factor sono saltate le date dei concerti a Bari e Perugia. Oggi, giovedì 16 ottobre, al Monk di Roma presenterà suo nuovo album «Le macchine non possono pregare»

«È inutile nascondersi dietro un dito, perché lo sanno tutti. Ho deciso di metterci la faccia e di fare un video, soprattutto per le persone che avevano acquistato quel biglietto. Volevo suonare a Bari come a Perugia, ma troveremo il modo di riorganizzarci». Oggi, giovedì 16 ottobre, al Monk di Roma, comincia il tour di Anastasio, il rapper campano 28enne che porterà nei club italiani il suo nuovo album “Le macchine non possono pregare”. Delle otto date in programma, due sono saltate perché non sono stati venduti abbastanza biglietti.

Anastasio, stasera si comincia. Cosa c’è da aspettarsi?
«Siamo carichi. È uno spettacolo che coinvolge il pubblico, quindi sono molto curioso della reazione. Ci sarà un attore con me sul palco, Giacomo Lilliù, che è anche il regista. È uno spettacolo che si gioca sull’equilibrio tra realtà e finzione. È una fuga da continue scatole cinesi, continui contenitori».



















































Le date di Bari e Perugia sono saltate.
«Il video che ho pubblicato ha fatto notizia perché lo fanno in pochi, perché il sistema è abbastanza malato e mette molta pressione. Se si annuncia che una data salta perché non sono stati venduti abbastanza biglietti, questo può avere un impatto su tutta la comunicazione. Bisognerebbe iniziare a parlarne di più e sono contento di aver dato l’occasione per farlo».

Si aspettava questa risonanza e l’appoggio del pubblico?
«Mi aspettavo che i miei fan avrebbero detto “Grazie per essere stato chiaro”. Alcuni fan baresi hanno risposto che proveranno a prendere il biglietto per la data di Napoli. Se verranno, gliel’ho detto, li premierò in qualche modo. Ma non mi aspettavo tutta questa risonanza. Perché dovrebbe essere la normalità».

Perché non lo è?
«Non saprei, io da qualche anno ho preso una via molto più indipendente e fuori da queste logiche. Quindi per me è anche più facile, rispetto a chi ha un tour nei palazzetti o negli stadi. In generale tutta la musica è basata sulla performance: si deve sempre comunicare il sold out, sempre dire che siamo i migliori, che il pubblico ci ama. Soltanto che fuori ci sono migliaia di artisti e il pubblico deve fare delle scelte».

Torniamo indietro. Nel 2018 vince X Factor. Che ricordo ha?
«Non mi aspettavo di vincere. Ma pensavo che sarei andato avanti, perché ero convinto che ciò che facevo avesse potenziale anche per essere capito dal grande pubblico. Anche se qualche dubbio c’era. Però l’esperienza in sé è stata molto bella: mi ha formato tanto e ho conosciuto tante belle persone».

E il dopo X Factor?
«Il dopo è stato abbastanza straniante, perché il mondo per me si è trasformato. Passare da zero a mille può non essere facile. Nella musica spesso è più importante il marketing che la musica stessa. E allora si inizia a fare musica con la testa di un pubblicitario e questo non aiuta il prodotto in sé. Io mi sono preso un grande rischio, questa è la verità».

Com’è nato questo album?
«Il concept è nato insieme a Davide Nota e anche sui testi ci siamo molto confrontati. Tutto è cominciato dal primo pezzo, “La mosca”. Da lì è venuto il resto, il cyber ciclope, il personaggio di Baudelaire. Ci abbiamo lavorato 5 anni, la storia si è ampliata e alla fine è venuto fuori un prodotto che, secondo me, è abbastanza raro oggi».

Perché?
«Perché è un concept album che si svolge nel tempo, in cui tutte le canzoni sono in sequenza, sono il capitolo di un racconto più ampio. La stessa storia è oggetto anche di una graphic novel, perché questo ci permette anche di dire cose in più. Tutto questo rappresenta ciò che ho sempre voluto fare, perché mi sono formato sui grandi concept album, come “Storia di un impiegato” di De André, come “The wall” o come i dischi di Caparezza».

Nell’album le macchine sono protagoniste. E anche l’Intelligenza Artificiale.
«Penso che siamo di fronte all’ignoto. E facciamo finta di niente. O meglio, ci abituiamo molto presto al nuovo sistema, ma in realtà non abbiamo idea di dove ci porterà a lungo termine. Quello che a me interessa della macchina in realtà è che, per contrasto, mette in risalto l’umano».

Ma in questo disco c’è anche la storia, il 1848 e le barricate. Cosa ci insegnano oggi?
«Tutto ha avuto inizio con il ‘48. Perché quella è stata l’ultima “rivolta spirituale”, si dice nell’album. Dopo il 48 si instaura Napoleone III, sotto il cui regno si inventa in qualche maniera l’intrattenimento con il can-can e i localetti. Questa dittatura dell’intrattenimento, poi, diventa sempre più grande fino ad arrivare ad oggi: è ai suoi massimi e tutto è comunicazione. Bisogna condividere qualsiasi emozione, anche il dolore e le lacrime. Ma così l’intimità si annulla e tutto diventa falso».


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16 ottobre 2025 ( modifica il 16 ottobre 2025 | 16:00)