di
Alessandro Sala

L’incredibile storia di una donna a cui gli addetti all’handling di una compagnia aerea hanno smarrito la compagna a quattro zampe in aeroporto. E che verrà risarcita come se fosse stata persa una valigia

Gli animali da compagnia trasportati nella stiva di un aereo non sono esclusi dalla nozione «bagagli» e di conseguenza il risarcimento del danno derivante dalla loro perdita è soggetto al regime di responsabilità previsto per in questi casi. Detto in altri termini, gli animali che viaggiano in stiva non sono esseri viventi ma semplicemente oggetti. E come tali vanno valutati dalla giustizia civile. Lo ha deciso la Corte di Giustizia dell’Ue, pronunciandosi sul ricorso di una passeggera cui era stato smarrito il cane affidato alla compagnia aerea in occasione di un volo tra Buenos Aires e Barcellona. I giudici non hanno dato evidentemente peso alla nozione di «esseri senzienti» che proprio nel Trattato di Lisbona, il documento che ha modificato la carta fondativa dell’Unione, è stata introdotta all’articolo 13. 

La vicenda risale a sei anni fa. Era il 22 ottobre del 2019 e una donna viaggiava con la madre e con la sua cagnolona su un volo Iberia dall’Argentina alla Spagna. L’animale superava le dimensioni massime previste per il volo in cabina – le compagnie che li accettano si orientano per animali che possono stare dentro ad un trasportino da adagiare davanti al sedile e il cui peso complessivo, compreso il «pet», non superi gli 8-10 chilogrammi – e di conseguenza la sua proprietaria non ha potuto fare altro che farlo imbarcare nella stiva pressurizzata. Qualcosa però è andato storto: durante le operazioni di handling all’aeroporto di Buenos Aires il cane è fuggito e non è stato più ritrovato. La signora ha presentato un reclamo e la compagnia aerea si è detta disponibile a riconoscere la propria responsabilità. Ma solo per la perdita di un generico «bagaglio». Non importa se in questo caso il «bagaglio» ha quattro zampe, una coda, una vita e una personalità. E tutto per colpa di un cavillo. 



















































I legali del vettore hanno fatto notare che al momento del check-in la proprietaria dell’animale non avesse effettuato la «dichiarazione speciale di interesse», una pratica che consiste nel dichiarare il valore di un bene superiore ai limiti del risarcimento standard previsto in caso di smarrimento, che è quantificato in 1.627,63 euro dalla Convenzione di Montreal, l’accordo tra le aviazioni civili che aderiscono all’Icao (un’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di stabilire i principi e le regole della navigazione aerea validi a livello globale). Per questa sorta di «upgrade» di copertura sono di solito previsti dei costi supplementari. 

La donna ha chiesto invece un risarcimento di 5 mila euro per il danno morale, perché al di là del valore economico aveva perso una compagna di vita. E in questo senso 5 mila euro sono anche pochini. Il vettore però si è opposto. La signora ha provato tramite i suoi legali a chiedere il riconoscimento dei suoi diritti alla Corte di Giustizia Ue, ma le toghe del Lussemburgo hanno confermato la versione della compagnia aerea ribadendo che gli animali da compagnia non sono esclusi dalla nozione di «bagagli».  

Un pronunciamento che però sembra fortemente in contrasto con l’articolo 13 del Tfue, ovvero il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea aggiornato, appunto, con gli accordi di Lisbona. Questo specifica che «nell’attuazione delle politiche dell’Unione» gli Stati membri devono tenere «pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale». Parlando di «politiche dell’Unione» l’art. 13 rimanda in particolare ai «settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologici e dello spazio». Insomma, nessun riferimento esplicito ai trasporti. Ma anche nessun riferimento che li escluda. I giudici, in ogni caso, non sembrano averne tenuto conto. 

A rivolgersi alla Corte di Giustizia era stato il giudice spagnolo chiamato ad esaminare la domanda di risarcimento. Nel dare conto della posizione della Corte, l’agenzia Agi precisa che «sebbene il significato comune del termine bagagli rinvii a oggetti, per la Corte ciò non consente di concludere che gli animali da compagnia non rientrino in tale nozione. Secondo la Convenzione di Montreal, oltre alle merci, gli aeromobili effettuano il trasporto internazionale di passeggeri e bagagli. La nozione di “persone” ricomprende quella di “passeggeri”, cosicché un animale da compagnia non può essere assimilato a un “passeggero”».  

Su quest’ultimo passaggio, vista la considerazione che abbiamo oggi nelle nostre società degli animali d’affezione, ci sarò da discutere parecchio. Ma quanto hanno stabilito i giudici è che, di conseguenza, ai fini di un’operazione di trasporto aereo, un animale da compagnia rientra a pieno titolo nella nozione di «bagaglio» e di conseguenza il risarcimento del danno derivante dalla sua perdita è soggetto al regime di responsabilità previsto per una comune valigia piena di comuni vestiti e oggetti personali.  La Corte ha anche ribadito che in mancanza della dichiarazione speciale di interesse  il limite di responsabilità del vettore aereo per la perdita di bagagli copre sia il danno morale sia il danno materiale. Una nota della Corte precisa poi che «il fatto che la tutela del benessere degli animali costituisca un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione non impedisce che essi possano essere trasportati come bagagli e che siano considerati tali ai fini della responsabilità derivante dalla loro perdita, a condizione che le loro esigenze di benessere siano pienamente prese in considerazione durante il loro trasporto». 

Una sentenza che, comunque la si pensi sul piano del diritto, lascia l’amaro in bocca in un periodo in cui anche sul fronte dei voli commerciali alcune barriere stiano cadendo. Meno di un mese fa abbiamo raccontato del primo volo dimostrativo di Ita Airways che ha ospitato a bordo di un proprio volo di linea, tra Milano Linate e Roma Fiumicino, due cani di medie dimensioni che hanno potuto viaggiare in cabina con le loro accompagnatrici senza essere rinchiuse in un trasportino. La novità aveva fatto il giro del mondo, raccogliendo molti consensi, e gli stessi vertici dell’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, ne avevano parlato all’indomani al vertice dell’Icao, che si è svolto proprio a Montreal nei giorni seguenti. 

Si è trattato solo di un viaggio sperimentale e dimostrativo, di fatto non è ancora cambiato nulla nelle opzioni di prenotazione. Ma  il fatto che a bordo di quel volo vi fossero il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, la presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali Michela Vittoria Brambilla, il presidente di Ita Airways Sandro Pappalardo e quello della stessa Enac Pierluigi Di Palma aveva messo sul tavolo un carico pesante sul fatto che la novità prima o poi diventerà strutturale e i passeggeri potranno finalmente viaggiare con il loro cane accanto anche se di dimensioni maggiori rispetto ai 10 kg ad oggi consentiti. In assenza di questa possibilità, sono molti i proprietari che rinunciano al volo e scelgono altre modalità di spostamento, per evitare di far viaggiare gli animali in stiva, un’esperienza traumatizzante per gli animali e sconsigliata anche da molti veterinari. Un episodio come quello accaduto alla signora protagonista di questa vicenda non farà che confermare la bontà delle loro cautele. 

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16 ottobre 2025 ( modifica il 16 ottobre 2025 | 14:55)