Mirta Fiorio e Angela Marotta, del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona, lo hanno dimostrato in persone con patologie neurologiche in cui la stanchezza è molto comune, come la malattia di Parkinson, e in persone sane che si sentono più affaticate del normale nella vita di tutti i giorni.   Fiorio, professore ordinario di neuropsicologia dell’Università di Verona, spiega che esiste un “difetto” nel processo che integra le informazioni sensoriali e motorie che arrivano al cervello e che è fondamentale per il controllo volontario delle azioni. Quando vogliamo compiere un gesto, infatti, il cervello “prevede” le sensazioni che proverà affrontandolo e ne regola l’intensità percepita. “Studiando settantasette persone con Parkinson o disturbi neurologici funzionali in cui la fatica è un sintomo frequente e invalidante, abbiamo osservato che nei pazienti con stanchezza patologica, e non in quelli senza, le sensazioni motorie vengono percepite più intense del dovuto: ciò porta il cervello a commettere errori di previsione, ad attribuire un livello di sforzo maggiore alle proprie azioni”, dice Angela Marotta, del Dipartimento di Neuroscienze dell’ateneo veronese.