C’è un ragazzo di sedici anni, Mattia Piccoli, che a undici ha imparato cosa significa prendersi cura. Lo ha fatto di suo padre, Paolo, colpito a 43 anni da una forma precoce di Alzheimer, diventando suo caregiver, ed è per questo che nel 2021 il Presidente Sergio Mattarella lo ha nominato Alfiere della Repubblica «per l’amore e la cura con cui segue quotidianamente la malattia del padre». Oggi la sua storia diventa un film, Per te di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo e Teresa Saponangelo – presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2025 e al cinema dal 17 ottobre, un racconto sull’amore che resta anche quando la memoria se ne va.
Il regista ha raccontato di essersi avvicinato a questa storia con un profondo senso di responsabilità. «Affrontare un tema e una storia così difficile in maniera troppo drammatica, secondo me, sarebbe stato anche irrispettoso nei confronti dei reali protagonisti del film. Quindi ho provato a dare una lente che fosse un po’ quella della leggerezza e della commedia, pur rimanendo emotivi, e cercando in qualche modo di reinventare la realtà della storia per rispettarne la verità profonda, che poi è una verità assolutamente universale, non riguarda soltanto la malattia, non riguarda soltanto la famiglia Piccoli, riguarda un po’ tutti». Continua: «Il film parla dell’importanza della cura e della memoria. La cura dovrebbe riguardare tutti noi in quanto esseri umani, non solo in relazione a una malattia. Parla del nostro prendersi cura degli esseri umani».
Per prepararsi al ruolo di Paolo, Leo ha affrontato un lavoro lungo e intenso, dentro e fuori di sé: «Ho lavorato tanto sulla degenerazione che questa malattia porta con sé, anche fisicamente. L’abbiamo preparato come se fosse il nostro ultimo film. Sostengo una storia in cui credo con grande forza». Parlando della malattia, l’attore è netto: «L’Alzheimer non ha in questo momento cura. L’unica che esiste è quella dell’affetto dei propri familiari, delle proprie amicizie, dei propri parenti, dei propri figli, dei propri genitori, che possano tentare di tenere in vita più ricordi possibili e allontanare più possibile la vera grande paura di cui parliamo: quella di rimanere soli».
Poi ammette che questa esperienza lo ha cambiato profondamente «confessando una cosa che ho raccontato per un sacco di tempo, forse in maniera un po’ superficiale, in cui dicevo – come tanti – che la qualità del tempo che passi con i tuoi figli o con le tue amicizie conta più della quantità, comincio a pensarla diversamente. La quantità di tempo che passi con le persone è qualità. Non puoi entrare mai in confidenza reale con qualcuno se non ci passi tanto tempo insieme, se non abbatti le barriere del pudore e della timidezza, sia che si tratti dei figli sia che si tratti dei genitori».
Nel film, Teresa Saponangelo è Michela, la madre di Mattia e moglie di Paolo, una donna che tiene insieme la famiglia mentre tutto intorno si scompone. «È una donna che avrà sulle spalle tutto il peso della cura, dell’accudimento e della memoria di questa famiglia, per sé stessa e soprattutto per i figli. Non solo il peso, ma anche la responsabilità di costruire il futuro di questa famiglia, la memoria affettiva di questa famiglia», ha spiegato l’attrice. Poi ha aggiunto: «C’è questa bellissima bacheca nel film che è la ricostruzione non solo di ricordi vissuti, ma anche inventati, e come nelle fiabe, dove i bambini piccoli si fanno raccontare sempre la stessa storia, perché il racconto di una stessa storia li rassicura. Quindi questa madre ha la responsabilità di rassicurare questi bimbi che cresceranno e di inventarsi una storia felice».