Il corpo celeste, che si è avvicinata a 30 milioni di chilometri da Marte, contiene anche cianuro di idrogeno. Gli scienziati: «Ci conferma che gli ingredienti per la chimica della vita non sono presenti solo da noi»

Fin dalla sua comparsa, lo scorso luglio, 3I/Atlas, il terzo oggetto interstellare avvistato dopo 1I/Oumuamua e 2I/Borisov, si è rivelato una regina delle cronache e del dibattito scientifico (e di interpretazioni ad ampio spettro). Soprattutto, non ha nessuna intenzione di rinunciare a questo ruolo. Così dopo il passaggio ravvicinato rispetto a Marte — si fa per dire: era comunque a 30 milioni di chilometri di distanza dal Pianeta Rosso — quella che è in primis considerata una cometa proveniente da un differente sistema stellare ha sfornato un’altra caratteristica curiosa, per non parlare di una vera e propria anomalia: secondo le ultime osservazioni, infatti, perde un’impressionante quantità d’acqua al secondo. Le stime degli scienziati parlano di 40 chili, una massa riconducibile a quella di una piscina olimpica. Insomma, siamo di fronte a una specie di idrante cosmico, con un’attività molto più intensa rispetto alle tradizionali e ben conosciute comete. Quindi è probabile che siamo in presenza di una struttura più complessa rispetto al normale.

Ma non è finita. 3I/Atlas emette anche cianuro di idrogeno, una molecola tossica ma fondamentale nella chimica prebiotica, che sta alla base della vita. I ricercatori della Auburn University, sfruttando gli strumenti del Neil Gehrels Swift Observatory della Nasa e riportando il tutto in una relazione pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, hanno poi rilevato la presenza di radicali idrossilici (OH), che sono la firma chimica dell’acqua che si disgrega alla luce ultravioletta del Sole. Questa è una scoperta di notevole portata perché un conto è trovare l’acqua sulle comete del nostro sistema solare — la si rinviene praticamente su tutte — e un altro è identificarla su una interstellare. Al netto di una domanda ancora senza risposta — perché la presunta cometa emette acqua ora? — lo scenario autorizza a pensare che di un oggetto «forestiero» potremo studiare le caratteristiche con le stesse scale usate per quelli nostrani.



















































La comunità scientifica è in fermento. Dennis Bodewits, fisico della Auburn University che ha lavorato alla ricerca, ha dichiarato testualmente: «Quando troviamo dell’acqua su una cometa interstellare è come se leggessimo una nota proveniente da un altro sistema planetario e questo ci conferma che gli ingredienti per la chimica della vita (così come noi la conosciamo, ci permettiamo di aggiungere, ndr) non sono presenti solo da noi». Secondo le analisi, 3I/Atlas potrebbe provenire dal cosiddetto «thick disk» della Via Lattea, regione popolata da stelle antichissime. Questo vorrebbe dire che siamo venuti in contatto con un qualcosa di primordiale, lanciato nel cosmo miliardi di anni fa e dunque ben più anziano del nostro sistema solare. «Ogni cometa interstellare fino ad oggi ha rivelato qualche sorpresa — dice Zexi Xing, a sua volta ricercatore della Auburn University e coautore della scoperta —: Oumuamua era arida, Borisov ricca di monossido di carbonio, ora Atlas emette acqua ad una distanza inaspettata. Ognuna sta riscrivendo, a modo suo, quello che pensavano di sapere sulla formazione di pianeti e comete attorno alle stelle».

Come anticipato, però, le elucubrazioni sull’”ospite” speciale proseguono ad ampio raggio. Lo scorso agosto era sorta una domanda a fronte delle immagini catturate dal Telescopio Spaziale Hubble: 3I/Atlas presenta una strana coda prominente rivolta verso il Sole. In realtà dovrebbe puntare nella direzione opposta, detto che il corpo celeste raggiungerà il perielio il 25 ottobre mentre diventerà di nuovo osservabile dalla Terra a partire da dicembre. In tutto questo scenario continua a tenere banco la tesi di Avi Loeb, l’astrofisico di Harvard secondo cui 3I/Atlas è una sonda inviata da una realtà extraterrestre intelligente con l’obiettivo di studiarci, approfittando del fatto che la civiltà umana è tra le più «rumorose» della galassia a causa della nostra tecnologia e delle numerose onde radio trasmesse dai nostri satelliti televisivi.

Per rilanciare la sua tesi Loeb sottolinea la traiettoria insolita — come se l’oggetto volesse avvicinarsi alla Terra senza peraltro raggiungerne l’orbita — e la massa enorme del corpo, molto più grande in ragione di diversi ordini rispetto ad Oumuamua e Borisov. «Al momento, attribuisco una probabilità del 30-40% che 3I/Atlas non abbia un’origine completamente naturale — scrive lo scienziato nel proprio blog —. È uno scenario comunque a bassa probabilità, che include la possibilità di un evento simile a quello di un cavallo di Troia, in cui un oggetto tecnologico si maschera da cometa naturale». Mal gliene incolse, per queste parole: Loeb è tuttora oggetto di scherno da quasi tutti i colleghi, che ricordano come per studiarci sarebbe ben più semplice arrivare all’orbita di Nettuno e azionare un telescopio nemmeno particolarmente potente. Ma il dibattito in corso non contempla solo accapigliamenti tra scienziati. C’è anche chi ha invitato a trarre profitto dall’apparizione di 3I/Atlas: di fronte a fenomeni del genere dovremmo trarre lezioni che giungono da altri mondi e avere l’umiltà, magari, di aggiornare le nostre conoscenze.

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16 ottobre 2025