di
Rosanna Scardi

Nicole Limonta aveva raccolto le confidenze della 29enne accoltellata dal compagno: «A Venezia mi mandò le foto con la faccia gonfia e i lividi, non me lo presentò mai per proteggermi». Le armi: «Soncin le teneva in casa, Pamela aveva paura e preferiva dormire in hotel»

«Era settembre del 2024 quando Pamela mi chiamò in lacrime. Era disperata. Avrebbe dovuto sfilare sul tappeto rosso della Mostra del cinema di Venezia e le avevo dato il contatto di un fotografo che conoscevo perché avrebbe voluto tenere quegli scatti come ricordo. Il fidanzato si arrabbiò moltissimo e la riempì di botte». Nicole Limonta, 35 anni, di Carvico, ripercorre il dramma della sua migliore amica, Pamela Genini, la ragazza di Strozza uccisa con 24 coltellate dal fidanzato Gianluca Soncin.

Pamela e le foto con i lividi su gambe e braccia

Nicole non ha mai conosciuto Soncin. L’amica, per proteggerla, non glielo aveva presentato. «Avevo incontrato tutti i suoi ex, tranne lui», dice Nicole. Ma le raccontava delle violenze, fisiche e psicologiche. «Mi girò le foto in modalità temporanea, per non farsi scoprire — racconta Nicole riferendosi all’aggressione avvenuta alla Mostra del cinema —: aveva il viso gonfio, tumefatto, lividi sulle gambe, sulla pancia. Lui l’aveva presa per i capelli, le aveva tirato addosso una valigia e rotto un dito di una mano».



















































L’aggressione a maggio: «Voleva buttare giù la porta»

Nicole e il marito consigliarono all’amica di lasciarlo e di sporgere denuncia. E lo stesso le avevano raccomandato di fare in ospedale (lei dice al Papa Giovanni, anche se secondo alcuni accertamenti pare essere quello di Seriate), dove si era recata per le cure: le avevano suggerito come agire e a chi rivolgersi. «Ma lei non lo fece — prosegue l’amica —. Lui tornava a implorarla, le diceva “perdonami, amore” e che si sarebbe ammazzato senza di lei. Prometteva di curarsi, di fare terapia di coppia». 

Questo è solo uno dei tanti episodi che emergono dalle confidenze della vittima. Il più violento, lo scorso maggio. «Lui si presentò sotto la casa di Pamela a Milano, dove poi è stata uccisa — prosegue Nicole —. Non avendo le chiavi, entrò dopo aver aspettato l’uscita dal garage di un condòmino. Era fuori si sé, ubriaco. Voleva buttare giù la porta. Lei, terrorizzata, chiamò le forze dell’ordine».

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La vacanza in Costa Azzurra: «Lui la ossessionava»

Gli eventi seguono un crescendo drammatico: a luglio, Nicole, Pamela e altre amiche, erano partite per una breve vacanza. «Siamo state cinque giorni tra Cannes e Saint Tropez — dice Limonta —. Anche in quell’occasione, lui si dimostrò ossessivo. La assillava chiamandola di continuo in una condizione alterata da un mix di sostanze, riempiendola di parolacce e minacciandola. Pamela stava talmente male che non riuscivamo a dormire la notte». 

Un mese dopo, nella sua casa a Cervia, lui le puntò una pistola al ventre: «Era terrorizzata. Soncin teneva delle armi in casa e sapeva che, in uno dei suoi scatti d’ira, avrebbe potuto farle del male. Per questo lei preferiva dormire in hotel». 

Nicole ricorda Pamela come «un angelo bellissimo, un’anima pura, che amava la sua cagnolina, Bianca». E chiede giustizia: «Soncin merita l’ergastolo, è stato un omicidio premeditato: è arrivato con un coltello da caccia per ucciderla. Lui aveva avuto una famiglia, era divorziato e ha una bambina. Pamela non potrà mai averla. È stata massacrata a 29 anni».

Alla madre raccontava che andava tutto bene

A differenza dell’amica, la famiglia non sapeva nulla. Il compagno della madre di Pamela ha spiegato a Rai2: «Quando la vedevamo si mostrava felice, se l’avessimo saputo l’avremmo aiutata. Non ho mai visto un segno di violenza, lei ci raccontava che andava tutto bene. Ci aveva accennato a un compagno, ma non l’abbiamo mai conosciuto, era riservatissima. L’ultima volta l’abbiamo vista lunedì, era serenissima».


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17 ottobre 2025 ( modifica il 17 ottobre 2025 | 10:21)