di
Vera Martinella

Al via oggi Esmo 2025, l’appuntamento annuale della Società Europea di Oncologia Medica. Dagli «Anticorpi coniugati», al test in grado di riconoscere con precisione oltre 50 tipi di cancro prima che ci siano dei sintomi: le anticipazioni dei temi più importanti che saranno discussi dai 37mila specialisti provenienti da tutto il mondo

«Anticorpi coniugati», «biopsia liquida», oncologia di precisione, il test in grado di riconoscere con precisione oltre 50 tipi di cancro prima che ci siano dei sintomi e passi avanti importanti su un tumore molto diffuso e di cui si parla poco, quello della vescica. Sono questi i cinque punti su cui convergono le maggiori novità che saranno presentate al congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo), la Società Europea di Oncologia Medica, al via oggi a Berlino con la partecipazione di circa 37mila specialisti provenienti da tutto il mondo.
«Per inquadrare i progressi della ricerca sul cancro, gli studi più all’avanguardia, bisogna aver chiari questi concetti-chiave perché il futuro dell’oncologia è tutto qui. E in parte, per fortuna nostra e dei malati, è già anche presente» sottolinea Giuseppe Curigliano, che è il presidente eletto di Esmo e direttore della Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. 

Anticorpi coniugati: una nuova classe di farmaci

E’ attorno a questi concetti-chiave che ruotano le sperimentazioni più innovative presentate in Germania nei prossimi cinque giorni (dal 17 al 21 ottobre), quelle esposte nelle sessioni presidenziali del convegno riservate alle novità di maggior rilievo. 
Partiamo dagli anticorpi coniugati (o anticorpi coniugati con farmaci, dall’inglese Antibody-Drug Conjugate), farmaci innovativi che fanno sperare in grandi progressi, com’è stato con l’immunoterapia o le la CAR-T therapy: «In pratica sono farmaci composti da due parti: un anticorpo monoclonale progettato per riconoscere e legarsi specificamente a un bersaglio ben specifico, presente solo sulle cellule cancerose e non su quelle sane, che porta con sé un potente chemioterapico – chiarisce Curigliano, ordinario di Oncologia medica all’Università di Milano -. Questo permette da una parte una grande efficacia terapeutica, perché il chemioterapico trasportato e “sganciato” sul bersaglio da colpire ha una grande potenza distruttiva; d’altra parte, però, la tossicità per le cellule normali (e dunque per l’organismo del paziente) è assai ridotta visto che la cura è mirata».  Trastuzumab deruxtecan, al centro di diversi studi sul tumore al seno presentati al convegno Esmo 2025 ed è il primo arrivato di questa nuova classe di farmaci promettenti, che sono già in sperimentazione anche per altre neoplasie, in particolare polmone e vescica 
«La novità di questo Esmo 2025 è lo studio che ha testato trastuzumab deruxtecan come terapia preoperatoria e post-operatoria – racconta l’oncologo -. Nella fase preoperatoria l’uso di questo anticorpo coniugato ha dimostrato un aumento significativo della risposta patologica completa (completa scomparsa del tumore) alla chirurgia nelle donne con tumore HER2 positivo; mentre nella fase post-operatoria ha ridotto in modo significativo le recidive. Due studi nella malattia metastatica nel carcinoma mammamrio triplo negativo, con datopotamab deruxtecan e con sacituzumab govitecan, hanno invece provato, rispetto alla chemioterapia convenzionale, una significativa riduzione del rischio di recidiva».



















































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Il test che scova 50 in anticipo tumori diversi

Grande fermento è destinata a suscitare anche la presentazione dello studio PATHFINDER 2 con i nuovi dati (per ora strettamente sotto embargo) relativi al test del sangue in grado di riconoscere con precisione oltre 50 tipi di cancro e identificare in quale tessuto, ovvero organo, il tumore ha origine, prima che la malattia dia dei segnali clinici della sua presenza. Si tratta di un test (si chiama Galleri, messo a punto dall’azienda farmaceutica GRAIL) messo a punto da ricercatori americani che non è ancora disponibile (in Italia o altrove), ma è stato accessibile per ora solo all’interno di sperimentazione cliniche. «La grande speranza è quella di riuscire a scoprire la presenza di un tumore solo con un prelievo di sangue quando la malattia è ancora ai suoi primissimi stadi e non ha dato altri sintomi allo scopo di aumentare le chance di guarigione- spiega Massimo Di Maio, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) –.  Il principio su cui si basano questo e altri test simili è che il cancro possa lasciare tracce nel sangue anche molto tempo prima della diagnosi clinica e che questi esami permettano di scoprirlo con ampio anticipo. Per ora siamo ancora nelle fasi di sperimentazione, e lo studio presentato all’Esmo ci darà dati importanti su quanto il test è affidabile nell’identificare precocemente la presenza di un tumore, ma non ci potrà dare informazioni definitive sulle implicazioni cliniche».
Lo studio PATHFINDER 2 è iniziato nel 2021 e ha arruolato 35,878 adulti con più di 50 anni candidati a ricevere i routinari esami di screening per la diagnosi precoce dei tumori. Il test ha analizzato il DNA libero circolante nei campioni di sangue prelevasti da persone senza una diagnosi di cancro e l’obiettivo è capire quanto è preciso nel rilevare la presenza di un tumore.
«La posta in gioco è alta: il rischio è quello di dover fare numerosi accertamenti inutili – avverte Di Maio -: un potenziale spreco per il sistema sanitario, nonché un enorme carico di ansia per gli interessati».

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La biopsia liquida, l’esame che cambia davvero le cose

Un numero offre l’importanza di capire cos’è e quanto è utile la biopsia liquida: nel 2003 le pubblicazioni che la riguardavano, in oncologia, erano meno di 50, oggi sono più di 12mila.
«La biopsia liquida o, più propriamente, l’analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA) costituisce senza dubbio un valido strumento per accertare la malattia minima residua e per ricercare le “mutazioni bersaglio” per specifici bio-farmaci chiarisce Di Maio, direttore dell’Oncologia medica 1U dell’Azienda ospedaliera universitaria Città della Salute e della Scienza, ospedale Molinette di Torino -. I liquidi biologici da cui si può estrarre ctDNA sono vari (sangue, urine, liquido cefalorachidiano), ma la matrice di partenza principale è il sangue. Insomma, si tratta di una strategia diagnostica che, attraverso un semplice prelievo di sangue, consente di monitorare l’evoluzione del tumore e indirizzare verso la scelta del trattamento più efficace.  È una procedura rapida e minimamente invasiva, che può essere ripetuta periodicamente in modo semplice e sicuro. Ci serve per avere informazioni aggiornate in tempo reale su come la neoplasia si sta modificando e stanno aumentando le situazioni cliniche in cui può essere utile all’oncologo per effettuare le scelte terapeutiche più appropriate nel singolo paziente».

Oncologia di precisione

L’oncologia di precisione è al centro di una rivoluzione cominciata nell’ultimo decennio e resta una delle grandi sfide che ci aspettano nel prossimo futuro. Cosa significa in concreto? «Quando si parla di target therapy o di farmaci a bersaglio molecolare si tratta di terapie innovative sempre più mirate sulla neoplasia del singolo paziente e sulle sue alterazioni genetiche, più efficaci e con meno effetti collaterali perché il farmaco somministrato colpisce solo le cellule cancerose e risparmia quelle sane – risponde Curigliano -. Oggi, sempre di più, la cura si basa sulle mutazioni genetiche (alterazioni molecolari) presenti nella neoplasia del singolo paziente.  l’attenzione degli specialisti si sta spostando dall’organo interessato dalla neoplasia (ad esempio colon, polmone, seno o altro) alle alterazioni del Dna, sempre più determinanti per scegliere la terapia maggiormente indicata e con probabilità di successo più elevate».
Moltissimi studi presentati all’Esmo di Berlino rientrano in questo settore e molti farmaci sono già disponibili per i pazienti don vari tipi di neoplasie: 
già oggi un malato su quattro potrebbe ricevere una terapia mirata. Le statistiche indicano, infatti, che ogni anno in Italia oltre 31mila nuovi casi di cancro sono legati ad alterazioni di geni coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di neoplasie (i più frequenti sono seno, colon-rettopolmoneprostata e pancreas). «L’individuazione di alterazioni genetiche è importante in tutte le fasi della malattia oncologica, dalla diagnosi agli stadi metastatici. Molte di queste alterazioni sono acquisite e non ereditarie. In alcuni casi, quelli associati a una predisposizione ereditaria, queste alterazioni possono guidare strategie di prevenzione e diagnosi precoce nelle persone portatrici» sottolinea Di Maio.

Novità per il tumore della vescica

Al congresso europeo verranno poi annunciate novità importanti per il tumore della vescica: «Anche in questo caso non è possibile entrare nel dettaglio perché i risultati degli studi sono sotto embargo – ricorda il presidente eletto di Esmo -, ma possiamo dire che avremo dati destinati a cambiare le attuali terapie standard, sia per le forme più invasive (muscolo infiltranti), sia per quelle più “superficiali”. Nelle forme superficiali fino ad oggi ci si è affidati, dopo la rimozione del tumore, all’impiego endovescicale di un batterio, il BCG, mentre nelle forme muscolo-infiltranti il trattamento standard, per circa 20 anni, è stato costituito dalla chemioterapia pre-operatoria seguita da chirurgia, ma molti pazienti vanno incontro a recidiva o progressione di malattia, per cui c’è un gran bisogno di altre opzioni».
Sebbene non se ne parli spesso, il carcinoma della vescica è la quarta forma di cancro più frequente in Italia dopo i 50 anni con 29.700 nuovi casi diagnosticati ogni anno (oltre 24mila tra gli uomini, ma quelli fra le donne sono in aumento da anni). Nel 75% dei pazienti la malattia viene individuata allo stadio iniziale ed è confinata alle parti superficiali della parete vescicale, quando è possibile intervenire chirurgicamente con buone opportunità di guarigione, tanto che a cinque anni dalla diagnosi nelle prime fasi sono vivi in media otto pazienti su 10

17 ottobre 2025 ( modifica il 17 ottobre 2025 | 09:56)

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