L’esplosione di una bomba sotto l’auto del giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, non è solo un attacco personale: è un terremoto che scuote le fondamenta della libertà di stampa in Italia. Una scena drammatica si è consumata davanti agli occhi della società civile, un episodio che mette in luce il prezzo alto che si paga per inseguire la verità in territori che la criminalità organizzata vuole tenere nascosti. Da oltre un decennio, Ranucci vive sotto scorta, una condizione imposta da minacce concrete e continue, figlie di un clima d’odio crescente che si riflette anche contro il suo programma televisivo di inchiesta.

Il lungo percorso di minacce a Sigfrido Ranucci

Dal 2014, Ranucci è sotto protezione statale dopo aver ricevuto minacce mafiose di morte. Negli ultimi tempi, la situazione si è ulteriormente aggravata con episodi inquietanti: dal ritrovamento di due proiettili calibro P38 fuori dalla sua abitazione, a pedinamenti sistematici, identificati e documentati dalla sua scorta. Questi fatti non sono mai stati taciuti dal giornalista stesso che, con coraggio, ha denunciato pubblicamente il clima di aggressione e delegittimazione che lo circonda, evidenziando un pericolo che non riguarda solo la sua persona ma l’intero sistema informativo democratico.

La risposta della Rai e delle istituzioni

La reazione di Rai, con l’amministratore delegato Giampaolo Rossi e il Consiglio di amministrazione, è stata immediata e forte: un messaggio di massima solidarietà verso Ranucci per il grave attentato intimidatorio subito. La Rai ha sottolineato il proprio ruolo nel difendere il pluralismo, la libertà di espressione e la dignità di chi opera nel servizio pubblico: valori che vengono direttamente colpiti da questi gesti criminali. «L’Amministratore Delegato Rai Giampaolo Rossi e l’intera azienda si stringono al fianco di Sigfrido Ranucci ed esprimono massima solidarietà per il grave e vile attentato intimidatorio – è scritto in una nota -. Il ruolo della Rai e di chi opera al suo interno è quello di garantire dialogo, pluralismo e rispetto nel racconto quotidiano del nostro tempo. La Rai respinge con forza e determinazione ogni minaccia contro chi svolge il proprio lavoro nel Servizio Pubblico. L’essenza vitale della nostra democrazia è la libertà informativa che la Rai garantisce e che i suoi giornalisti rappresentano. Ogni tentativo intimidatorio contro chi lavora per un’informazione libera e indipendente è un attacco allo stesso Servizio Pubblico»

Contestualmente, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha promesso «il massimo impegno delle forze di polizia per accertare rapidamente gli autori» e ha disposto il rafforzamento massimo delle misure di sicurezza a tutela del giornalista.

Un contesto preoccupante: il clima ostile verso Report e il giornalismo d’inchiesta

Dietro quest’attentato si nasconde un clima di crescente ostilità verso Report, storico programma d’inchiesta della Rai, che negli ultimi anni ha subito una serie di attacchi politici e mediatici che ne hanno ridotto lo spazio e ne hanno messo in discussione l’autonomia. I sindacati del settore, come Usigrai e UniRai, hanno espresso una netta condanna dell’attentato e denunciato apertamente il clima di ostilità e delegittimazione che si respira attorno a Report, evidenziando come queste tensioni influiscano negativamente sul lavoro giornalistico e sui valori democratici.

Libertà di stampa, democrazia e sicurezza dei giornalisti

L’attentato a Ranucci non è un caso isolato ma si colloca in un drammatico contesto di minacce e violenze contro i giornalisti che svolgono inchieste sulle mafie e corruzioni. La protezione dello Stato e la solidarietà delle istituzioni sono indispensabili, ma la difesa della libertà di stampa deve coinvolgere tutta la società, riconoscendo il giornalismo d’inchiesta come uno dei pilastri della democrazia. In un momento storico in cui i cronisti sono sempre più esposti a rischi personali, tutelare il diritto all’informazione significa proteggere il diritto di ogni cittadino a conoscere la verità.