di
Pierpaolo Lio
52enne di Biella, trapiantato da tempo a Cervia. Si atteggiava a ricco imprenditore di successo, ostentava auto e abiti ma non aveva un lavoro stabile
Bolidi vistosi e costosi. Gite nelle mete più instagrammabili. Bei vestiti. S’atteggiava a ricco imprenditore di successo, Gianluca Soncin, l’assassino di Pamela Genini. Tutta immagine. All’esterno, sfarzi e lustrini. Dentro casa, fiumi d’alcol, droghe, violenze, armi. Nessun lavoro, se non svariati inciampi con la giustizia. Soncin voleva fare «l’americano», ma ad alimentare quel tenore di vita da businessman, ci pensava la «paghetta» di papà – lui sì imprenditore della zona – come racconta chi ha conosciuto il 52enne.
«Stava sulle sue». «Era di poche parole». Il 52enne di Biella, trapiantato da tempo a Cervia, è un profilo che anche gli inquirenti, coordinati dall’aggiunta di Milano Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, conoscono ancora poco. Resta al momento un mistero, una figura sfuggente. Eppure capace di fiondarsi martedì sera in via Iglesias, alla periferia nord di Milano. Buttare in malo modo a bordo strada il suo suv da quasi centomila euro. Infilarsi nell’appartamento al secondo piano. E pugnalare Pamela per 24 volte, di fatto davanti a tutto il quartiere, mettendosi in mostra sul terrazzino, incurante di tutto, anche degli agenti che stavano buttando giù la porta. Anzi, ha richiuso con noncuranza quella porta ormai in piedi per miracolo. E prima dell’irruzione ha finito lei, e s’è pugnalato due volte al collo.
Ha fatto tutto con uno dei due coltellacci a serramanico che s’era portato da casa (l’altro l’aveva lasciato nell’auto). Aveva la passione delle armi, Soncin. Almeno a guardare quello che gli investigatori gli hanno scovato nell’appartamento affittato in Romagna. Dove ieri gli hanno sequestrato il resto della «collezione»: altri 13 tra coltelli e cutter. A cui s’aggiungono un altro mazzo di chiavi — probabilmente una seconda copia, oltre a quella usata per entrare nell’appartamento milanese e ritrovato insanguinato nella serratura — e una pistola, cosa che accredita il racconto dell’ex compagno e oggi amico della vittima, Francesco D., che a verbale aveva riferito di quando Pamela gli aveva raccontato che Soncin, ad agosto, proprio in quella casa a Cervia, l’aveva minacciata puntandogli l’arma al ventre.
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La procura di Milano sta cercando di mettere ordine nella vita del 52enne. Anche per capirne il profilo psicologico. Studieranno il suo cellulare, oltre a quello di Pamela. Verranno ascoltati amici e conoscenti. Saranno eseguiti anche accertamenti patrimoniali. E si ricostruiranno i precedenti. Che sarebbero numerosi. E che s’intreccerebbero con quel flusso di denaro che gli permetteva di vivere alla grande, a fronte di nessun lavoro stabile. Il più grave, l’arresto quindici anni fa, in un’inchiesta dei finanzieri di Ascoli su una frode da almeno 6 milioni di euro. Era stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere. Vetture di lusso fatte arrivare dalla Germania e vendute a prezzo di saldo, con lo «sconto» dell’Iva, e con milioni mai versati al fisco attraverso lo scudo di società «cartiere».
Nel suo passato ci sarebbe anche un caso di maltrattamenti in famiglia. Episodio, questo, che gli inquirenti vogliono approfondire. E per questo ascolteranno l’ex moglie, con cui ha avuto un figlio oggi adulto. Con Soncin la donna avrebbe interrotto da tempo ogni contatto. «Non avendo alcun rapporto con lui, non abbiamo nulla da dichiarare — ha spiegato l’ex moglie —. Mi sento unicamente di dire che siamo addolorati e sgomenti per quello che è accaduto ed esprimiamo la nostra massima vicinanza per la famiglia di Pamela».
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17 ottobre 2025 ( modifica il 17 ottobre 2025 | 10:33)
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