Mathieu Van der Poel è il grande assente di questo finale di stagione. Prima il Mondiale MTB, poi la polmonite e infine i percorsi troppo duri di mondiale ed europeo lo hanno portato a fermarsi anzitempo. Ed è mancato moltissimo, forse ancora di più, anche al Mondiale Gravel. VdP avrebbe corso in casa e da campione uscente.
Tempo fa, durante una diretta di Eurosport, Moreno Moser lo aveva chiamato in causa per analizzare il suo modo di correre. Abbiamo ripreso questo concetto proprio con lui, per approfondire gli aspetti tecnici e tattici che rendono unico l’asso della Alpecin-Deceuninck.


Moreno, facciamo un’analisi del modo di correre di Van der Poel: errori e punti di forza.
In realtà non penso che Van der Poel faccia degli errori. Anzi, credo sia uno dei corridori che ottimizza al meglio le proprie caratteristiche e il proprio motore.
Spiegati meglio…
Nel senso che mi sembra evidente come il suo motore sia un po’ più “delicato” rispetto a quello di Pogacar, ad esempio, che va forte tutti i giorni e recupera ogni volta che deve essere in forma. Van der Poel mi dà l’impressione di avere un motore più fragile: se esagera, poi salta per aria. Nelle corse a tappe fa una giornata buona ma non due di fila. E in salita fa davvero tanta fatica. Quei watt in più li paga cari, si vede proprio.
Questione strutturale o solo di peso?
Di caratteristiche. Lui vorrebbe anche, ma spesso spreca e poi salta per aria. Se vai a vedere, anche nelle giornate in cui va in fuga, alla fine cala sempre se ci sono salite lunghe o se ha spinto già da un po’. Difficilmente riesce a fare un grande finale dopo una giornata intensa. Mathieu è il classico esempio di corridore glicolitico: non ha la stessa capacità aerobica di Pogacar o degli scalatori, ma ha tantissima intensità e tante fibre bianche. Quando cala la disponibilità di zuccheri “pregiati”, la sua efficienza scende di colpo.


Hai parlato di salite: quali sono quelle limite per Van der Poel?
Quelle fino a 10 minuti. Oltre non lo vedi più. Ma se gli avversari sono Pogacar o Vingegaard, anche meno. Parliamo ovviamente di salite vere.
Tu dici che se tira o spreca tutto il giorno poi non fa grandi finali. Tuttavia abbiamo visto Fiandre o Roubaix vinte con una forza impressionante proprio nel finale. E quelle sono corse lunghe…
In una giornata secca sì, non ha problemi. Quando è in forma può fare quello che vuole. Io mi riferivo alle corse a tappe: lì è diverso. Nella giornata secca, invece, riesce a sfruttare al meglio il carico di carboidrati con cui parte. In quelle a tappe ha un deficit nel recupero.
Visto che parliamo di un corridore “massiccio”, quanto conta per lui oggi poter ingerire anche 120-130 grammi di carboidrati l’ora, rispetto magari a Pogacar?
Per lui è tanta roba. Conta moltissimo, ci guadagna più di uno scalatore come Tadej (che poi solo scalatore non è). Con i carboidrati i suoi muscoli riescono a esprimere un lavoro di alta qualità, perché la benzina che immette è di alta qualità. E con tutte quelle fibre bianche che ha lui… Attenzione però: parliamo di differenze minime, ma sono quelle che determinano un tipo di corridore o un altro.


Con l’occhio dell’ex corridore, Moreno, come giudichi i suoi attacchi? A volte qualche errore lo ha commesso, pensiamo al Giro 2022. Era sempre in fuga ma alla fine ha vinto una tappa sola. Tra l’altro la prima…
E’ vero quello che dite: potrebbe centellinare di più le energie certe volte, ma questo è il suo modo di correre. E’ chiaro che, spendendo tanto tutti i giorni, nei finali paga sempre. Specie se c’è una salitella, come spesso accade al Giro d’Italia. Però nel complesso quando attacca è un killer, anche in salita. Parlo di quelle brevi, come ho detto prima.
Chiaro…
Per esempio Wout Van Aert è più pesante di lui, ma in salita è più forte. Ciononostante Van der Poel ha qualcosa in più. Van Aert è più “ibrido”, ma quando deve vincere Mathieu ha sempre quel quid in più. Alla fine della stagione non ha sbagliato niente: ha vinto la Milano-Sanremo e la Roubaix, ha conquistato tappe e maglia gialla al Tour de France.


Stagione perfetta, ma con pochi giorni di corsa (41). Che ne pensi?
Forse sapeva che il mondiale era troppo duro e si è concentrato sulla mountain bike. Dopo ha fatto il Renewi Tour e poi ha avuto la polmonite che lo ha fermato. Condivido la frecciatina che ha lanciato di recente: «Mi fermo perché ho avuto una polmonite e devo recuperare, ma non so dove avrei potuto trovare motivazioni». In effetti, nella seconda parte di stagione, che corse c’erano per uno come lui? Io e “Greg” (Luca Gregorio di Eurosport, ndr) lo diciamo da tempo: com’è possibile che mondiale ed europeo siano così duri da escludere a priori corridori come Van der Poel, Pedersen e Van Aert?
Sin qui abbiamo cercato eventuali limiti di Van der Poel. C’è invece qualcosa che ti piace particolarmente di lui?
Mi piace che, quando sta bene, non ha paura e non prova timore reverenziale nei confronti di Pogacar. Va allo scontro muso a muso. Pensiamoci: l’unico che lo ha battuto su strada quest’anno è stato proprio Van der Poel. Mi piace che sappia essere così incisivo e deciso.
E dal punto di vista tecnico?
La cosa che mi impressiona di più è la facilità di guida. Chi è andato in bici lo capisce e lo nota subito. Neanche Pogacar ha quella scioltezza. Sa muoversi in gruppo, sa posizionarsi, sa imboccare le salite davanti. In questo Van der Poel è davvero unico.