di
Ludovica Brognoli
L’università di Bologna protagonista della ricerca internazionale per sviluppare un farmaco all’avanguardia nell’oncologia di precisione
Un nuovo farmaco di ultima generazione, capace di distinguere tra cellule tumorali e sane, «che nella sperimentazione sugli animali ha dato esiti molto positivi, come la regressione totale dei tumori: un traguardo di norma raro da raggiungere in una fase preclinica».
A spiegarlo è Mattia Lauriola, professoressa di istologia all’Università di Bologna, nonché una delle protagoniste della ricerca internazionale che ha portato allo sviluppo di un farmaco altamente selettivo, «in grado di riconoscere e colpire le cellule malate nei modelli animali testati, sia nel caso di neuroblastoma e rabdomiosarcoma, ovvero due tumori rari infantili, che in quello del tumore del colon».
La ricerca su un farmaco selettivo nella cura dei tumori
Un risultato che è stato possibile raggiungere grazie all’utilizzo dei cosiddetti anticorpi-coniugati: si tratta, spiega Lauriola, «di una delle più avanzate frontiere della ricerca nell’ambito dell’oncologia di precisione», dato che parliamo di agenti che sono in grado di combinare la selettività degli anticorpi, con la tossicità mirata di una molecola chemioterapica, veicolata esclusivamente verso la cellula tumorale riconosciuta dall’anticorpo.
In particolare, quindi, «questo tipo di anticorpo prodotto in laboratorio è capace di riconoscere in maniera selettiva un bersaglio, ovvero le cellule tumorali».
Per spiegare il percorso che ha condotto all’elaborazione del farmaco, la professoressa fa un passo indietro, tornando nel «2020, quando insieme a Martina Mazzeschi, ricercatrice all’Irccs Policlinico Sant’Orsola, abbiamo iniziato a concentrarci sull’identificazione dell’Alk (Anaplastic Lymphoma Kinase): un bersaglio molecolare specifico per alcune forme tumorali, presente in alte quantità sulle cellule di tumori rari infantili, come il neuroblastoma e il rabdomiosarcoma, ma anche in alcuni sottotipi di tumore del colon».
Gli studi sul «bersaglio da colpire»
Il nostro obiettivo iniziale, prosegue, «consisteva proprio nel trovare qualcosa che potesse servire da bersaglio», per essere riconosciuto dagli anticorpi-coniugati: l’Alk, proteina che si trova in grandi quantità sulla superficie delle cellule malate, mentre la sua presenza è limitata nelle cellule sane, si è dimostrato un target ideale per lo sviluppo di terapie mirate, sottolinea l’esperta.
Da un paio di anni, prosegue, «abbiamo poi iniziato una collaborazione con il laboratorio del Children’s Hospital di Philadelphia che, essendo un ospedale pediatrico, aveva sviluppato un anticorpo-coniugato per curare i tumori infantili: da Bologna, il nostro contributo è stato proprio quello di utilizzare lo stesso farmaco ma su modelli di cancro al colon».
Malattia che, va sottolineato, è la seconda neoplasia per incidenza in Italia, con circa 50.000 nuovi casi ogni anno. I risultati della ricerca dimostrano che «nei modelli animali – dice la professoressa – la totalità dei tumori è scomparsa dopo il trattamento: ora l’impegno è ottimizzare il carico chemioterapico associato all’anticorpo per iniziare i trial clinici sull’uomo, cosa che negli Stati Uniti penso potrebbero fare in tempi brevi».
«La speranza è sostituire le forme tradizionali di chemioterapia»
Soddisfatta, si dice infine Lauriola, anche perché «il farmaco rappresenta un passo avanti significativo verso terapie personalizzate: siamo al lavoro – dice – per ottimizzare l’identificazione di nuovi bersagli, suscettibili all’azione degli anticorpi-coniugati, e per ampliare il numero di tumori solidi che possono essere trattati, mitigando allo stesso tempo i meccanismi di resistenza all’azione del farmaco».
La speranza, conclude, «è che questa chemioterapia di precisione possa arrivare a sostituire, quando possibile, le forme tradizionali di chemioterapia».
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16 ottobre 2025
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