La donna può essere vulnerabile durante la gravidanza e dopo il parto. Ma non sempre i segnali di rischio, piccole o grandi crepe che minano la sua salute mentale, vengono intercettati. La rete di protezione non ha dovunque maglie fitte. Cosa manca e cosa fare? L’Istituto Superiore di Sanità invita a ripartire dalla formazione dei professionisti che seguono le donne in questa stagione della vita e dall’attivazione di un percorso che le metta in sicurezza, coinvolgendo anche dipartimenti di salute mentale e servizi sociali.
Depressione post partum, il cervello cambia (per due anni)
21 Marzo 2025
I dati: l’aumento dei suicidi
Secondo i dati del sistema avanzato di sorveglianza ostetrica ItOSS-ISS, dal 2011 al 2019 il suicidio è stato la prima causa di morte materna in Italia entro un anno dal termine della gravidanza. Il numero di suicidi è in aumento, dal 12% nel periodo 2006-2012 al 16,9% nel 2011-2019. Dietro a questi numeri si nascondono storie di depressione, violenza domestica e fattori sociali complessi. Come riconosce anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in questa fase della vita la donna è esposta allo sviluppo di disturbi mentali, spesso sottovalutati o non diagnosticati in tempo.
Un progetto di ricerca ItOSS-ISS ha rilevato che nel 60% dei casi di suicidio materno segnalati alla sorveglianza ItOSS tra il 2006 e il 2012, le donne avevano una storia psichiatrica pregressa. Tuttavia, in tre casi su quattro queste informazioni non erano riportate nella cartella clinica. Inoltre, una donna su due a rischio suicidio non ha raggiunto un servizio di salute mentale di secondo livello. Lacune che è necessario colmare urgentemente.
Cosa c’è di nuovo nelle linee guida dell’ISS
“Abbiamo predisposto due nuove raccomandazioni a sostegno della salute mentale in epoca perinatale. Una riguarda l’offerta dello screening per depressione e ansia a tutte le donne, in occasione di ogni bilancio di salute, dalla gravidanza fino a un anno dal parto. L’altra riguarda l’organizzazione di reti assistenziali integrate, nelle regioni in cui ancora non esistono, per la diagnosi e il trattamento dei disturbi di salute mentale durante e dopo la gravidanza”, spiega Serena Donati, direttrice del reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva dell’ISS, che ha curato l’aggiornamento della linea guida.
Offrire un bilancio di salute a ogni contatto con i professionisti sanitari durante la gravidanza è fondamentale, spiega Donati. Non solo per condividere informazioni su stili di vita adeguati, screening ed esami raccomandati, ma anche per promuovere il benessere psichico della donna, valorizzarne risorse e competenze, intercettare precocemente eventuali fattori di rischio per la sua salute psico-fisica.
Depressione perinatale: come si riconosce e si affronta
Cosa succede se non c’è diagnosi e trattamento
Trascurare i segnali di rischio può avere conseguenze gravi sulla donna, ma anche sul bambino e sulla loro relazione. Depressione e ansia sono associate a un aumento dei parti pretermine, ma anche alla compromissione del legame madre-bambino e dell’allattamento.
I fattori di rischio per i disturbi mentali in epoca perinatale possono essere di natura biologica, psicosociale e ambientale. Tra i più rilevanti, associati ad ansia o depressione perinatale, ci sono l’assenza del partner o di una rete di supporto sociale, background migratorio, storie di abuso o di violenza domestica, una storia personale di disturbi mentali, gravidanze non pianificate o desiderate, difficoltà economiche, complicazioni nella gravidanza pregressa o in quella in corso e la perdita della gravidanza.
In base a dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità una donna su tre è vittime di violenza fisica e una su quattro subisce violenza durante la gravidanza.
Come intercettare i segnali
I professionisti che accompagnano la donna nel percorso nascita si trovano in una posizione privilegiata per intercettare segnali di rischio e offrire supporto. “Sono spesso il primo punto di contatto professionale per le donne sopravvissute alla violenza, snodi strategici per garantire cure socio-sanitarie salvavita e facilitare l’accesso a servizi di supporto. La violenza è un fenomeno trasversale a tutte le condizioni sociali e dunque l’allerta deve essere sempre massima. È essenziale che ricevano una formazione adeguata; se il professionista che segue la donna è formato e in grado di costruire un rapporto di fiducia e continuità, sarà più facile per lei trovare il coraggio di esprimere un disagio. Sappiamo quanto spesso la violenza sia invisibile”, spiega Serena Donati.
“Benché molte regioni, come Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Provincia autonoma di Trento, abbiano già formato i professionisti e attivato percorsi pilota di sperimentazione, le regioni del Sud sono rimaste indietro”, aggiunte l’esperta. Attrezzarsi, aggiunge, è fondamentale: “Ogni contatto con un professionista è un’occasione per parlare anche di salute psicosociale. Far emergere un problema di disagio psichico o violenza può aiutare una donna a trovare la forza e il sostegno per salvarsi”.