Un nuovo sabato fa capolino sul calendario, e questo vuol dire che si apre nuovamente per noi l’appuntamento con il mondo dell’editoria. Un momento in cui lo sguardo va verso gli scaffali delle librerie, sempre carichi di novità degne di nota tra cui è facile perdersi (spesso in senso positivo).
A farvi da bussola ci proviamo noi, con la parentesi domenicale dedicata ai libri più interessanti della settimana. Oltre poi a quella del sabato in cui poniamo la lente d’ingrandimento su un volume nello specifico, attingendo alle parole di autori e autrici che diventano per noi “Ciceroni” d’eccezione. Come avvenuto nelle scorse settimane con Alessandra Acciai e il suo “Certa gente non dimentica”, o ancora con Ilaria Bernardini e il suo “Amata”.
Oggi i riflettori sono una storia che è anche un viaggio, e che pagina dopo pagina si arricchisce di tante sfumature. Parliamo di “Cartagloria”, il nuovo romanzo di Rosa Matteucci pubblicato da Adelphi, alla scoperta del quale, con la giusta cripticità, ci ha introdotti la stessa autrice.
CARTAGLORIA, IL ROMANZO CHE UNIVERSALIZZA LE ESPERIENZE PRIVATE
Ciao Rosa, lascio a te l’onore delle presentazioni. Cosa troviamo nel tuo nuovo libro “Cartagloria”?
“Buongiorno, di base i romanzi sono concepiti per essere letti. Come ha affermato Jon Fosse, scrittore ben più autorevole di me, “non si può raccontare un romanzo, ciascun lettore, leggendo, troverà qualcosa che fa al caso suo”. Provare a fare un riassunto rischia di svilire l’opera e non suggerisce nulla al lettore: personalmente è una domanda a cui mi è impossibile rispondere. Per farsi un’idea è meglio leggere le prime due pagine, ovvero il risvolto (scritto comunque da me)”.
Facciamo un passo indietro – metaforico e fisico – e torniamo in copertina, dove per l’appunto troviamo la parola “Cartagloria”. Com’è ricaduta la scelta finale per il titolo dell’opera su questa parola specifica?
“Le Cartagloria sono delle tabelle liturgiche che stavano – e talora stanno – sugli altari ove si celebra la messa in rito antico. Sono dei promemoria per il celebrante, e per tutta la mia vita mi sono trascinata dietro, negli innumerevoli traslochi, delle belle cornici dorate a mecca, di cui ignoravo la provenienza. Era palese che non fossero cornicette per foto o quadri, finché capitata per caso alla messa in latino ne ho viste di uguali sull’altare. Ho chiesto al prete cosa fossero e lui mi ha risposto ‘sono le Cartagloria’”.
Il libro è sostanzialmente una biografia che prende però vita in formato di romanzo. Come mai questa decisione? E soprattutto, che possibilità narrative ti ha aperto questa modalità di narrazione?
“Non è una biografia, è un romanzo. Credo che le esperienze private, che sono raccontate con una chiave letteraria e non certo diaristica, finiscono per essere universali. A questo proposito si è espresso il compianto Auster molto meglio di me”.
UNO SPACCATO DELLA SOCIETÀ DI UN TEMPO
Nel corso della storia si assiste alla corsa di due binari che viaggiano in parallelo: quello della vita di un italiano medio e il percorso religioso, che erano intimamente interconnessi. La vita era fortemente scandita da eventi legati alla fede, che avevano di fatto un impatto importante sulla crescita…
“Si può sicuramente dire che si racconta una società, quella del tempo, che era ancora profondamente intrisa di valori cristiani”.
Il racconto vede un susseguirsi di “tentativi” con diverse religioni, con eventuali viaggi intercontinentali a corredo. Quanto hanno influito questi momenti nella vita di Rosa Matteucci sulla sua crescita come persona e come scrittrice?
“I viaggi non hanno influito per nulla. Io non avrei mai fatto la scrittrice se non mi fossi ritrovata, per bisogno, a cercare una nuova veste lavorativa. È una storia dolorosa e ormai sepolta”.
Arriva ora il nostro “momento-gioco”: se dovessi identificare il tuo libro con una canzone, quale sarebbe?
“Direi “Personal Jesus” dei Depeche Mode”.
Ci sono nuovi progetti a cui stai già lavorando? O magari a cui hai pensato e a cui lavorerai nel prossimo futuro?
“Sto lavorando a un progetto per l’editore Humboldt: un tour cimiteriale in Svizzera, con corredo fotografico. Dalla lapide di Borges a Ginevra, con iscrizioni in una lingua fantastica, al condominio cimiteriale del clan Mann a Zurigo”.