È entrato in punta di piedi, senza clamori, lasciando ad altri esordienti l’attenzione mediatica. Isack Hadjar è diventato un pilota titolare in Formula 1 senza aver mai vinto un campionato, un aspetto che introduce un argomento che affronta a modo suo, poche parole, pesate, dirette. “Per un giovane la cosa più importante è impressionare, puoi anche vincere un campionato, ma se non impressioni difficilmente raggiungi il tuo obiettivo”. Hadjar il suo target lo ha centrato, entrando in Formula 1 a vent’anni e impiegando poche gare a lanciare un altro messaggio molto importante per chi ha creduto in lui. Isack vale l’investimento fatto.
Gran Premio di Monaco, 2021. Hadjar vince a sorpresa la gara di contorno di Formula Regional dopo aver ottenuto la pole position. Conclusa la corsa torna in un piccolo appartamento affittato per il weekend insieme al ex manager. “Eravamo entrati da poco quando il mio trainer mi dice di aver ricevuto una telefonata: ‘Helmut Marko vuole incontrarti’. Io stavo facendo un pisolino e gli ho risposto di andare a quel paese e di lasciarmi in pace. Ovviamente pensavo fosse uno scherzo, poi le insistenze mi hanno fatto capire che non lo era. Ho chiesto ‘okay, quando?’ e la risposta è stata ‘ora!’. Siamo corsi al suo Hotel, non si trovava un taxi così siamo andati a piedi arrivando completamente sudati. Helmut era in piedi in mezzo alla hall, ci siamo seduti ed è stato tutto semplice. Mi ha guardato e mi ha detto: ‘ti manderò un contratto, e questo è tutto’, al momento mi è sembrato strano, poi ho capito che funziona così”.
Isack Hadjar, Racing Bulls con Roberto Chinchero, giornalista Motorsport.com
Foto di: Racing Bulls
Oggi Hadjar vive a Faenza, vuole stare vicino a quella Racing Bulls che lo ha accolto lo scorso inverno. “Mi piace più di Milton Keynes, ma in realtà di tempo a casa ne passo pochissimo, sono partito per Melbourne e sono tornato prima di Imola, si passa da una gara alla successiva e se c’è qualche giorno libero di solito vado al simulatore di Milton Keynes”. Isack quando ascolta osserva con attenzione l’interlocutore, poi, quando prende la parola, lo sguardo va altrove per poi ricongiungersi sulla frase finale.
Mentre si prepara ad affrontare il suo primo fine settimana europeo da pilota di Formula 1 non c’è traccia di tensione. Il suo appartamento a Faenza dista solo quindici chilometri dal circuito di Imola, prepara il suo zaino con precisione, verificando due volte che tutto sia al suo posto, precisione, ordine e attenzione che trovano riscontro anche nella sua passione per lo Judo, praticata ogni volta che ne ha l’occasione. Una volta pronto anticipa chi lo deve accompagnare nelle prime attività del fine settimana: “Andiamo?”.
Insieme a lui ci sono i genitori. Papà Yassine è un fisico quantistico, mamma Randa è direttrice delle risorse umane in un’azienda pubblica e si occupa anche della carriera di Isack. La storia è intrigante. “La mia famiglia ha origini algerine, i miei genitori sono arrivati in Francia da soli, a diciannove anni, e hanno costruito ciò che hanno per puro merito”. Yassine Hadjar è un professionista molto noto nel suo settore, sul retro del casco di Isack ci sono delle formule fisiche in suo onore.
Il casco di Isack Hadjar
Foto di: Red Bull Content Pool
“Quando avevo cinque anni mi mise su un kart a noleggio, e per me fu un’esperienza spaventosa. Poi mio padre due anni dopo mi iscrisse ad un corso che si teneva in un kartodromo appena fuori Parigi, lo stage prevedeva una lezione ogni due settimane, la domenica mattina. Finì che l’istruttore disse a mio padre ‘tuo figlio è bravo, dovresti prendergli un kart e farlo provare a gareggiare’”.
“Come ho detto, i miei genitori hanno lavorato duramente per arrivare dove sono ora, e le regole sono state le stesse anche per me. ‘Se vuoi impegnarti in qualcosa, lo fai’, ma era sottinteso che avrei dovuto emergere, eccellere, altrimenti difficilmente avrebbero supportato quello che era diventato il mio sogno”. All’inizio in campo c’è papà Yassine. “Odia la meccanica, ma con me sui kartodromi c’era lui, ed era il mio…meccanico. Lo faceva per suo figlio, fine settimana in pista e lunghissimi viaggi in auto, tutto il suo tempo libero era dedicato a me. Poi dopo i primi risultati la cosa si è fatta seria, ed è entrata in scena mia madre”. Randa Hadjar ha un importante network di conoscenze costruito nel suo percorso professionale, e riesce a mettere insieme il budget che permette a Isack di iniziare la sua carriera in monoposto.
È proprio mamma Randa che lo segue quando entra nel paddock di Imola, ma sempre un passo indietro. È giovedì, giorno di attività media, ma il programma per Isack è iniziato molto prima. Martedì sul simulatore, mercoledì a Faenza insieme a Lawson per un incontro con tutto il personale della squadra. Tra un’intervista e la successiva Hadjar viene catturato dallo smartphone, ma niente social. Sullo schermo immagini di calcio, MMA, oppure prove libere e qualifiche di Formula 3 o Formula 2. La lista degli sport che Isack segue con passione è lunghissima, fan del PSG, amico di Fabio Quartararo. Ora che è pilota di Formula 1 qualche sogno inizia ad avverarsi. Tutto però, sempre rigorosamente con i piedi per terra.
Isack Hadjar, Racing Bulls con Roberto Chinchero, giornalista Motorsport.com Italia
Foto di: Racing Bulls
“Ciò che sto facendo è esattamente quello che sognavo di fare. L’unica differenza è che nei sogni non ci sono alcuni aspetti meno accattivanti, come la quantità di ore che trascorriamo in viaggio. Quando ero piccolo mio padre mi diceva sempre: goditi i giorni in cui ti annoi. E io pensavo, ‘di cosa stai parlando? Voglio correre, voglio giocare a calcio, voglio vedere i miei amici, godermi quelle giornate’. Ma ora capisco, mi mancano quei giorni in cui ero a casa senza alcun impegno. I ritmi ora sono davvero elevati, è stancante, la scorsa settimana mi sono ammalato, ero kappaò. Ma quando salgo in macchina, soprattutto in qualifica con il format Q1, Q2, Q3, beh, lo adoro. Sei consapevole che devi lottare fino all’ultimo decimo, perché a volte un decimo fa la differenza tra un buon risultato ed uno meno buono, e sono momenti bellissimi. Vorrei avere due vite, una in cui posso passare il tempo da solo e con con le persone che mi piacciono e un’altra in cui guido e basta, ma so che non posso avere entrambe”.
Venerdì l’attività extra pista è molto limitata, ma sabato mattina inizia con una presenza nell’ambito Paddock Club, area frequentata dagli ospiti Vip. Isack esce dall’hospitality scortato come sempre da Andrea Saveri, il suo angelo custode per quanto riguarda le attività media e la gestione delle attività, e percorre la distanza a piedi con cuffie in testa. “Ascolto rap francese, ma non solo, dipende dai momenti”. Hadjar a prima vista può sembrare un ragazzo agitato, ma trascorrendo del tempo con lui emerge che dietro movenze molto evidenti c’è un sistema di ricarica, un metodo tutto suo per isolarsi e iniziare a concentrarsi su ciò che lo attende, che sia guida o anche un briefing tecnico.
“So che una parte importante della partita si gioca sul fronte tecnico – commenta mentre di avvia ai box per le qualifiche – all’inizio non è stato facile, ma ora è un aspetto del mio lavoro che mi piace. Ho capito quando si possa fare la differenza anche fuori dalla macchina, e sono cosciente che posso crescere molto su questo fronte. Sto usando la testa, mio padre è un fisico quantistico e ha studiato tutta la vita, spero di aver ereditato qualcuna delle sue capacità. In più ho ben chiaro che quando scendo in pista non sono solo la persona che deve spingere al massimo la monoposto, ma anche il sensore principale su cui possono contare gli ingegneri”.
Isack Hadjar, Racing Bulls
Foto di: Peter Fox / Getty Images
C’è solo un ostacolo che Isack rischia di trovarsi davanti. Nella prima stagione di Formula 1 tutto è esaltante, tutto è nuovo, ma ben presto tante attività iniziano a diventare routine. “Odio la ripetizione! Se mi fai fare 200 volte la stessa cosa mi uccidi, mi piacciono le nuove sfide”. Di sfide Hadjar ne avrà davanti parecchie, ma intanto sta posando basi importanti per far diventare solido il suo futuro. Al termine delle qualifiche di Imola non nasconde il suo disappunto per la nona posizione in griglia, ed anche i gesti consolatori dei genitori non ottengono granché. “Avrei potuto essere quinto…”.
Pochi mesi fa Hadjar non era neanche un pilota di Formula 1, ma il tempo corre veloce. “Ci ho creduto? Sempre! Altrimenti non avrei corso, ci ha sempre creduto, anche nei momenti peggiori”. C’è una storia buffa, ovvero nessuno ha informato Isack in modo ufficiale che nel 2025 avrebbe corso in Formula 1. “Non ho mai ricevuto una telefonata nella quale mi è stato detto che sarei stato un pilota di Formula 1, diciamo che Helmut non ama dare buone notizie (Hadjar ride). Nessuno mi ha detto ‘Buongiorno Isack, l’anno prossimo sarai in Formula 1. No, niente di tutto questo, ma ovviamente ho annusato l’aria. Solo quando la scorsa stagione è terminata, mentre ero a Milton Keynes per una seduta al simulatore, mi hanno detto che il giorno dopo sarei andato a Faenza. Ho chiesto il motivo e mi hanno detto ‘non preoccuparti, ci vediamo domani’. Ora è una storia divertente, ma mi ha tenuto sulle spine”.
Anche se la gara di Imola non è stata generosa con Isack (passato incolpevolmente dal sesto al nono posto a causa dell’ingresso in pista della safety car) il suo ‘rate’ nel paddock continua a crescere. “Quanto ho detto in merito alla mia carriera nelle formule minori è ancora valido, non sempre hai a disposizione una monoposto vincente, ma credo che si possa sempre avere l’opportunità di mostrare qualcosa di impressionante, qualcosa di buono, ed è su questo che ho sempre fatto affidamento. Poi, però, sono consapevole che arriverà il momento in cui conterà una sola cosa, vincere, e vincere tanto”.
Isack Hadjar, Racing Bulls con Roberto Chinchero, giornalista Motorsport.com
Foto di: Racing Bulls
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