E’ tornato per la seconda volta in Uzbekistan, stavolta per fare sul serio. Dopo un primo viaggio esplorativo questo inverno, Pino Toni, preparatore con un lungo curriculum tra professionisti e giovani promesse, è stato incaricato direttamente dal Comitato Olimpico Uzbeko di contribuire alla crescita del ciclismo nel Paese.
Non solo preparazione, ma una visione globale per cercare talenti, formare tecnici e creare le condizioni perché questo sport possa attecchire in una realtà dove finora hanno brillato soprattutto pugili e sollevatori. Una sfida stimolante in un Paese giovane, ambizioso e in trasformazione.
Pino Toni durante i test in Uzbekistan
Pino Toni durante i test in Uzbekistan
Ambizioni sportive
Il collegamento tra Toni e l’Uzbekistan passa da Vladimir Starchyk, ex corridore della Amore e Vita e oggi tecnico della nazionale uzbeka. E’ stato lui a coinvolgerlo per una consulenza mirata su un giovane atleta uzbeko, Nikita Tsvetkov, in vista dei mondiali e delle scorse Olimpiadi. Da lì è nato un confronto più ampio, culminato con l’incarico del Comitato Olimpico uzbeko per valutare e potenziare l’intero settore.
«Mi hanno chiesto se me la sentivo di dare una mano – racconta Toni – loro ragionano in termini di medaglie: campionati asiatici, mondiali, Olimpiadi. Serve concretezza. Ma sono ambiziosi: su 36 milioni di abitanti, alle ultime Olimpiadi sono arrivati tredicesimi nel medagliere. In discipline da palestra: pugilato, lotta, sollevamento pesi. Il ciclismo non è ancora nella loro cultura, ma hanno costruito impianti modernissimi, come il nuovo velodromo a Tashkent».
Il potenziale, secondo Toni, è enorme. Non solo per la struttura demografica del Paese, ma per l’energia che si respira, tipica delle società in crescita. «Sono nel boom, ci sono un milione di nuovi nati all’anno. E c’è fame di migliorare e di fare sport».
In Uzbekistan non solo il velodromo, sta nascendo un villaggio olimpico per i Giochi Asiatici
In Uzbekistan non solo il velodromo, sta nascendo un villaggio olimpico per i Giochi Asiatici
Lo sport in Uzbekistan
In Uzbekistan lo sport è uno strumento di orgoglio nazionale, interamente finanziato dallo Stato, apsetto tipico degli stati ex sovietici. Sponsorizzazioni private e club privati sono rari, per non dire unici. Tutto passa per i comitati olimpici e le federazioni, che selezionano e sostengono i giovani con criteri precisi, ma anche con forti incentivi. «Il concetto di sponsorizzazione non esiste – dice Toni – tutto è pubblico. Chi entra nel sistema riceve aiuti concreti. I ragazzi della nazionale hanno un rimborso che vale quanto mezzo stipendio di operaio. E per molti è già un grande passo, ma serve di più se si vuole allargare la base».
Allargare la base, prima ancora che un progetto è una sfida. Le famiglie non sostengono uno sportivo se non ci sono prospettive concrete, economiche o sociali. «A 19 anni un ragazzo o una ragazzi sono spinti a mettere su famiglia, magari persino a sposarsi. Se non si vede un futuro nello sport, lo si fa smettere. Per questo insisto sul creare prospettive e i corpi militari anche nel ciclismo sono una soluzione. L’alternativa sarebbe fare quel che ha fatto il Kazakistan con l’Astana: una squadre stabile con un percorso chiaro».
Le discipline preferite sono quelle in cui l’impatto economico è minore e i risultati più immediati, vedi la lotta libera, quella greco-romana, il sollevamento pesi…. Ma qualcosa sta cambiando. Il comitato olimpico ha stanziato risorse anche per il ciclismo, considerato ora disciplina strategica, in vista anche dei grandi eventi giovanili, come le Olimpiadi asiatiche under 18 che si terranno nel 2026.
Il clima (molto freddo d’inverno e molto caldo d’estate) non ha aiutato la crescita del ciclismo. Ma le cose stanno cambiando
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Una base da costruire
Il ciclismo in Uzbekistan è ancora ai margini. La nazionale ha buone dotazioni, bici Aurum, gruppi di alto livello, ottime ruote, ma la base resta debole. «Una famiglia normale non può permettersi una bici da corsa – spiega Toni – quindi molti usano mezzi datati, magari con telai di vent’anni fa. Però la federazione funziona bene, c’è entusiasmo e da lì bisogna partire».
Gli impianti stanno arrivando. Oltre al velodromo di Tashkent, Toni sta insistendo anche sul far costruire nuove piste BMX e centri di selezione giovanile. Il problema è la continuità: da allievi agli elite sopravvive solo il 10 per cento dei ragazzi. I motivi sono economici e culturali, come quanto detto prima, ma anche strutturali.
«Quando sono andato lì – racconta Toni – ho trovato 70 ragazzi a un ritiro nazionale: quasi tutti in pratica. Ma tanti c’erano, perché facevano questo sport. Tuttavia il livello dei ragazzi, specie degli allievi, è buono, direi quasi più alto dei nostri. Ho fatto test su 25-30 giovani e ho visto valori sorprendenti. Anche tra le donne. Ma senza continuità non si cresce».
Al momento, gare su strada e mountain bike sono poche. Si punta molto sulla pista e sulla BMX, anche per la loro dimensione urbana e la possibilità di selezionare atleti da altri sport. E questo è un passaggio cruciale.
Yanina Kuskova è attualmente la miglior ciclista uzbeka (anche rispetto agli uomini). Prende l’eredità di una grande: Olga Zabelinskaya
Yanina Kuskova è attualmente la miglior ciclista uzbeka (anche rispetto agli uomini). Prende l’eredità di una grande: Olga Zabelinskaya
Il lavoro di Pino Toni
Il ruolo di Toni va ben oltre quello del preparatore: è un supervisore tecnico incaricato dal Comitato Olimpico. Il suo compito è mettere in piedi un sistema: scouting, test, selezione, formazione di tecnici e atleti.
«Gli ho insegnato a fare test sui rulli normali – spiega – per iniziare a scremare i ragazzi e capire chi ha potenziale. Stiamo creando strutture BMX e preparando un percorso per la pista, dove c’è anche un tecnico tedesco. L’idea è coinvolgere altri sport, cercare ragazzi esplosivi da atletica o arti marziali. Bisogna andare sul territorio a scovarli».
Una delle grandi sfide è proprio questa: pescare talento fuori dal ciclismo. Toni lavora con scuole di atletica, di lotta, di pesistica, per individuare profili atletici trasferibili. «Chi ha potenza e motivazione può diventare un ciclista di BMX o su pista. Un mezzofondista dell’atletica potrebbe essere un buono stradista. Ma serve un sistema ed è quello che sto cercando di fare. E soprattutto serve dare speranza: se a un ragazzo prometti un futuro, resta. Altrimenti molla».
Il lavoro è iniziato dagli allievi, ma tocca tutte le categorie, uomini e donne. L’obiettivo è arrivare a creare un vero movimento, con una base solida, un percorso formativo e, magari, una squadra che raccolga il meglio del Paese.
Nikita Tsvetkov mentre fa dietro motore con Pino Toni in Toscana
Nikita Tsvetkov mentre fa dietro motore con Pino Toni in Toscana
Obiettivi sportivi e strategici
L’obiettivo immediato è arrivare pronti alle Olimpiadi Giovanili Asiatiche 2026, tappa fondamentale per il movimento. Nikita Tsvetkov, classe 2005, è il simbolo di questa scommessa: terzo nel ranking Asia Tour pur correndo praticamente solo con la nazionale. Toni lo sta seguendo anche in Italia, per offrirgli un contesto più competitivo.
Nel medio termine, si punta a partecipare con più continuità a Campionati Asiatici e Mondiali, ma anche a costruire una struttura interna stabile: squadre, centri tecnici, una filiera di crescita.
«Serve un modello tipo Astana – dice Toni – oppure l’inserimento nei corpi militari. Il ciclismo può attecchire se ha una funzione sociale. E il Paese ha risorse: gas, cotone, oro, industrie. Se decidono di investire, lo fanno sul serio come di fatto stanno facendo con le strutture a Tashkent».
Il futuro passa anche dalla creazione di una cultura sportiva condivisa. «Molti non sanno cos’è il ciclismo – conclude Toni – ma quando ne capiscono il valore, si appassionano. Il mio compito è seminare. I frutti verranno col tempo».