Roma, 18 ottobre 2025 – Sedici anni dopo l’omicidio del figlio Stefano, Giovanni Cucchi se n’è andato. A comunicare la sua scomparsa è Fabio Anselmo, avvocato della famiglia nel processo per la morte del giovane geometra, e compagno della sorella Ilaria, oggi parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra. Proprio la senatrice qualche giorno fa aveva parlato pubblicamente delle condizioni del papà, ormai 77enne: “Oggi per la prima volta non mi hai sorriso – scriveva Ilaria Cucchi su Facebook –. Ora sei stanco di sorridere. Sorridere a questa vita che è stata così crudele con te. Ti sei ammalato di dolore, un dolore inumano, inimmaginabile, sopravvivere al proprio figlio e vivere ogni giorno pensando a quanto ha sofferto lui”.

Oggi Giovanni Cucchi è morto. Nel dare la notizia, Anselmo vuole rendergli giustizia, accennando alle travagliate vicissitudini, umane e giudiziarie: “Molti, troppi, hanno scritto e detto che a lui non fregava nulla di suo figlio, che lo avesse abbandonato, che Stefano fosse solo – dice Anselmo, che è stato avvocato anche della famiglia di Federico Aldrovandi, ucciso durante un controllo di polizia –. Lo hanno fatto per anni, per giustificare l’ingiustificabile, per infangare una famiglia già distrutta dal dolore. Eppure, quella verità costruita a tavolino è crollata davanti a un’aula di tribunale, quando Giovanni ha letto la lettera che Stefano gli aveva scritto due anni prima di morire”. 

La lettera di Stefano al padre

Anselmo riporta, nero su bianco, stralci di quella lettera. Stefano scriveva da un treno per Tarquinia, dove stava andando a festeggiare il compleanno del padre. Tra le righe il riferimento alle sofferenze patite per la dipendenza dalla droga, che sembrano alle spalle. 

Caro papà, ti sto scrivendo sul treno, quel treno che tante volte ho preso per la disperazione e non mi portava mai a destinazione. Beh, adesso questo treno mi porta da te, forse la persona più importante della mia vita”. 

E ancora: “Dopo tante battaglie e scontri, finalmente ci siamo ritrovati, io con una nuova e inaspettata voglia di vivere e di fare grandi cose, come neanche immaginavo mesi fa.

Tu che sei così grande, un costante punto di riferimento, un uomo che forse non ha mai smesso di credere in me, forse l’unico”. “Un padre che amo, che ha sofferto, e che io ora non voglio più che stia male”. “Capisci? La vita comincia ora. La nostra”. 

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, con il padre Giovanni, malato da tempo

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, con il padre Giovanni, malato da tempo (Facebook)

Anselmo: “In quella lettera la voce di un figlio che amava suo padre”

“Giovanni, mentre leggeva davanti alla Corte quelle righe, tremava – racconta Anselmo – La voce si spezzava, ma non si fermava. In quell’aula si è sentito il silenzio pesante di chi, per anni, ha accusato quella famiglia di menefreghismo, di vergogna, di ipocrisia. Quelle parole – semplici, umane, limpide – hanno distrutto anni di odio, menzogne e depistaggi”.

“A chi ha scritto che Giovanni ‘non c’era’, a chi ha detto che ‘se lo meritava’, a chi ancora oggi commenta senza sapere: leggete questa lettera. È la voce di un figlio che amava suo padre. Di un ragazzo che voleva vivere, non morire in una cella”. 

L’omicidio di Stefano Cucchi 

Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre 2009 a 31 anni per le percosse subite mentre era in custodia cautelare, fermato perché trovato in possesso di sostanze stupefacenti. Dopo un lungo processo due carabinieri, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, sono stati condannati nel 2022 per omicidio preterintenzionale a 12 anni di reclusione in via definitiva. Cadute in prescrizione o ancora pendenti le diverse accuse di falso e depistaggio.