di
Maria Teresa Meli

Per la segretaria il voto sulla giustizia sarà cruciale

È stato un attacco a freddo, ben meditato, quello di Elly Schlein a Giorgia Meloni. La segretaria del Pd non è un’improvvisatrice. E a dare enfasi al suo allarme sulla «democrazia a rischio con l’estrema destra al governo» ha contribuito anche la coreografia del Congresso dei socialisti europei ad Amsterdam, che si è chiuso con le note di Bella ciao.

Schlein ha un obiettivo in testa e perciò punta a un autunno caldo e, se possibile, a un inverno ancor più bollente, in previsione della primavera del 2026, quando si terrà il referendum costituzionale sul disegno di legge che introduce la separazione delle carriere, che dovrebbe essere approvato in via definitiva dal Senato entro il 30 ottobre.



















































Un referendum dall’esito incerto, il cui risultato può decidere le sorti delle elezioni politiche del 2027. Una vittoria consentirebbe alla segretaria del Pd di mettere le basi di una rivincita del centrosinistra tra due anni. Ma per riuscirci il Pd nella campagna referendaria non può «indugiare nei tecnicismi» o «appiattirsi sui magistrati».

Perciò, in un referendum che non prevede il quorum, la leader dem vuole mobilitare il più possibile il proprio elettorato. Come? Lo spiega il senatore Andrea Giorgis, che in commissione Affari costituzionali ha seguito per il Pd l’iter del ddl: «Dobbiamo lanciare messaggi semplici ed efficaci per far capire che la posta in gioco non è rappresentata dagli aspetti tecnici della riforma ma dal fatto che è un ulteriore passo verso la democrazia totalitaria, quella della destra, secondo cui chi vince può tutto».

Schlein mira a mobilitare il popolo dem e quello del centrosinistra «a difesa della Costituzione», puntando l’indice sul «reale obiettivo di Meloni», che è quello di «assumere i pieni poteri». La segretaria non vuole farsi scavalcare in questa battaglia da Conte. Perciò, anche se il referendum è scontato, visto che la riforma non sarà approvata dai due terzi del Parlamento e che la stessa maggioranza ha annunciato che solleciterà il voto sul suo ddl, il Pd farà comunque la richiesta di andare alle urne, con un quinto dei suoi parlamentari.

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I dem stanno preparando da tempo la loro strategia referendaria, ben consapevoli dell’importanza di questa prova. Ne accennava tre giorni fa a Il Foglio Francesco Boccia. E già a luglio, sul Corriere della Sera, venivano riportate le inequivocabili parole di Dario Franceschini: «Dovremo dire che bisogna fermare le pericolose tentazioni autoritarie della destra». Le affermazioni degli esponenti del Pd vanno dunque tutte nella stessa direzione. Per la responsabile della Giustizia Debora Serracchiani quel ddl è «un attacco diretto alla nostra democrazia». Secondo la capogruppo a Montecitorio Chiara Braga è «un colpo alla Costituzione nata dalla lotta antifascista».

Ma in questa campagna referendaria il Pd punta anche a un altro obiettivo. A quello, cioè, di allargare il perimetro dello schieramento anche ai moderati, coinvolgendoli in questa battaglia. E non si sta parlando solo di Matteo Renzi, che è già pronto a fare la sua parte. L’attenzione è rivolta a personalità come Ernesto Maria Ruffini che si è messo a lavorare con pazienza certosina al suo movimento Più uno e alla rete civica dei sindaci e degli assessori che debutterà domani a Roma. Dunque, ieri Schlein ha dato il via a una campagna che durerà mesi e mesi.


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19 ottobre 2025 ( modifica il 19 ottobre 2025 | 08:37)