Un primo atto giudiziario importante, che mette un punto nell’indagine per la morte di Hekuran Cumani: l’avviso di garanzia per il reato di rissa a carico di alcuni dei giovani che hanno partecipato ai fatti che tra venerdì e sabato hanno portato alla morte del 23enne di Fabriano.
Gli altri punti da cristallizzare nell’indagine sono, logicamente, il fermo di chi ha sferrato la coltellata mortale, se era presente sin dai primi momenti della lite, all’interno del locale e nel piazzale, e il ritrovamento dell’arma, della quale non c’è ancora traccia. Il giovane che è arrivato con l’auto nel parcheggio per dare man forte al gruppo di magrebini, era già stato protagonista della lite in precedenza? Oppure era stato chiamato da qualcuno, sapendo che aveva la disponibilità di un coltello? Elementi che una volta individuata la persona potrebbero anche aggravarne la posizione. Al momento la Procura di Perugia persegue l’indagine per omicidio volontario, rissa e lesioni. Chi ha portato l’arma con sé, sapendo di volerla utilizzare, potrebbe dover rispondere di accuse più gravi (anche se si parla di omicidio).
La lite
Una discussione banale, uno di quei “futili motivi” – uno sguardo di troppo, una parola sbagliata – che spesso innescano tragedie senza ritorno. È questo, secondo le prime ricostruzioni, l’antecedente dell’omicidio di Hekuran Cumani, il 23enne di origini albanesi ucciso con un colpo di coltello al cuore nella notte tra venerdì e sabato nel parcheggio di via Pascoli, alle spalle del locale 100dieci.
La sequenza degli eventi dipinge un quadro di violenza inaudita e inaspettata. I due gruppi di ragazzi – quello di Hekuran, venuto da Fabriano per il “Venerdì Universitario”, e un altro gruppo di giovani perugini, tunisini e marocchini di origine, descritti dalle testimonianze come “molto più propensi a menar le mani” – si erano incrociati per la prima volta quella sera in discoteca.
Il doppio scontro e l’arrivo del coltello
La prima lite è esplosa all’uscita dal locale, intorno all’orario di chiusura. I buttafuori sono intervenuti, riuscendo apparentemente a placare gli animi. La situazione sembrava rientrata, tanto che alcuni hanno lasciato il posto pensando fosse tutto finito. Una tregua di pochi minuti. Poco dopo, la tragedia. Secondo quanto ricostruito, un giovane è sceso da un’auto arrivata sul posto con in mano un coltello. È in questo secondo, decisivo scontro che la rissa si è trasformata in omicidio. Prima la lama ha colpito il fratello della vittima, poi ha colpito a morte Hekuran che era intervenuto per difendere il fratello e gli amici.
La corsa contro il tempo e il buio delle testimonianze
Gli operatori del 118, arrivati sul posto, non hanno potuto fare nulla per Hekuran. Il suo cuore aveva già smesso di battere, stroncato da quella che, stando alla dinamica, appare come un’unica, letale coltellata alla gola.
L’indagine della Squadra Mobile, coordinata dal sostituto procuratore Gemma Miliani e dal procuratore capo Raffaele Cantone, ha delineato i contorni dello scontro e i protagonisti, ma deve ancora assegnare ruoli e responsabilità (sulle quali dovrà decidere il giudice), ma per questi accertamenti sembrano esserci reticenze e omertà. Nessuno, tra le decine di giovani ascoltati in Questura, ha dichiarato di aver visto il momento preciso dell’accoltellamento. Questo “buio” delle testimonianze, unito all’assenza del coltello – non ancora ritrovato – e alla mancanza di riprese video utili dalle telecamere di sorveglianza, complica notevolmente l’identificazione dell’assassino.
Indagati e ipotesi investigative
Gli inquirenti stanno lavorando su diversi fronti. Sono stati già identificati e indagati per rissa, lesioni e minacce alcuni dei partecipanti alla colluttazione, sia nel gruppo di amici della vittima sia nell’altro, composto da italiani di seconda generazione, tunisini e marocchini, molti dei quali già noti alle forze dell’ordine, e tra i quali ci sarebbe l’assassino.
L’ipotesi principale è che il coltello sia stato portato da qualcuno arrivato in un secondo momento, forse chiamato come rinforzo. L’attenzione si concentra proprio su questo gruppo, proveniente dalla zona di Ponte San Giovanni, la cui dinamica di arrivo e il cui ruolo preciso sono al centro del lavoro di ricostruzione che continua in Questura.