In Largo Montebello 40, equidistante da Palazzo Nuovo e dal Campus Einaudi e a pochi passi dalla Mole, si trova Luce Gallery. Niente spazi sconfinati o ampie pareti vuote: una galleria a misura d’uomo, che sa sfruttare il bianco luminoso per far risaltare i colori sempre sgargianti delle opere.
«Per vent’anni sono stato avvocato, ma la mia passione è sempre stata questa. Un’influenza che deriva da mia madre, pittrice non professionista, che comprava, vendeva e restaurava quadri. Il mio primo quadro l’ho comprato a 15 anni a Parigi per meno di 100mila lire. Raffigura una barca a vela, ce l’ho ancora – ricorda il titolare Nikola Cernetic –. È stata una cosa graduale: prima la passione per l’arte, poi il collezionismo, la curatela di alcune mostre per una galleria di Milano e poi, appena ho trovato lo spazio adatto, ho deciso di mettermi alla prova».

“Hansel and Gretel”, di Michael Alexander Campbell
Dalle origini a oggi: una galleria in evoluzione
Luce Gallery nasce in corso San Maurizio 25 nel novembre del 2009 per poi trasferirsi in Largo Montebello sette anni fa. Costantemente circondata da giovani, come molte gallerie torinesi è “insospettabile”, ben celata dietro un anonimo portone di un edificio come tanti. Un piccolo gioiello variopinto da scoprire prestando attenzione agli indizi.
«Uno degli aspetti che più mi emoziona è quello di scoprire nuovi talenti. Il momento in cui trovi un nuovo artista che ti coinvolge è magico, nuova linfa. E poterlo presentare al pubblico è speciale, ti carica di energia» continua Nikola. E aggiunge: «Solo trattando artisti emergenti una galleria riesce a mantenere una certa importanza e un certo stile. Credo che tutte le buone gallerie dovrebbero farlo».
Gli artisti del cuore e la forza della pittura
Tra gli artisti “del cuore” di Luce Gallery ci sono Hugo McCloud, che lavora con la galleria da ben 14 anni e ne ha segnato la storia, Francesco Pierazzi («In questo momento il nostro unico artista italiano» sottolinea Nikola), l’americano Derek Fordjour e il pittore svedese Peter Mohall.

La mostra “Landskap” del pittore svedese Peter Mohall
Non c’è dubbio sul fatto che il linguaggio preferito di Nikola sia la pittura, che spesso e volentieri da Luce Gallery occupa il posto d’onore. «Mi piacciono molto anche la fotografia e la scultura, ma credo che sia già stato detto molto e che sia più difficile trovare giovani talenti che portano novità. Con la pittura invece c’è ancora tanto da dire, perché il linguaggio che si usa è unico» spiega.
Torino come scelta strategica e identitaria
Nonostante la sua carriera nel mondo dell’arte sia iniziata a Milano, Nikola resta ancorato a Torino, città natale, di cui apprezza le molte qualità. «A Torino, rispetto ad altre città, si riesce a condurre una galleria con spese relativamente basse. È importante anche per gli artisti con cui si lavora, che contano sul nostro supporto per poter esporre. Del resto forse in Italia siamo ancora il fulcro dell’arte contemporanea, e lo testimoniano i tanti artisti giovani che si stanno trasferendo qua» afferma.
Luce Gallery e Artissima: una vetrina globale
Come da alcuni anni a questa parte, Luce Gallery parteciperà all’imminente edizione di Artissima. «Da quando a dirigerla c’è Luigi Fassi partecipo tutti gli anni, sta facendo un ottimo lavoro – commenta Nikola –. Le fiere rappresentano un fattore imprescindibile, ne ho fatte quasi un centinaio. Io mi muovo principalmente sul mercato internazionale, a Miami, Londra, Los Angeles e New York, per dare un po’ di visibilità alla galleria e agli artisti. Quasi tutti i nostri collezionisti sono stranieri».
Arte e destino: la missione di Nikola
Nonostante le difficoltà di un’epoca che non di rado si dimostra ostile verso chi lavora con l’arte, Nikola e Luce Gallery proseguono il loro percorso alla ricerca della bellezza e della novità. «Il mio grande rimpianto è di non aver iniziato prima. Sono convinto che ognuno di noi abbia un destino e sicuramente il mio era questo, ma chissà quanto sarebbe stato bello aprire una galleria a 25 anni. Adesso ho intenzione di andare avanti finché mi reggeranno le gambe. E anche dopo»