di
Elisabetta Andreis

La giovane volontaria a Roma per rappresentare la diocesi meneghina. «In Africa i bambini giocavano disegnando le linee del campo sulla sabbia con i bastoni. Lo sport è un pretesto per costruire fiducia»

Vent’anni appena compiuti, arbitro di pallavolo, volontaria in Camerun, voce di Milano al Giubileo dei Giovani. Marzia Asnaghi salirà sul palco di Roma per raccontare a migliaia di coetanei da tutto il mondo che cosa significhi oggi credere. Lo farà senza effetti speciali, senza slogan. Con una frase che le è rimasta addosso: «Non serve alzare la voce per farsi sentire». Non è il tipo che cerca i riflettori. Ma quando parla, le parole atterrano con precisione.

Poche settimane fa, con il progetto «Csi per il mondo», è partita per il Camerun e per un volontariato vero: villaggi sperduti, palloni sgonfi, bambini scalzi su campi di terra battuta. «Non andavamo per insegnare regole — racconta —. Lo sport era solo un pretesto per costruire fiducia». Un episodio, in particolare, ha cambiato il modo in cui guarda le cose. Una sera il generatore si era rotto e non c’era luce. Ma i bambini sono arrivati lo stesso, con piccole torce portate da casa. Hanno disegnato le linee del campo con bastoni e sabbia, e hanno preteso di giocare comunque. «Ho imparato che l’essenziale non lo porta l’organizzazione: lo portano le persone, quando ci credono». Da quel momento ha smesso di pensare che servano grandi mezzi per progetti concreti. In Italia fa l’arbitro per il Centro sportivo italiano (Csi). Dirige partite under 13 e si trova ad affrontare la pressione dei genitori a bordo campo, dei tecnici più esperti, delle aspettative di chi la vede donna, minuta e giovane. Fischiare, per lei, è gesto, linguaggio, responsabilità. «Ho capito che l’autorevolezza non c’entra con l’età o con i toni. Bisogna sapere quello che si fa e voler essere giusti, corretti».



















































Anche per questo è stata scelta come rappresentante della diocesi di Milano tra decine di candidati: per la sobrietà, la costanza, la credibilità. Nessun curriculum da fuoriclasse. Solo una presenza affidabile, costruita sul fare e sull’ascoltare. Marzia riflette sul senso della fede. «Non basta andare a messa. La fede vive fuori, nei margini. In chi ti chiede attenzione quando non hai tempo, in chi ti affida qualcosa anche se non ti conosce. Credere è esporsi, rischiare, lasciarsi coinvolgere». Nessuna posa spirituale, nessuna vocazione da missionaria. Solo il racconto asciutto di un’esperienza fatta di imprevisti, di partite arbitrate sotto il sole torrido e in mezzo ai temporali, di bambini che insegnano più di quanto imparano. 

E la consapevolezza che la spiritualità si gioca nelle relazioni, nel tempo speso con gli altri, nell’attenzione anche quando non conviene. Chi l’ha seguita negli oratori milanesi non si sorprende per la scelta: non è una che sgomita, ma quando parla va dritta al punto senza bisogno di volumi alti per farsi notare.

Il Giubileo dei Giovani — in corso a Roma per una settimana fino al 3 agosto — è uno dei principali eventi verso l’Anno Santo 2025, occasione di confronto tra giovani dalle storie più diverse. Stamattina sul palco Marzia porterà anche un pezzo di Milano. Non quella dei decibel e dei proclami, ma quella che si rimbocca le maniche, fischia quando serve, e si fa sentire senza alzare la voce.


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30 luglio 2025 ( modifica il 30 luglio 2025 | 06:55)