Cornet GenoaIl rigore di Cornet parato da Suzuki (foto di Genoa CFC Tanopress)

Corso nella libreria di casa senza neppure aspettare la fine della partita, quel rigoraccio di Cornet ha avuto almeno un pregio: aprire un vecchio cassetto della memoria. Era lì per lì, da qualche parte. L’episodio del Genoa, così assurdo e doloroso, suggeriva di cercare qualcosa al di fuori dei capitoli rossoblù da tregenda. La risposta è forse contenuta in “Maxwell’s silver hammer”, brano che spiega lo scioglimento dei Beatles, secondo un passo della bibbia scritta da Ian MacDonald. Bang, bang: come il martello d’argento che Maxwell, con una elle in più, impiega per freddare una corteggiata, una professoressa di medicina e il magistrato che lo sta per condannare. Bang, bang: come l’indice della mano che picchietta sulla pagina giusta. Il laureando Maxwell e Cornet: la storia e l’anti-storia. Il primo fa fuori tre persone, l’altro ha ucciso una partita che voleva soltanto essere vinta. Tuttavia, entrambi hanno prosciugato le rispettive riserve di pazienza: il personaggio di McCartney ai Fab Four, l’ala del Genoa ai genoani.

Non è certo colpa di Cornet se il Ferraris ha fischiato la squadra a fine partita. La disapprovazione manifesta dei trentamila rossoblù è il precipitato di due mesi di campionato in cui non si è visto uno straccio di miglioramento della squadra. Prima Vieira difendeva la prestazione attraverso il gioco di specchi della classifica bugiarda, un trucco vecchio come il mondo; adesso il tecnico francese scinde la prestazione e ne isola l’atteggiamento, e pure lo sottolinea dimenticandosi che esso è la conditio sine qua non per giocare nel Genoa. Ciò che rimane tra le mani a Vieira è una proposta calcistica sempre più frazionata, in picchiata verso il minimale, e irriconoscibile rispetto a quella che salvò il Grifone. Non aver segnato in casa, ma solo in trasferta e su campi difficili, è poi sintomo che questo organico più giovane dell’anno scorso accusa la pressione interna e il peso di dover fare la partita. C’è, però, un problema: se il difetto di imporre il proprio gioco è correggibile attraverso un riordino tattico, il pubblico del Ferraris sarà invece esigente per amore fino a maggio.

Nella pesantezza del momento fa da contraltare la leggerezza di Ekhator. Lasciato a sedere per più di un’ora a riprova della tesi per cui con Vieira chi fa bene finisce in panchina, il suo subentro è stato come il fuoriuscire di un’eruzione. È stato magma incandescente colato tra i pali dell’area di rigore del Parma fino a scioglierli. Un colpo di testa che ha fatto sobbalzare la Nord e un rigore procurato coprendo la palla come sanno fare gli attaccanti d’area. Ekhator aspettava l’affondo di Troilo: nonostante fosse il 95’, è stato paziente e non ha furiato. In entrambe le situazioni, però, Suzuki è stato l’uomo in più che mancava alla trincea del Parma fin dal primo tempo. Che spreco non concretizzare questa lunga supremazia numerica. Che spreco graziare al Ferraris prima il Lecce e poi i ducali. Bang, bang. Sono punti che il Genoa miracolosamente dovrà cercare e trovare altrove. A causa e non solo per quel rigoraccio di Cornet.

Genoa Pianetagenoa1893.net Gilardino Gudmundsson Whatsapp