La manovra accelera il pagamento del Tfs agli statali. I soldi della liquidazione arriveranno dopo 9 mesi anziché 12, ma solo fino a 50 mila euro. Per gli importi superiori il Tfs continuerà a essere versato a rate. Il cambio di marcia avverrà nel 2027 e riguarderà chi maturerà i requisiti per la pensione da quell’anno in poi. La normativa attuale prevede che nel caso di cessazione del rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età o di servizio, il pagamento del Tfs va effettuato non prima di 12 mesi dalla data di cessazione dal servizio e in un’unica soluzione se l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 50.000 euro. Se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro allora il pagamento viene spezzato in 2 rate annuali, che diventano 3 quando l’ammontare complessivo supera i 100.000 euro. Attenzione però perché questi tempi non vengono quasi mai rispettati. Ci sono dipendenti pubblici che aspettano i soldi della liquidazione da più di 5 anni.
Pagamenti più rapidi
Le misure in materia di liquidazione dei trattamenti di fine rapporto nel pubblico impiego sono contenute nell’articolo 44 della prima bozza della legge di Bilancio. La riduzione dei tempi di pagamento da 12 a 9 mesi «avrà effetto dal 1° gennaio 2027 e con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento a decorrere dalla predetta data», si legge nella manovra. Il pagamento rateizzato e differito del Tfs agli statali è una ferita aperta per il pubblico impiego. Quando questa modalità di pagamento venne introdotta, ormai più di 15 anni fa, per mettere al sicuro i conti pubblici, fu presentata come una disposizione di carattere temporaneo. Insomma, agli statali venne detto che si trattava di un sacrifico passeggero. Non è andata proprio così.
La sentenza
Nel 2023 la Consulta aveva chiesto al parlamento di intervenire per riallineare i tempi di pagamento del Tfs nel pubblico con quelli del privato, dove il versamento è praticamente immediato. Con la riduzione dei tempi di pagamento previsto dalla manovra 2026 il governo fa un primo passo in questa direzione. Il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, nella relazione programmatica 2026-2028, aveva auspicato un intervento di questo tipo: «Va data attuazione ai dettati della Corte Costituzionale che con sentenza n. 130/2023 ha invitato il legislatore a superare la disciplina sul differimento della liquidazione del Tfs ai dipendenti della Pubblica amministrazione, la quale seppur giustificabile temporaneamente a fini di contenimento della spesa pubblica risulterebbe contraria all’art. 3 della Costituzione nel caso in cui diventasse permanente».
L’anticipo in banca
Per accelerare i tempi di pagamento della liquidazione agli statali occorre adesso assumere nuovo personale all’Inps. «Bisogna intervenire sull’assetto organizzativo – si legge sempre nella relazione che il Civ dell’istituto di previdenza ha presentato prima dell’estate – e sulla dotazione organica degli uffici sia a livello centrale che territoriale, per addivenire ad una contrazione dei tempi di erogazione dei trattamenti di fine servizio e fine rapporto». Resta confermata la possibilità di rivolgersi alle banche convenzionate per ottenere un anticipo del Tfs fino a 45mila euro a un tasso di interesse agevolato, frutto della somma del rendistato e dello spread. Attualmente su questi prestiti viene applicato in banca un tasso che si aggira attorno al 3-4%, mentre 5 anni fa l’asticella si posizionava all’un per cento.
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